Archivi del giorno: settembre 2, 2005

Riflessioni in forma di mucchio (non un mucchio di riflessioni)/3

Io però Caffarra me lo leggo un po’ alla volta. Voglio dire: è una relazione bella lunga, la sua. E piena di dottrina. Ci finisco via Filaretum. Houellebecq (l’ho proprio finito, il libro – vedi sotto) toglie ogni consistenza all’idea coscienzialistica di libertà, e allora io mi leggo Filaretum, e di lì m’imbatto nel liberabitur di Caffarra (che si trova integralmente qui: non per caso è tra i miei link). In sintesi, ai primi due punti (libertà come liberazione dal non essere; libertà come liberazione dall’indifferenza verso la realtà):

Anzitutto, la riflessione di Caffarra sulla libertà come liberazione fonda teologicamente (e cioè, sul punto: non filosoficamente – e sulla base delle discutibilissima e impugnabilissima testimonianza dell’io) la sporgenza dell’uomo rispetto alla natura; pensa tale sporgenza come indipendenza (che sembra essere la ragione formale della libertà), ma pensa poi la relazione a Dio (che fonda questa indipendenza) come dipendenza (come ubbidienza). Questo è un bel garbuglio (non l’ha mica inventato Caffarra, peraltro). Ma comunque, che io risponda a Dio di me stesso – è la formula che sceglie Caffarra – vuol dire poi che Dio chiede, o domanda, o persino esige.
Il mio Dio non chiede, non domanda, non esige (è un po’ irresponsabile, il mio Dio).
 
Al secondo punto, Caffarra si acconcia al solito sofisma: negare l’assoluto significa mettere tutto il relativo sullo stesso piano. Ed è un sofisma anche ritenere (come ritiene Caffarra) che negare che vi sia un ambito assolutamente e incondizionatamente indisponibile alla scelta umana equivalga ad affermare che ogni ambito è assolutamente e nella stessa maniera disponibile alla scelta umana.
(Ma il secondo punto è pieno zeppo di indebite forzature. Caffarra se la prende con un concetto formalistico di libertà, e va bene, ma questo non significa che il contenuto delle nostre scelte debba essere definito, limitato e salvaguardato dallo Stato o dalla Chiesa).
 
P.S (queste riflessioni ammucchiate hanno sempre un P.S.): che sia chiaro: un sacco di filosofia, e di quella buona, si ritroverebbe nei termini di Caffarra. Ma a me quei termini paiono largamente insufficienti, e non da oggi. (8Però mi paiono insufficienti pure i prodotti filosofici sforniti dall’era del materialismo, per dirla con Houellebecq).

Riflessioni in forma di mucchio (non un mucchio di riflessioni)/2

Che poi Agnoli (vedi sotto), scopro oggi sul Corriere, si è lanciato su Il Foglio  in una rivistazione della figura di Giordano Bruno, che ieri ha concluso così: "Spacciare per un puro, un eroe coerente sino alla fine, uno scienziato moderno (titolo che lui stesso non avrebbe affatto desiderato), come cercano di fare Nuccio Ordine e Giulio Giorello sul Corriere martedì scorso, è mera e ideologica falsificazione storica (condita con abbondanti dosi di retorica)". Perbacco! Allora rileggo le due precedenti puntate (Il Foglio, 18 e 25 agosto) e vedo che Agnoli percorre agilmente la vita del Nolano facendo notare ai più distratti: che era arrivista e presuntuoso, spia e voltagabbana; credeva nella magia; tramava, mentiva, insultava; era in rissa con il mondo intero e aveva persino un caratteraccio.

Ma veramente: io non so come si faccia ad elevare statue in onore di simili personaggi!

P. S. Ma Agnoli ha letto qualche riga di Bruno? Come un tempo a De Zan, ad Agnoli non interessa il fatto tecnico, ma il fatto umano. Però in tre articoli non ritiene necessario riprendere decentemente un solo tratto del suo pensiero!

Riflessione in forma di mucchio (non un mucchio di riflessioni/1

Sono rientrato il 30, a sera. Il 31, ho messo a posto un po’ di cose, e girovagato sui blog. Letto qui (e altrove: per es. qui, ma già qui), che è in uscita il nuovo libro di Michel Houellebecq, ho finalmente deciso di cominciare a leggere Le particelle elementari. Sono uscito per alcune commesse (cose da fare, non persone), e, bloccato da un torrenziale acquazzone, mi son ritrovato a leggere le prime cento pagine del libro in piedi, sotto un fetido e buio e puzzolente sottopassaggio, a Salerno, in attesa che spiovesse. Quale posto migliore per il libro! E quale orario migliore, le quattro di un desolatissimo pomeriggio. Pochissime persone in giro, bagnate fradicie: un paio di muratori, un signore con la pipa, un paio di giovani coppie temo male assortite, un paio di motociclisti al riparo come me, qualche frettoloso impiegato, un uomo ubriaco. Pioveva.

Verso le cinque e un quarto ha smesso, e sono tornato a casa. A sera, sui blog, trovo che grazie ad Agnoli, sul Foglio, e a New Orleans, si discute della natura e dei suoi disegni intelligenti (qui, ad esempio; e qui). La lettura di Houellebecq cade a puntino. Ho deciso di finirlo oggi (il libro, non Houellebecq).

P. S. Ma come si pronuncia, Houellebecq?