Archivi del giorno: aprile 1, 2005

Diciarazione di voto al futuro anteriore

Se verrò a sapere che il candidato per cui ho deciso di votare si sarà raccolto in preghiera per le sorti terrene del Papa, non lo voterò. Non perché si sarà raccolto in preghiera, ma perché sarò venuto a saperlo.

Metafisica e religione

Una notevole (perché non ovvia, come la gran parte delle cose che leggeremo) riflessione "sull’effettività metafisica dell’operazione mediatica condotta dal Papa fino alla fine": Genna su Carmilla. ("Il Papa sta mostrando il mostrabile, non lo spirituale. Lo spirito non è volontà. L’essenza è, non è volontà. Se c’è l’essere, l’essere c’è; se non c’è l’essere, la volontà non può essere. E’ una specola tomistica, che qui adotto, ma mi pare una lente semprevalida per guardare a fatti di metafisica". "Si sta testimoniando in queste ore ciò che un’infinitudine di eretici […] hanno supplicato ai vertici della loro confessione: concentrarsi sul nucleo metafisico, non su quello religioso né su quello politico". "Il simbolo è svuotato perché è diventato un canale di comunicazione"; l’emozione è ormai l’unica sfera di azione con cui la gerarchia cattolica intrattiene un rapporto con la realtà"; "E’ su questa inconsapevolezza, su questa incapacità a risultare magistrali e non a pronunciare ma a essere quella verità, che si misura il coma cattolico").

(Vorrei tornarci su, non so se ne avrò il tempo)

Ecco il post che non avrei mai scritto
 
E infatti non l’ho scritto io: l’ha scritto Filter, dei Fantastici Quattro. Andiamo male fin dal titolo: i filosofi credono alle loro teorie? No, non vi credono, né d’altra parte vi credono: il verbo credere qui è assolutamente fuori luogo. Cosa si domanda precisamente Filter: Se i filosofi pensano (ritengono, opinano) che sia vero quanto asseriscono? Se si domanda questo, io mi domando se Filter davvero se lo domanda. (Ma nelle note personali leggo che Filter, che “ama la filosofia”, “odia i continentali”, e allora capisco tutto). Se invece Filter si domanda se costoro informano la loro vita e i loro comportamenti in coerenza con i loro pensieri, allora rispondo: che per i Greci, cioè per coloro che hanno inventato la filosofia, si è filosofi ‘ergo kai logo’ (perdonate la frettolosa trascrizione), in pensieri e opere; che non saprei addurre un solo esempio, tratto dalla vita di Descartes, Pascal o Hume (filosofi citati da Filter), che parli nel senso indicato da Filter (Filter si è scelto davvero male i suoi esempi), che cioè costoro, nella vita reale, si sarebbero comportati, a dire di Filter, esattamente come noi avremmo fatto dopo la lettura della Gazzetta dello sport: ma Filter conosce le biografie di costoro?; ancora, che bisogna avere della filosofia (e forse persino della vita reale) un’idea decisamente molto superficiale per metterla in questi termini (o un’idea molto alta della Gazzetta); infine, che anche l’esempio di Leibniz non gli giova, poiché non sta in piedi secondo nessuna logica, neanche la più benevolente.
Se leggete il seguito del post, c’è da trasecolare: Descartes continuò ad avere dubbi, anche dopo il metodo: in tutta evidenza, qui Filter non sa di cosa parla, non sa cos’è il metodo, e cos’è avere dubbi, se ritiene che questo dimostrerebbe che Descartes non credeva a quello che scriveva. Pascal continuò ad ingegnarsi a dimostrare l’esistenza di Dio anche dopo aver scritto che le prove metafisiche di Dio non servono: ma Nicla ha letto le pensées, sa quanto contorta sia, in punta di fatto e di diritto, la questione della posizione di Pascal in merito? E dove sarebbe il suo ingegnarsi? Me ne dia una prova che sia una. Quanto a Hume, tornava alle sue speculazioni, anche dopo aver dimostrato che di mere speculazioni si trattava: ma nel contenuto della filosofia di Hume, sta proprio questo, cioè (per dirla alla buona) la naturale inclinazione della ragione umana a speculare, sicché l’esempio di Filter dimostra proprio il contrario di quel che lui crede di mostrare: dimostra cioè che Hume si comportava secondo la sua propria natura, così come è descritta nel Trattato. Ma poi io dico, benedetto uomo, ti scegli proprio Pascal e Hume, due che avevano dentro le vene così robuste dosi di scetticismo nei confronti della filosofia, che attribuire a loro delle teorie (alle quali peraltro non avrebbero creduto) significa veramente aprire un manuale di filosofia a caso. (E lo stesso Descartes, suvvia…)
Conclusione? Riscrivilo, il post, caro Filter. Forse un dio cattivo ha messo la tua penna nella mano sbagliata.
P. S. (Se poi Filter ha solo riassunto il senso del saggio di P. Suber, che cita – e che non ho letto, perché ho perso già troppo tempo per scrvere questo post -, beh, tanto peggio per Suber).

Sulla sofferenza del Papa in tv
 
(a Fahrenheit): commozione (“una voce flebile che copre il rumore assordante della postmodernità”) o fastidio per l’ostensione del dolore?
(grazie a Tommaso Giartosio, che mi ha segnalato la cosa, e il link):
 
Carlo Sini: Sentimenti diffusi, è difficile proteggersene. Sono dalla parte del fastidio. C’era una volta la discrezione, il Vaticano la frequentava in maniera virtuosa. Ma ora siamo all’esatto opposto.
Occorre una riflessione critica su come i mezzi di diffusione abbiano dentro di sé qualcosa di morboso. È innegabile. A me è venuto di associare, me ne dispiace ma è così, le immagini del Papa sofferente a quelle del funerale di Diana.
Chi fa informazione disinforma nella stessa misura in cui informa. Quando un mezzo esibisce un particolare, lo esalta ma al tempo stesso trascura tutti gli altri. Questo non è informare, non è il diritto della gente a essere informata. Questa sottolineatura, questa esaltazione fa violenza sia a chi la subisce consapevole sia a chi la subisce inconsapevole.
La logica del mezzo va conosciuta ed esibita nei suoi limiti.
Mi ha colpito che abbiano messo telecamere a illustrare i pochi metri dall’ospedale al Vaticano: che notizia è? Questa non è una notizia, è una violenza nei confronti di chi accende la tv; non è informazione ma indiscrezione, guardonaggio. Il problema serio è che c’erano telecamere anche alle spalle del Papa, nell’auto. E questo dà da pensare.
 
Marino Sinibaldi: Rispetto ad una naturale coltre di discrezione e di mistero che un tempo c’era intorno ad altre agonie papali, assistiamo a un cambiamento dei soli media, o è cambiata anche la Chiesa, il messaggio delle grandi religioni?
 
Carlo Sini: “Probabilmente le due cose van di pari passo. I media non sono un semplice mezzo, si riverberano sulla coscienza di tutti noi e creano un’altra psicologia, un’altra umanità e dunque un’altra religiosità. Fenomeni complessi.
Ma è inquietante.
L’esibizione delle lacrime di una signora inquadrata in piazza San Pietro è legittima? Lo sa, la signora: lo desidera? Quell’immagine, resa pubblica, genera effetti: non nascondiamocelo. E se per ipotesi alla morte (il più lontano possibile) del Papa, qualcuno si suicidasse, com’è accaduto con la morte di Diana? Chi si metterà sulla coscienza quei suicidi?
 
M. S. : Ma tutto dipende dalla sola forza comunicativa del mezzo? O c’è altro (la fragilità indomabile del corpo di questo Papa)? C’è una peculiarità di questa figura papale, di questo crpo di Papa?
 
C. S.: Non c’è dubbio. Questi fenomeni non sono prodotti solo dal mezzo. Hanno certo occasioni e circostanze che li generano. Ma il problema è che se non ci portiamo al livello dei mezzi, i mezzi domineranno noi – anche se lo stanno già facendo. Questo è un destino, certo, ma va cavalcato: va guardato, senza rifiutarlo o respingerlo, ma va guardato per quello che è, anche senza farcene agire come marionette.
 
M. S.: Ma c’è un tipo di messaggio religioso in tutto ciò (su vita, eutanasia, corpi…), una Chiesa che si mostra combattente fino all’ultimo: è possibile individuare un contenuto intellettuale e religioso puro in ciò che siamo costretti a vedere in questi giorni?
 
C. S.: Discorso complesso. Lo accenno appena. Non è senza nesso che l’Occidente dei mezzi di comunicazione di massa (della comunicazione per dir così ‘soprasensibile’) sia nata all’interno di una società cristiana, di una religione che ha al suo centro lo scandalo della resurrezione dei corpi. Certo questo problema c’è, è molto complesso e profondo dal punto di vista teologico e filosofico.
 
M.S. Allora come reagire? Che fare? Su cosa riflettere?
 
C. S. Le dò una risposta platonica. Speriamo che i reggitori televisivi diventino filosofi. Vorrei vedere una televisione che ci faccia vedere un servizio e poi ci faccia vedere come il servizio è stato fatto, tagliato, ecc. Un programmatore filosofo che spieghi alla gente che cosa e come è stato davvero mostrato, ecco: con questo allora avremmo fatto un passo: