Archivi del giorno: aprile 9, 2005

Stanche cose di filosofia e meditatio vitae

Windrosehotel cita l’Avvenire, che si occupa niente di meno che della croce del filosofo (ad ognuno la sua croce, giustamente). Leggere l’articolo mi procura un invincibile senso di stanchezza: comunque. Nella Fides et ratio il Papa dice che domina un generale scetticismo e una filosofia di piccolo cabotaggio, mentre c’è bisogno di una filosofia che pensi in grande e che approfondisca "le dimensioni del buono del bello e del vero". Non che pensi ad una filosofia "totalizzante e onnicomprensiva", però che diamine: i filosofi non siano tanto rinunciatari. Pensino al fondamento. Poi, certo, naufragheranno, ma proprio così potranno scoprire che solo la croce, scandalo per i filosofi, dà senso all’esistenza.

Malvino invece cita adorante (e gongolante) Severino, iersera a Ottoemezzo. Questa volta mi stanco un po’ meno, ma le braccia, che già mi erano cascate, non ce la fanno a tirarsi su. Che dice infatti Severino? Che gli uomini hanno paura della morte, e siccome hanno paura cercano di difendersi dalla paura. E non c’è aspetto dell’esistenza umana che non sia da intendersi come una simile difesa dalla morte.

A causa della stanchezza, non è che abbia molta voglia di commentare. Solo il minimo sindacale, dunque. Ad primam. E’ veramente insopportabile quest’idea che la filosofia faccia quel che vuole con la verità e il fondamento (rinunci, non rinunci…): ma che razza di idea si ha della filosofia? Ma davvero si crede che il filosofo pensa in grande o in piccolo a suo piacimento? Ad secundam. Ma chi glielo ha detto a Severino e a Malvino, che tutto quel che ti combino nasce dalla paura della morte (o dalla fede nel divenire)? Anche se tutto quel che faccio fosse in linea di principio spiegabile in questi termini, non si sarebbe ancora dimostrato che non vi è altra spiegazione possibile. Che almeno si ricordi questo. Poi, con Severino la partita è ovviamente molto complessa (lo dico prima che qualcuno mi obietti che le dodici righe riportate da Malvino ed estratte da una trasmissione giornalistica non bastano), ma a tutti gli altri: siamo davvero sicuri che una spiegazione così straordinariamente monocausale sia il meglio che si possa offrire, sul piano scientifico e filosofico? E fate attenzione, che non si dica almeno che l’uomo è da cima a fondo paura della morte, meno però uno spicchio, un pezzetto, un soffio, uno spiritello o un demonietto, meno quel tanto che gli consente il riconoscimento, l’agnizione, e l’apatheia stoica o il riso democriteo. Perché che razza di antropologia sarebbe quella che mi dice cos’è e come si spiega non l’uomo, ma quasi tutto l’uomo? (Oppure: tutti gli altri uomini?)

Fare andare

Le liste sono uno dei generi preferiti dai blogger. Teoktist si sta cimentando coi dieci film. Non segnalerei la cosa, se non ci fosse lì la lista dei dieci film da salvare di Fabrizio Desideri, che è un ottimo filosofo.

Quanto a me, prima di compilare una lista, dovrei almeno sapere perché salvarli. Per rivederli vita natural durante? Allora, spiacenti, ci metterei dentro un Totò. Per dire: beh, questo è il cinema? Allora ci metterei sicuramente John Ford. Per indicare chi sono i registi più grandi? Allora dentro ci sarebbe senz’altro Kubrick. Per lasciare ai posteri una certa idea di umanità? Allora sicuramente figurerebbe Bergman. Per salvare l’immagine dai cliché? Allora ci metterei Godard. Per pensare? Allora toccherebbe ad Ozu. Per salvare la bellezza? Allora nei dieci ci sarebbe sicuramente un Truffaut. Per commuovermi? Allora devo ammettere che inserirei qualche melodramma hollywoodiano. Per farmi compagnia? Ci sarebbe pure De Sica, o Woody Allen. Per indicare dove va il cinema oggi? Ecco: dove va il cinema oggi? Chi sono i dieci che fanno andare il cinema oggi?

P. S. A scanso di equivoci, rispondendo all’ultima domanda si arriva a dieci. Ma questi dieci non sono la mia lista. La mia lista non c’è.

PRIN 2005: La pratica filosofica tra parola e non parola

 
Quello che segue, è l’inizio (solo l’inizio, cioè la parte più potabile) del programma di ricerca presentato dall’Unità di ricerca in filosofia teoretica di Cassino (coordinatore prof. F. Pellecchia) nell’ambito del progetto nazionale coordinato dal prof. S. Natoli. Poiché questa parte è stata scritta da me, e poiché si tratta dei filosofi che credono o non credono alle loro teorie, ve la posto qua:
In che termini può oggi essere riproposta la pratica dell’esercizio filosofico (la filosofia come pratica di vita), già in uso presso le scuole filosofiche antiche? Che cos’è una vita umana buona e in che modo la saggezza della vita può tradursi in una vita di saggezza? Qual è il paradigma fondativo delle diverse pratiche filosofiche che sono emerse negli ultimi venti, venticinque anni, e quali rapporti esse intrattengono in generale con le discipline dell’anima? Quale profitto può trarre la filosofia dall’incontro con siffatte discipline, e viceversa? Quale legittimità e quale fecondità hanno concetti come quelli di cura o di medicina, una volta che siano sottratti alla loro consueta sede clinico-terapeutica e siano impiegati così ampiamente da comprendervi persino la pratica della filosofia? Quali titoli, critici e analitici, può vantare la categoria del «senso» sotto la quale si suole inscrivere la ricerca di saggezza, e in che modo ne va ancora della verità, per la filosofia? Quale nesso sussiste fra metodo genealogico e pratica della filosofia? In quale misura la filosofia è legata ad una pratica di scrittura? In che misura una vita può essere scritta e che cosa significa scrivere una vita? Quale nesso vi è fra parola, scrittura e vita, e in che modo la filosofia può offrire una chiarificazione di questo nesso? In che rapporto sta la parola con ciò che non è parola, entro lo psichico in generale? In che modo dimensioni fondamentali dell’esperienza umana si lasciano dire? In che modo si lasciano dire in prima persona, nella formazione di una vita filosofica?

L’orizzonte generale della ricerca, delineato sub 2.4, consente di porre motivatamente le domande sin qui formulate, che, come si noterà, vengono progressivamente restringendosi intorno ad alcuni nodi teorici da reputarsi decisivi. Altre ancora se ne potrebbero ovviamente formulare, così da mostrare come il campo della pratica filosofica costituisca oggi un terreno di ricerca comunque molto ampio e assai promettente. Tuttavia, nel seguito, alcune di queste domande, concernenti più da vicino il rapporto fra filosofia e psicanalisi, fra inconscio, linguaggio e pratica della filosofia, e fra dimensioni fondamentali dell’esperienza umana (in primis, l’esperienza della sessualità) e loro inscrizione entro un universo simbolico di linguaggio, vengono elevate al rango di vere e proprie questioni, grazie ad una più precisa determinazione (storico-culturale e teorica) del loro ambito problematico e ad una prima illustrazione dei temi che esse impegnano…