Domande
Torno a casa da Venezia. Disfo la valigia. Accendo il computer. Lancio il feedreader. Leggo la posta. Sesto Empirico (che era a Venezia, e che mi perdonerà se estraggo da una mail privata) mi scrive fra l’altro: "La cosa che mi resta oscura, ripeto, è la problematicità del problema stesso: tu hai presentato un problema ma non hai detto – forse mi è sfuggito – perchè è un problema, che cosa lo fa essere un problema, da quale punto di vista è problema. Secondo me la forza della filosofia risiede non tanto nel sollevare problemi, quanto proprio nel mostrare con chiarezza perchè si tratta di problemi, e che cosa implicano". Ben detto. Giusta obiezione. Proverò a rispondergli, e non sarà facile.
Ma intanto il feedreader ha fatto il suo dovere, e tra i post nuovi mi segnala quello di Windrosehotel, che linka un articolo dell’Avvenire sulla linea neopagana in filosofia: c’è unun libro di Paul Gilbert che sottopone i filosofi italiani ad esame: quanto sono cristiani? quanto sono importanti per i cristiani? quanto conoscono il cristianesimo? che sfida rappresentano per il cristianesimo? ecc. ecc.. Mi colpisce che Gilbert, ordinario di Filosofia teoretica alla Gregoriana, non sembri giudicare rilevante o pertinente domandarsi anche perché la filosofia, italiana e no, debba essere importante o meno per il cristianesimo. Si domanda Gilbert chi fra cristianesimo e filosofie neopagane saprà rispondere meglio alle aspettative di senso degli uomini, e non si domanda invece perché la filosofia dovrebbe rispondere alle aspettative di senso degli uomini, qual è il senso del senso, ecc.
Beh, meglio, molto meglio la domanda di Sesto Empirico.