Sulla vita non si vota
 
Ma la legge 40 è stata pur votata. Diciamo meglio: sulla vita non votano i cittadini, solo i parlamentari. Lo so, è meno elegante: ma tant’è.
(Ma i cittadini non possono votare neppure sulla 194? E i parlamentari? Oppure votano solo i genetisti? E se non si vota, la 194 non si cambia, perché sulla vita non si vota – però s’è votato. Non ci capisco niente)

51 risposte a “

  1. Lo slogan è infelice, l’ho scritto anch’io pur aderendo nel merito alla campagna.
    Se scrivo “Sulla vita questa volta non si vota” ti aiuto a chiarirti le idee? 😉
    Friedrich
    P.S. Faccina=occhiolino, come dire: “Adinolfi, Lei la sa lunga; non mi faccia il finto tonto!”. 😉

  2. “Fratelli astenetevi” sarebbe stato più chiaro, diretto, in linea con la tradizione cattolica.

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  3. Sì che mi aiuti. Rimane da capire perché una volta sì e una volta no.

  4. Adinolfi, c’è gente che nei weblog cerca risposte. M’affezziono al tuo e mi insinui domande. Brutto ingrato.

  5. Perché, come dice la Bibbia, “per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo… C’è…un tempo per demolire e un tempo per costruire … un tempo per tacere e un tempo per parlare”.
    Friedrich

  6. Ah, ho capito: è ciclotimia.

  7. …da curare con un bel quorum non raggiunto…
    F.

  8. la vita non puo’ essere decisa per legge. non si nasce tra e per le norme. si puo’ legiferare su come regolare l’utilizzo e gli effetti di determinati processi. ma non in virtu’ di convinzioni che aspirano ad avere il primato. ma solamente sulla garanzia che quelle norme soddisfino i bisogni della piu’ vasta fetta di cittadini possibile. lasciando a tutti la liberta’ di scegliere. E’ su questo che si vota (se si vota) secondo me

  9. Mah, la storia dimostra ampiamente che, se ci vuole, si può legiferare su qualsiasi cosa.

  10. utente anonimo

    VotaAntonio

    La soppressione degli individui (in epoca ancora recente) meno “dotati geneticamente” era automatica e crudele: la maggior parte non raggiungeva i 16 anni. Oggi questi “malati” sopravvivono abbastanza a lungo per riprodursi, anche se secondo i “progressi” dell’etica sociale, il meccanismo che salvaguarda la specie dalle aberrazioni, in mancanza di selezione naturale, agisce solo nei casi delle tare genetiche davvero molto gravi; ecco allora che si fa gran voce soprattutto negli ambienti non scientifici dei rimedi derivati dai progressi della genetica molecolare: l’illusione diffusa da certi scienziati prezzolati andrebbe ridimensionata con un’informazione seria e mondata dalle tentazioni dello scoop privo di originalità.
    Forse facendo marmellate d’embrioni si potranno trovare rimedi apparenti per alcune tare genetiche, ma soltanto nell’individuo che ne è colpito e non nella sua discendenza. Quindi andremo per sempre soggetti alle tirannie delle proteine pazzoidi.
    La genetica molecolare non offre alcun mezzo per agire sul patrimonio ereditario e arricchirlo di caratteri nuovi e la microscopicità del genoma è pressoché inaccessibile.
    La promessa di “curare ogni malanno” è lo spot pubblicitario che regala qualche speranza a buon mercato, alla quale nessun ricercatore dà valore di verità, ma serve a puntellare l’immagine trascendente e assoluta della scienza, che pure fa bella mostra dei suoi errori clamorosi (e danni relativi). Questo nessuno sembra afferrarlo, però nello stesso tempo si temono gli oltranzismi delle idee contrarie alla manipolazione.
    So su quale gene è collocabile la distrofia di Duchenne ma oltre a questa osservazione tutto quello che possiamo ricavarne è poco e i ricercatori lo sanno benissimo: la maggior parte dei geni che compongono il DNA non codificano per alcuna proteina: in fase trascrizionale spariscono senza lasciare traccia o ripercussioni organiche. Alcuni geni rimbalzano da una parte all’altra del genoma, taluni rimangono silenti e improvvisamente si destano secondo processi ancora ignoti. Altri hanno funzioni di regolatori e/o impartiscono solo ordini operativi. Non sono così “addomesticabili”. Il determinismo, per quanto ne sappiamo, è ancora racchiuso in meccaniche ignote, apparentemente caotiche, o governate da leggi indecifrabili. Non è così semplice prendere un gene ed effettuare uno scambio con uno corrotto. L’enfatizzazione facilona del ruolo dei geni è roba davvero ottocentesca. E anche se lasciare le mai libere ai biomanipolatori significasse trovare il bandolo della matassa, che evidenza avrà in termini economici questa ricerca? Svuotiamo ancora le tasche ai contribuenti (per la nobil causa)? Quando bisognerebbe sapere che dalla ricerca sul cancro vengono smistati i fondi per concentrarsi ossessivamente sul gene, mentre relativamente alle caratteristiche epidemiologiche (sollecitazioni ambientali, chimiche etc.) delle patologie neoplastiche, i fondi sono quasi azzerati… e poi pensiamo di scrivere sui pacchetti di sigarette che fumare aumenta la probabilità di cancro, ed è lampante, e si spiega facilmente sulla base di questa stranezza che il gene all’uopo faccia pendant coi viaggi interstellari da Vega e ritorno. Quanto tempo occorre perché il nuovo sistema terapeutico sia applicabile su larga scala? Chi parla dei costi? Chi può dirmi chi e perché ne beneficerà? Domande a cui sono state date risposte nemmeno evasive. Le staminali sono altra fesseria: in un embrione il 90% delle cellule muore e viene rimpiazzato con meccanismi complicatissimi e la stessa totipotenza nota dell’embrione non ci viene in aiuto: chi può gestire le cellule staminali indifferenziate che per statuto sono ingestibili? La teratogenicità di queste cellule è stato uno dei migliori risultati sui topi da laboratorio. Nessuno ha sollevato la faccenda che un trapianto cellulare richiede milioni cellule “buone” che andrebbero letteralmente macinate fra i tentativi e gli errori, e quindi milioni di ovociti per curare UN singolo paziente. La genetista A. Rollier, ha chiesto: “dove li prendiamo? Chi accetterebbe di sottoporsi a pesanti dosi ormonali e a un intervento non poco invasivo, per donare gli ovuli?” Le poche donne infertili già provate dalle loro peregrinazioni? Queste donne non hanno idea di cosa vanno incontro, a partire da un unico piccolo sogno (e, in fondo, il loro è più modesto).
    Oppure, che si fa, cominciamo a reclutare le mercenarie della genetistica?
    Voglio dire, questi argomenti li lasciamo alla “gente”? La Repubblica dei filosofi metterebbe già una pezza a certe aberrazioni, io ci aggiungerei un bel pool di scienziati di razza e di tutte le pertinenze, giusfilosofi, filosofi, medici, matematici a decidere di queste tematiche dai risvolti sociali così ampi. La Signora Pina può solo arricchire il dibattito coi suoi “boh”, e tacere wittgensteinianamente.

    Eloisa.

  11. Non so se li vuoi lasciare alla gente questi argomenti? Per ora li lasci a me, e ai lettori di questo blog. E mi pare una buona cosa.
    Ciao

  12. chissà se per uscire dalla “gente” ed entrare tra quelli ammessi a decidere basta una laurea e un po’ di chiacchiera (o ci saranno altri criteri, che so, un concorso pubblico?)
    nel primo caso, se bastano laurea e chiacchiere, mi candido a dittatore, che ne dite?
    :))

  13. La signora Pina vota, si astiene, elegge, si candida. Decide. Per fortuna sua e nostra.
    Friedrich

  14. Mille volte meglio fare a cazzotti sul tema per cui si vota e sull’opportunità di votare o non votare, col rischio di sparare cazzate e di prendere la decisione sbagliata, piuttosto che affidarsi ad un pool di geni superesperti e disinteressati, senza macchia e senza paura, che decidano della vita e del destino di tutti noi, senza avere alcuna possibilità di controllo sulle loro menti totipotenti. Non fosse altro perché un pool di geni di tal genere è pura fantascienza; e quand’anche esistesse, non vedo perché, dopo aver affidato loro queste tematiche, non dovremmo affidar loro economia, politica, diritto e tutto il resto. Un bel totalitarismo, e via. No, ben venga il voto, che si voti sì, no o ci si astenga, e ben venga la sig.ra Pina coi suoi boh, ai quali mi onoro di aggiungere i miei.

  15. Ciao, sei interessato al dibattito in corso sul referendum sulla legge 40 2004 in materia di fecondazione medicalmente assistita e ricerca sulle cellule staminali? Allora forse può interessarti questa iniziativa di dibattito, aperta a tutte le posizioni ideologiche: http://alcestis.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=470498

  16. Infatti. Uno slogan davvero inverosimile. Ne avevo scritto anch’io.

  17. Signori cari, capisco i vostri dubbi. In parte li condivido. Tuttavia non posso fare a meno di rilevare come il problema sollevato dalla signora Eloisa non possa nel modo più assoluto essere liquidato con slogan dai forti contenuti patetici (in senso etimologico).
    C’è chi avanza l’ombra del totalitarismo. Non direi, parlerei più propriamente di una forma di oligarchia, di governo degli ottimati, di democrazia “tecnica” (che non va confusa con le attuali tecnocrazie).
    La questione della consapevolezza del corpo elettorale, infatti, non è assolutamente secondaria per la democrazia. Ricordo di passaggio che l’ascesa al potere di Hitler fu sostanzialmente “democratica”. Il rischio della manipolazione delle coscienze meno avvedute – che trova oggi nuova sostanza nell’ipertrofia mediatica delle funzioni comunicative – e della conseguente degenerazione nella democrazia plebiscitaria e peronista, non sono affatto questioni di scarso rilievo. A mio parere, infatti, c’è poca differenza tra un totalitarismo (per utilizzare comunque un sostantivo che, come ho detto, ritengo improprio) oligarchico conclamato e un totalitarismo di massa criptato, in cui del diritto di voto di tutti si servono di fatto coloro – pochi – che hanno accesso all’informazione (ecco perché, secondo me, l’evoluzione in democrazia delle attuali forme demagogiche passa per la diffusione trasversale delle culture e non tramite l’informazione mediatica: l’informazione, infatti, è per definizione una forma di manipolazione, come sosteneva anche Jacques Lacan).
    Detto ciò, la questione è addirittura definitiva se il contesto è quello di cui stiamo discutendo. Quanto riportato con grande dovizia di particolari dalla signora Eloisa, mostra chiaramente come gli slogan utlizzati dal fronte del Sì siano fortemente imprecisi, rigidi, opinabili, in una parola demagogici (per la forma in cui vengono presentati).
    Chiedere in un simile contesto alla “signora Pina” di esprimersi su questioni eminentemente tecniche, che richiedono cultura, competenza e pacatezza (ho letto che addirittura il professor Dulbecco ha lasciato intendere la scarsa attendibilità scientifica degli slogan utilizzati da Luca Coscioni) è l’ennesima manifestazione di quanto il partito radicale sia in realtà il primo nemico di una democrazia della consapevolezza e della vera libertà.

    Bernardo

  18. utente anonimo

    ahahah, Bernardo, l’ultima riga faceva davvero ridere!

    La Sig.ra Pina

  19. Si può essere o meno d’accordo ma il suo senso ce l’ha e mi pare sia chiaro: non si vota sulla vita quando c’è di mezzo la vita di un innocente che non si può difendere.

    E infatti è una domanda impegnativa chiedersi se un parlamento possa decretare la morte di innocenti, come ha fatto la 194.

    Il problema non è se si vota sulla vita, ma se il voto possa autorizzare l’uccisione dell’innocente.

    ld
    ps è uno slogan non la formulazione di un assioma.

    p.p.s. Per quanto riguarda, poi, questo referendum, rispetto a quello sulla 194, è innegabile che i 4 quesiti richiedano una notevole competenza tecnica.
    ld

  20. Cara signora Pina, il riso abbonda sulla bocca degli stolti, cioè dei radicali.

    Cordialità,

    Bernardo

  21. Caro Sig. Bernardo, posso dire che grosso modo non condivido una sola riga del suo post. Se c’è il pericolo della democrazia tecnica, i referendum dovrebbero essere ben visti e ben voluti, e fare ogni sforzo per mettere i cittadini in condizione di votare con consapevolezza. La soluzione al pericolo della democrazia tecnica non mi pare sia quello di non far votare punto e basta.

  22. utente anonimo

    Noi Pine siamo stolte per definizione, Bernardo.

  23. utente anonimo

    Ma dopo Bernardo di Chiaravalle ed Eloisa, Abelardo si manifesterà?

  24. Caro Adinolfi, “mettere i cittadini nella condizione di votare con consapevolezza” è una bella formula, un eccellente auspicio, ma niente di più. Senza cultura non c’è democrazia. Ciò che invece da sempre mettono in opera i radicali (e questo caso non fa eccezione) è un uso patetico e tendenzioso dell’informazione (attraverso pratiche che sicuramente non devo illustrarle come il ricorso agli elenchi delle auctoritates, usate con disgustosa spregiudicatezza, o l’esposizione del caso umano, vedi Luca Coscioni, il quale, è bene dirlo con chiarezza, non ha alcuna possibilità di guarire dalla sua malattia, come afferma lo stesso Dulbecco) al fine di manipolare l’insipienza della gente.
    Su queste basi un referendum non solo non ha senso (tralasciando la questione di fondo che in materia di vita umana non si dovrebbe nemmeno votare) ma si presenta esattamente con quelle caratteristiche di demagogia, approssimazione e qualunquismo che ho condannato senza appello.
    E poi, come diceva Bobbio, rivendico il mio diritto di cittadino di essere lasciato in pace dai partiti e dalle istituzioni: anche per questo non andrò a votare.

    Bernardo

  25. Mah, io andrò a votare, sì. Anche un po’ a naso, senza essere ferrato teologo, o laureato genetista, o sciampista professionista.

  26. Quello che aggiunge non sposta di una virgola quanto osservavo: che Lei paventa una democrazia tecnica, ma avversa contemporaneamente l’uso del referendum, che è l’opposto di una democrazia tecnica. Le osservazioni sui radicali, che non condivido, danno però (temo senza che Lei lo voglia) la misura di quanto poco il nostro paese sia informato.

  27. Dobbiamo intenderci, gentile ospite. In via di principio sono un convinto sostenitore di una democrazia effettiva, trasparente, piena. In altre parole: consapevole. Tuttavia, se la scelta è tra una democrazia plebiscitaria e qualunquista (qual è nel modus operandi dei radicali) e una democrazia tecnica (che non è tecnocrazia), io opto senza dubbio per questa seconda ipotesi.
    D’altra parte, mutatis mutandis, tale riflessione non è troppo lontana da quella che, in ambito marxista, portò a riconoscere la necessità di un passaggio istituzionale come la dittatura del proletariato.

    Bernardo

  28. il problema ovvio, bernardo, è sempre chi decide quando è plebiscitaria, e chi prende il comando di quella tecnica.
    Non esendo possibile farlo dentro i termini democratici, occorre che sia una sospensione nei termini dello stato d’emergenza. Ergo, l’esposizione di un potere assoluto (dato che i radicali che lei cita non sarebbero tanto d’accordo, lei che farebbe? Li mette in galera? Non vedo alternative). E’ una classica scorciatoia al problema delle democrazie, sia quando è percorsa per sfrenata ambizione che quando lo è per nobili principi, che finisce però sempre contro il muro, purtroppo.

  29. Anche un filosofo dovrebbe arrivare a capire che non si può decidere a maggioranza che cosa è vita umana e cosa no.
    La vita non è un concetto astratto, ma un dato oggettivo che si vede, si può misurare. La vita è definita dalle scienze biologiche e fisiche.
    I dogmi (laici o cattolici che siano) non c’entrano.
    Voi pensate che della vita umana si può disporre a piacere? Ok: ditelo chiaramente e assumetevene le responsabilità.

    Ma dimenticavo, nell’età del relativismo assoluto non esistono “dati oggettivi”: tutto è una interpretazione soggettiva.
    Per usare le parole di Salvatore Mannuzzo (che si rivolgeva a Baricco): “a tutti quelli che come lui predicano il relativismo, consiglierei di essere relativisti sul serio. A cominciare, se possibile, da se stessi”.

  30. Premesso che l’idea secondo cui il popolo debba decidere su tutto è ovviamente improponibile e contraddice la stessa prassi democratica (per come finora la conosciamo), nella quale le decisioni sono prese piuttosto dai rappresentanti del popolo, che si affidano in molte materie alla consulenza di esperti – a cui comunque non demandano mai la decisione, che sempre sta dentro la catena della rappresentanza -, e si prevedono invece gli specifici casi su cui il popolo possa esprimersi direttamente (i referendum, appunto);

    tuttavia, premesso questo, signor Bernardo, i toni di disprezzo (demagogia, approssimazione, qualunquismo) da lei usati per chi ha promosso il referendum, danno bene l’idea di come l’uso di argomenti “patetici” sia almeno equamente distribuito tra gli schieramenti. Del resto, parificare tout court, come alcuni fanno, fecondazione artificiale con assassinio di innocenti in una discussione, dando per scontata un’evidenza di fatti che palesemente è assente (non si farebbe il referendum, altrimenti), dà l’idea di come l’uso del patetico non sia solo appannaggio di chi invoca una salvezza per Coscioni (è noto infatti che la demagogia è sempre degli altri: ci sarebbe da chiedersi per amore del paradosso se questa non sia una legge della demagogia)

    Peraltro, considerato che non solo politici, idraulici e panettieri, ma anche biologi, genetisti, e ogni sorta di scienziati si è divisa tra favorevoli e contrari, per non parlare di filosofi, psicologi e via discorrendo, risulta improbabile l’idea di affidare a un consesso di colti una qualche forma di decisione fuori dalla rappresentanza politica (considerato che la divisione non pare nell’oggetto, ma nell’ideologia con cui lo si guarda e si distingue una cosa dall’altra).

    E i cattolici, che si affidano a una verità ultramondana? Non sono forse sono tutti contrari. A parte il non secondario problema di legittimare la cogenza di una verità cui per definizione si deve credere per fede (ergo, chi non ha fede non ci può credere per definizione), resta il fatto contingente per cui, ad esempio, i musulmani, che ugualmente si affidano a tal genere di verità, sono tutti favorevoli (la loro dottrina lo consente, dato che non attribuisce valore di vita umana all’embrione). Vogliamo fare a chi c’ha la verità più lunga?

    Difficile qui afferrare lo spadone e dividere i giusti dagli ingiusti, no? Non appare chiaro che proprio questa è una classica materia che va decisa per referendum né può esserlo altrimenti?

  31. OffTopic
    faramir, della vita umana “si può disporre a piacere” da quando gli uomini camminano su questa terra (u know caino e abele?).
    Scendiamo dalla pianta, su.
    il punto non è ripescare l’interdetto del sacro (e magari nettarsi la coscienza: “io non uccido”. Peccato che il solo fatto di mangiare tre volte al giorno ci fa uccidere, per l’ineguale distribuzione delle risorse sul pianeta, qualche bambino al minuto), ma capire come limitare i danni. Operazione che si fa meglio con maggioranze e minoranze che con l’autorità rivelata, che io sappia.

  32. Faramir, i filosofi arrivano dove arrivano, che ci vuoi fare! Io però nel post mi domandavo non se sulla vita si possa votare (forse non sono arrivato a farmi capire…), ma, posto (posto) che sulla vita non si debba votare, che si fa con il biodiritto in genere (che, ahimè, esiste), e per esempio che facciamo con la legge 194 (la si può cambiare, per esempio? con voto, senza voto, col voto di chi? boh). Poi mi chiedo: che non si debba votare significa forse che sulla vita non si deve legiferare? Oppure si fanno leggi che non siano legittimate dal voto? E il diritto penale in genere, sulla vita legifera o non legifera? Ma insomma: si riesce ad essere per il no al referendum senza usare spropositate parole d’ordine (e senza difenderle pregiudizialmente)?

  33. Caro Bernardo, b.georg ha ragione sulle parole che riservi ai radicali: sono fuori luogo. Però, siccome so bene che chi usa toni simili difficilmente è disponibile a cambiare idea, o anche solo a discuterne pacatamente, io le lascio semplicemente cadere. Non condivido un accidenti, ma questo penso che si capisca.

  34. Cercherò di essere schematico, per amor di chiarezza.
    1) il mio grado di “pateticità”, a differenza di quella dei promotori del referendum, non è primario, ossia un attributo diretto dei miei argomenti sulla questione in oggetto, bensì secondario, rilevamento dell’attitudine di quelli dei miei “antagonisti”: come lei ben sa, infatti, la natura dei miei argomenti in proposito si sforza di essere rigorosa, equidistante tanto dalle posizioni laiciste che da quelle cattoliche, anche perché ho il non secondario vantaggio di non fare campagna elettorale;
    2) nessuno parifica, credo, la fecondazione artificiale con l’assassinio, caso mai ciò avviene rispetto alla sperimentazione scientifica sugli embrioni; posto ciò, come le ho detto la questione non è quella dell’evidenza ma, al contrario, quella dell’indecidibilità: la ragione umana risulta inadeguata al problema (per una motivazione schiettamente linguistica: essa, in quanto immanente al linguaggio, percepisce l’essere come aver-luogo, come stare-in-luogo, e non in quanto tale, e non mi pare azzardato far rilevare come la pretesa di indurre differenti valutazioni qualitative di quell’avere sulla base della mera distinguibilità quantitativa dei luoghi con cui è in relazione rappresenti un passaggio del tutto arbitrario nel quale si attua la sottrazione deresponsabilizzante dell’etica alla logica possibile) e il diritto, conseguentemente, proprio il diritto positivo, quello laico delle garanzie e della civiltà, non dovrebbe che prenderne atto affiancando, come dicevo, alla presunzione d’innocenza (su cui, illuministicamente, fondiamo tanto il concetto di garanzia che la nostra – di sicuro la mia – avversione alla pena di morte) una presunzione d’esistenza; d’altro canto, belle conquiste di questa trasparente considerazione dell’aver-luogo sono le battaglie (che per quanto mi riguarda sostengo senza tentennamenti) contro la vivisezione e, in generale, per la coscienza ecologica e il riconoscimento del valore etico dell’ambiente;
    3) al contrario: il mio assunto iniziale è infatti che su questo tema non abbiano senso né un referendum né qualsiasi altra forma di forzatura ideologica: solo un umile ritrarsi della ragione nell’adeguatezza del suo silenzio e una coseguente posizione garantista del diritto;
    4) non sono contrario alla fecondazione artificiale, a patto che non sia eterologa: quest’utima, infatti, che è sostanzialmente un’adozione biologica, mi pare una forma di psicopatologia del ventre pregno che compete ben più alla psichiatria che alla legge; per quanto mi riguarda, auspico che non un euro delle tasse che pago vada indirizzato alla soddisfazione (e non alla cura) di una simile nevrosi.

    Bernardo

  35. Mi permetta, caro ospite: non mi sembra di essere chiuso al dialogo, dal momento che sono qui e che rispondo a tutti, anche a coloro che, ferinamente, non sanno che trascrivere risate.
    Quanto alla 194 ribadisco la mia posizione: va cancellata perché fondata su un pregiudizio indimostrabile.
    Credo si potrebbe cominciare proprio portando in tribunale i suoi sostenitori per falso ideologico (ma mi riservo di approfondire tecnicamente questa ipotesi).
    Quanto all’amico che invita il signor Faramir a scendere dall’albero, mi permetto di suggerirgli di fare altrettanto: che si commettano continui omicidi legalizzati (lo steminio per fame ne è un esempio eloquente) è un fatto, che ci si debba adeguare a tale modus operandi anziché osteggiarlo è invece una conclusione almeno fantasiosa.

    Bernardo

  36. La discussione è interessante, perché abbruttirla con bestialità (giuridiche e non solo) tipo l’omicidio o sterminio per fame?

    Questa tesi giuridicamente insostenibile, pur essendo risibile ha la forza di mescolare piani non omogenei e di viziare l’intelligenza del dialogo. Risparmiatecela, vi prego.
    Friedrich

  37. Gentile Friedrich, sarebbe così cortese da sostanziare meglio la sua affermazione che altrimenti, proponendosi di purgare la discussione dalle gratuità, finisce per essere la sola davvero gratuita?

    La ringrazio,

    Bernardo

  38. se lei pensa che abbia suggerito l’omicidio, evidentemente ha letto un po’ di fretta il dialogo. cercavo piuttosto di suggerire – off topic, cioè non del tutto in relazione al caso specifico – che auspicare l’abolizione del principio di maggioranza non è un buon modo per scongiurarlo.

    riguardo al resto: mi pare un ragionamente pacato, il suo, bernardo. Forse c’è un problema: “la ragion che si ritrae” è una bella frase, peccato che la ragione in generale faccio fatica a farla ritrarre o avanzare, astenere o votare, al massimo posso far votare la mia, la tua, la sua… Cioè, come si decide – e chi lo fa – per far valere nella legge una specifica presunzione d’esistenza – se non votandola? E di conseguenza, come si può sottrarre – attraverso quali strumenti giuridici – questa materia a referendum – nel quale invece è compresa attualmente – se non con un’altra decisione? E come si prende quest’ultima?
    Mi pare, magari sbaglio, che a lei manchi un atto di imperio (infatti noto che non mi ha risposto sullo stato d’emergenza)

  39. Signor Bernardo,
    non dico affatto che Lei sia chiuso al dibattito. Dico che dimostra di avere idee così radicate sui radicali (almeno nelle materie in discussione: sul resto non so), prendendoli sempre ad esempio di tutto il peggio possibile (o quasi), che non provo a fargliene cambiare nemmeno una.
    Se vuole, sono io che sul punto sono chiuso. Cioè: rinuncio.
    P. S. (E per la 194: non mi pare di avere discusso del contenuto della legge, ma del fatto che è una legge su cui si vota, s’è votato, forse un giorno si tornerà a votare, ecc. ecc.).

  40. Mi scuso con tutti per gli eventuali fraintendimenti, purtroppo discutere via web non è immune dai vizi della discussione comune, anzi forse proprio la tentazione fortemente mimetica del mezzo finisce per esaltarli.
    Quale ragione dovrebbe ritrarsi in questo caso? Quella sociale, che si sostanzia nel diritto. Il diritto, cioè, dovrebbe assumere al suo interno una prudente presunzione d’esistenza. D’altra parte la presunzione d’innocenza, uno dei fondamenti del nostro processo, non è stata sottoposta a voto referendario ma è conseguenza logica di quello stesso ritrarsi a garanzia della coerenza strutturale del metodo di produzione delle norme.
    Culturalmente rifuggo da atti d’imperio, privilegiando il ragionamento, il confronto culturale e auspicando la minima eteronomia possibile dei principi fondamentali del diritto positivo.

    La saluto cordialmente,

    Bernardo

  41. Certo, caro Adinolfi, l’ho ben compresa. Posso solo dirle che, dopo essere stato molto vicino ai radicali, ho avuto modo di rilevarne l’inconsistenza culturale, la costante tentazione plebiscitaria (curiosa per dei sostenitori del maggioritario “secco” all’americana), nonché i consistenti riferimenti a una cultura scientista, laicista e intollerante di stampo liberale ottocentesco. Tutto ciò me li rende indigesti.
    Quanto alla 194, se lei discute del fatto “che è una legge su cui si vota, s’è votato, forse un giorno si tornerà a votare”, io le rispondo sostenendo che è una legge su cui non si doveva votare e su cui, quindi, non si dovrebbe tornare a farlo: la battaglia contro il presunto diritto all’aborto dev’essere portata avanti a livello internazionale in sedi e con modalità diverse da quelle utilizzate sino a oggi, mostrandone fino in fondo il pregiudizio ideologico che lo ispira e come esso confligga coi princìpi fondamentali del diritto positivo.

    Bernardo

  42. Godo della cortese disputa che per troppa lunghezza non ho avuto la possibilità di vedere per intero.

    Da quel che leggo nella proposta di discussione iniziale si criticava uno slogan.
    Secondo me non si è capito che non si può votare sulla vita perché non si può votare su un’evidenza: forse che ha senso votare per decidere se c’è vita o non c’è vita? forse che votiamo per decidere se il sole è in cielo o sotto terra? Ci sono delle evidenze, anche scientifiche, che non si possono sottoporre a voto. Sono evidenze e basta. Sull’evidenza non si vota: è solo sopraffazione del parere dei più forti contro i più deboli.
    Ecco perché per la vita non si vota; anche se l’hanno fatto i parlamentari, che in questo modo hanno voluto porre un limite alla sperimentazione selvaggia su donne e embrioni.
    I parlamentari hanno fatto il loro dovere, perché uno stato di diritto garantisce i diritti di tutti gli esseri umani (è nato per questo!) e se si accorge che c’è una violazione dei diritti fondamentali è suo dovere intervenire… altrimenti si torna alla legge del più forte.

    Credo sia questa la logica dello slogan per l’ASTENSIONE e ci si arriva, come nel mio caso, per ragionamento logico… non perchè non suona bene alle orecchie di qualcuno.

  43. gentili: il diritto non cade dal cielo, purtroppo, ma sta nei codici, che vengono regolarmente votati – o non votati – dai parlamenti sulla base, secondo me, non di evidenze assolute, ma di presunzioni condivise (che infatti possono modificarsi col tempo). Se tale condivisione non c’è, infatti, non c’è diritto.
    (o vogliamo parlare “dell’evidenza” – ma non evidente per alcuni – per cui due persone che si amano hanno il diritto di sposarsi?)

  44. Sono d’accordo, caro noproject. Cancelliamo dunque la “presunzione condivisa” che l’omicidio debba essere oggetto di sanzione penale, e avremo ottenuto piena coerenza metodologica rispetto alla 194 e alla pretesa di usare gli embrioni umani ai fini di ricerca scientifica.
    Finché tale cancellazione non avrà luogo, pensare di costruire il diritto non solo in base a presunzioni condivise di principio ma anche in base a presunzioni condivise di ordine metodologico mi pare solo un modo per negare qualsiasi attendibilità (e quindi rilievo) al diritto stesso.

    Bernardo

  45. Cara franci, l’unico contenuto di questo piccolo post che sta battendo ogni record di commenti su questo blog (il che mi preoccupa)è: se anche è un’evidenza quella che tu dici, non può valere una volta sì e una volta no, per questo sì e per quello no, quest’anno sì ma vent’anni fa no, e fra un paio d’anni chissà.
    Se anche.

  46. Egregio Bernardo,
    Lei si sente autore di omicidio o sterminio per il fatto di mangiare tre volte al giorno? Io di certo no.

    E’ stata data da qualcuno una dimostrazione del fatto che l’astensione dal cibo per una, due o tre volte al giorno da parte mia o anche dell’intera nazione italiana porterebbe al venir meno di omicidi o sterminii?
    Non mi risulta.

    Io non posso dare dell’omicida al medico che fa abortire un feto di 6 mesi e devo invece accettare di sentirmi definire omicida o sterminatore perché mangio (poco, tra l’altro: sono a dieta) tre volte al giorno?
    Ma scherziamo?

    Ciò dico per il caso il cui Lei, parlando di sterminio per fame, si riferisse a quanto scritto appena prima da noproject.

    La morte per fame non è omicidio, men che meno “legalizzato”, e considerarla tale non chiarisce alcunché nel dibattito. Anzi, confonde piani non omogenei, facendo perdere di forza al Suo richiamo ai “princìpi fondamentali del diritto positivo”.
    Friedrich

  47. bernardo, se fosse così semplice.
    se fosse evidente che l’aborto è “semplicemente” un omicidio, se ci fossero i margini, non pensa che qualche centinaio di giudici antiabortisti avrebbe già impugnato la legge presso la corte costituzionale? (credo si faccia così, non sono un espertone e posso sbagliarmi, ma insomma…). Invece se ne sta lì bella bella. Salvo che altri non facciano un’altra legge – votandola – che la smentisce (legge a sua volta sottoponibile a referendum, stanti le norme attuali che costituzionalmente disciplinano la materia del referendum).
    Mi sfugge perché le regole della democrazia vi appaiano così spregevoli…
    Queste “sedi internazionali” che lei invoca, pensa possano produrre diritto in barba ai principi di rappresentanza e maggioranza? In base a quale fonte di legittimazione? Basterà “mostrare l’evidenza”?
    (si noti che mai in questo dibattito ho inteso affermare una mia opinione nel merito delle questioni, dato che il merito, per come posto dal nostro ospite, è appunto il metodo)

  48. Gentile Friedrich, siamo naturalmente d’accordo: i piani sono diversi. Ho solo voluto riconoscere l’esistenza di un problema enorme, che è appunto quello della corretta distribuzione delle risorse e che, mi creda, non mi angustia meno, da un punto di vista etico.
    Al signor noproject voglio far rilevare che la legge sull’aborto si fonda sull’assunto indimostrabile (e tuttavia praticato) che l’embrione o, addirittura, il feto non abbiano diritto a tutela giuridica. Finché tale pregiudizio rimarrà intangibile non sarà possibile per nessun giudice antiabortista fare ciò che suggerisce lei. Smentire questo pregiudizio – anche se sostenuto dalla maggioranza – è la vera chiave di volta del probelma. Le assicuro che è cosa abbastanza semplice (credo, modestamente, di esserci riuscito), dal momento che basterebbe pretendere dal legislatore un’adeguata e coerente dimostrazione (dal momento che è lui ad affermare) e limitarsi a far crollare i presunti argomenti a favore uno dopo l’altro. Come le dicevo, stavo pensando a formule eclatanti come chiamare costoro a rispondere di falso ideologico, anche se confesso di essere ancora impegnato nell’approfondimento tecnico della questione.
    Una sola cosa è certa: davanti allo squallido sdrucciolare dell’aborto in una mera pratica contraccettiva – com’era ampiamente prevedibile – che deresponsabilizza le persone rispetto alla questioni della vita e della maternità, è necessaria un’azione decisa che vada oltre i fanatismi confessionali, dai quali mi sento distante, al fine di negare il pregidizio abortista solo ed esclusivamente in nome della ragione e del diritto.

    Bernardo

  49. utente anonimo

    Dunque, a chi si faceva domande su Pietro: Pietro non c’è, è a Casablanca. E comunque qui non voleva venirci, perché alla fine rispondere a tutto, praticamente, equivale a una seconda professione. 😉
    Posto che io eleggerei Adinolfi tra i filosofi della mia personale Res Publica (ecco, questa decisione sì che la lascerei alla “gente” e mi spiace solo averlo detto tardivamente pensando che fosse implicito), non mi si venga a tacciare di apologie del totalitarismo delle tecnoligarchie (come ha detto qualcuno).
    Constatare che Massimo sia una persona onesta, preparata, pacata, molto gentile e che non ha mai fatto uso nei suoi argomenti delle piccinerie demagogiche, anche se è di idee opposte alle mie, è un atto dovuto.
    La critica adinolfiana all’omelia di Ratzinger apparsa su Il Riformista è stata oggetto di acceso dibattito insieme a un gruppo di persone di varia cultura davanti a bicchieri colmi di Sassicaia, tuttavia, anche se in seguito a questo sono venuta a curiosare tra le tante parole che si dicevano qui, non ho sentito la necessità di intervenire nel merito, non avendo io strumenti filosofici o ermeneutici.
    La “sviolinata” (zuccherosa ma sincera) non è solo un doveroso tributo: se solo io mi fossi lanciata in disamine filosofiche sarei risultata una grossolana signora Pina in rozze pantofole.
    Ecco cosa volevo dire: il mio intervento infatti è partito solo laddove io sono in grado fornire degli argomenti, non pareri, ma argomenti suffragabili (la biologia).
    Qualcuno (mi pare noproject, ma non solo), nonostante mi abbia tacciata di fregole totalitaristiche, è arrivato a capire che non tutto è demandabile al “popolo” (in un secondo post), e ha fatto curiosamente menzione del diritto; quello stesso diritto, prima codex giustinianeo, poi rielaborato in nome dell’illuminismo dai giuristi napoleonici, che oggi ci connota come civiltà democratica: ebbene codesto diritto (totalitaristico? arbitrario? tirannico?) è stato formulato da addetti ai lavori e non dalle signore Pina.
    Io oggi sono ancora a dire per fortuna.

    Ecco, non chiediamo troppo alla gente, agli inconsapevoli: i brutti esiti delle sollecitazioni populistiche sono incubi che personalmente vorrei dimenticare.

    ;))
    Eloisa

  50. Cara Eloisa, io ti ringrazio. Ma qualche decina di commenti fa io mi limitavo a dirti: ne sai di biologia, metti il tuo sapere il più possibile a disposizione di coloro i quali sono chiamati a decidere. Lo hai fatto in questi commenti, più lo fai meglio è. Io, filosofeggiando, non sono il tecnico di nulla, ma sono ben consapevole che questo non mi autorizza a parlare di tutto.
    Ciao

  51. cara Eloisa, non mi pare di aver accusato qualcuno di fregole totalitaristiche (a parte una battuta iniziale, se qualcuno si è offeso mi spiace). Ho solo cercato di mostrare, argomentandolo, che la posizione che portavi (e in parte portava bernardo) era nel metodo – non nel contenuto, dato che l’argomento qui è il metodo – a mio modesto parere inapplicabile e inconsistente (e l’ultima nota che fai sul fatto che il diritto sia stato formulato nei secoli da esperti di diritto, di nuovo non coglie il punto della discussione, imo). Onestamente mi pare di averlo argomentato a sufficienza. Se non ti ho convinto pazienza, Me ne torno volentieri alle mie piccinerie demagogiche.

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