La verità, in effetti
Sull’onda delle ultime presunte rivelazioni sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini, Oggi l’Unità pubblica l’ultima, scandalosa intervista rilasciata dallo scrittore (in rete, la trovate qui e qui). Due brevi estratti:
"Non vi illudete. E voi siete, con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di questo ordine orrendo basato sull’idea di possedere e sull’idea di distruggere" […] "Per voi una cosa accade quando è cronaca, bella, fatta, impaginata, tagliata e intitolata. Ma cosa c’è sotto? Qui manca il chirurgo che ha il coraggio di esaminare il tessuto e di dire: signori, questo è cancro, non è un fatterello benigno".
Non so che dire: io trovo che il prezzo di queste parole sia l’ineffettualità. Ma forse la verità è ineffettuale. Però non basta, lo so, poiché dichiarare l’ineffettualità della verità prende l’effetto di una rinuncia. Proprio come del resto in Pasolini prende solo l’effetto di una denuncia. Per essere all’impossibile (impassibile) altezza della verità, bisogna denunciare la rinuncia, come pensa Pasolini, ma anche, forse, rinunciare alla denuncia.
I due movimenti insieme.