Archivi del giorno: Maggio 9, 2005

La verità, in effetti

Sull’onda delle ultime presunte rivelazioni sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini, Oggi l’Unità pubblica l’ultima, scandalosa intervista rilasciata dallo scrittore (in rete, la trovate qui e qui). Due brevi estratti:

"Non vi illudete. E voi siete, con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di questo ordine orrendo basato sull’idea di possedere e sull’idea di distruggere" […] "Per voi una cosa accade quando è cronaca, bella, fatta, impaginata, tagliata e intitolata. Ma cosa c’è sotto? Qui manca il chirurgo che ha il coraggio di esaminare il tessuto e di dire: signori, questo è cancro, non è un fatterello benigno".

Non so che dire: io trovo che il prezzo di queste parole sia l’ineffettualità. Ma forse la verità è ineffettuale. Però non basta, lo so, poiché dichiarare l’ineffettualità della verità prende l’effetto di una rinuncia. Proprio come del resto in Pasolini prende solo l’effetto di una denuncia. Per essere all’impossibile (impassibile) altezza della verità, bisogna denunciare la rinuncia, come pensa Pasolini, ma anche, forse, rinunciare alla denuncia.

I due movimenti insieme.

Auctoritas, non veritas

Thomas Reese, gesuita, direttore della rivista America, ha lasciato l’incarico. Si fanno ipotesi diverse su queste dimissioni. Io ovviamente non ne so nulla. i gesuiti sono anni che non se la passano bene, mi pare, ma chissà. Dalla cronaca del Corriere leggo però che Padre Reese:

"aveva scelto la linea delle «opinioni a confronto»: sui «casi disputati» pubblicava un intervento a favore e uno contro. Più volte dalla Congregazione per la dottrina e dallo stesso cardinale Ratzinger era venuto l’«avvertimento» che «quel metodo non era sufficiente», in quanto la rivista finiva con il mostrarsi «neutrale» anche su questioni nelle quali c’era una «presa di posizione impegnativa da parte del magistero»".

Mi pare giusto. Giusto, dico, che la rivista non si mantenesse neutrale su questioni sulle quali c’era (e c’è) una presa di posizione impegnativa da parte del magistero. Mi domando solo, in generale, se questo significa che bisogna aggiungere in calce all’opinione in linea con l’impegno magisteriale una nota, un asterisco che ne sanzioni correttezza e conformità con il richiamo all’autorità del magistero, o se invece all’affermazione di quella opinione non debbano bastare le ragioni con le quali essa veniva affermata. E’ perché le ragioni non bastano, che occorre la sanzione dell’autorità? E se bastano le ragioni, nella disputa di una questione, perché la sanzione dell’autorità?

Seconda pagina

Cartesio nelle viscere della vita, e pure la goccia è cartesiana.