Archivi del giorno: Maggio 25, 2005

Lasciatemi divertire

Che poi a Frosinone ci sono stato, mentre i colleghi, gli amati colleghi, si riunivanoper il consiglio di corso di laurea. Ci sono stato, a fare filosofia, e non semplicemente a parlare di filosofia, e ho  cominciato alle dieci e quaranta e ho finito solo quando il preside preoccupato è venuto a chiamarmi, all’una meno un quarto, perché i professori rivolevano gli studenti nelle loro aule, e questi se ne approfittano – dicono – ma io penso proprio che non stessero lì per approfittarsene, e chi veramente se ne approfittava ero io, che a loro chiesto quando non vi va interrompetemi, fatemi tacere, non ho neppure l’orologio, chiedetemi quel che volete, però non l’hanno fatto ma sono sicuro che non è stato perché così non stavano in classe: erano ragazzi di quinta, e a maggio non si interroga più, e in classe ci si sta senza problemi, eppoi io parlavo parlavo parlavo, e dovevo parlare di filosofia, mica di altro, e qualche giorno fa c’è andato un astronauta a faar pubblicità a non so quale corso, e allora io ho detto che la filosofia è considerazione, e sapete cosa c’è in una considerazione filosofica? Ci sono proprio loro, le stesse, sidera, e c’è la luna, e il filosofo è uno il quale la luna la tira giù nelle sue parole, come benigni e villaggio nel film di fellini, l’avete visto? No, male. Però dovevo parlare della libertà in Kant e in Hegel, e la professoressa mi guardava male, voleva che gli facessi il compitono: io! che gli facessi il compitino. E allora ho chiesto ai ragazzi volete il compitino? E loro no, e allora ho cercato di dire loro che altro è la filosofia altro la storia della filosofia, e sempre li avvisavo che i filosofi npon vanno mai presi alla lettera, e gli dicevo loro che se tornano a casa dalla mamma a dire che l’essere non può non essere, pensa tu quel grand’uomo di Parmenide, la mamma ride e fa bene a ridere e pensa guarda tu questi cosa insegnano, ma Parmenide non si insegna mica così, e l’essere non è mica questa trivialità, e l’origine mica è roba da eruditi o da filologi o da archeologi, perché l’origine è ora e se non vi mostro quanto parmenide e platone c’è nel mondo e nelle vostre teste non serve a nulla. E certo c’è anche Kant, perché volete che vi parli di Kant e della libertà. La libertà! Che bei paroloni che usa la filosofia, ma se volete sapere se avete un’attitudine filosofica mettelea così, mettetevi di fronte alla domanda che cos’è una cosa e pensate che avrete per tutta la vita davanti questa domanda, mica da dove veniamo e dove andiamo, perché a questo serve la filosofia a pensare la cosa, che cos’è una cosa, però siccome sono uomo di vaste e meditate letture adesso vi dico un po’ che cosa pensano della filosofia dieci filosofi sui giornali, su Io Donna, che credete?, e così vedete un po’ a cosa serve. E io le definizioni le ho lette, e le ho fatte a pezzi, e poi ho detto che la mia lì’avrei data solo in assenza di colleghi, perché tanto la profesoressa se n’era già andata, brava donna, e rimaneva un collaboratore del preside, che mi ha chiesto se doveva andar via, e hio gli ho detto sì, però no, sto scherzando, resti pure tanto la definizione non la dò, eppoi l’ho detto ai ragazzi che non vanni presi sul serio i filosofi, e che se questa è filosofia non lo è certo per le cose che dico, per il contenuto proposizionale, peri concetti o le idee ma per l’eserrcizio che vengono compiendo, ed è cosa difficile perché il filosofo è anche mago incantatore e sofista, lo diceva pure Platone di Socrate, e la parola è una grande seduttrice, e adesso vedrete quel che vi combino.

Ma veniamo a Kant, ho detto, dopo un sorso d’acqua, e alla libertà. Perché volete sapere che cos’è la libertà? sapete che i filosofi mica rispondono alle domande, avete visto che figura hanno fatto a rispondere alla domanda del giornale, e com’è ridicolo mettere in fila dieci risposte diverse, che mica dieci biologi danno dieci risposte diverse tra loro, però un’aria di famiglia circolava, ma che cos’è quest’aria, e come la si respira, e perché dovremmo respirarla adesso; forse perché vi faccio vedere qual è il gioco della domanda, quale sapere suppone la domanda, e come il filosofo si chieda sempre cosa vuole la domanda, perché non si domanda mica solo per domandare ma anche per piacere e non solo per sapere, e mia figlia rispondeva alle domande chiedendosi cosa vuole papà che io risponda, e dimostrava di saperla molto più lunga di tanti che si lasciano incantare dalle domande e non si chiedono cosa comporta la domanda, e allora cosa comporta la domanda sulla libertà, e che cosa veramente vogliamo noi sapere quando domandiamo sulla libertà? Ah beh, pensate voi, se siamo liberi o no. Eh già, dico io, l’ho fatto così lunga accumulando preliminari su preliminari (ma in filosofia e non solo in filosofia i preliminari sono importanti, se non li si indossa non si desidera più andare avanti verso la cosa stessa, benché poi non siano la cosa stessa) ma insomma ora vi dò finalmente una risposta bvuona a quel che veramente volete sapere. Perché voi volete sapere se siete liberi o no, e allora io   ve lo dico come stanno le cose: no, non siete liberi, mi dispiace, proprio non lo siete, e io non sono libero di non dirvi quel che vidico, e quel che ora farete lo farete perché lo dovete fare e se non lo fate sarà perché non dovete farlo, e non si scappa e tutto è così, che voi non siete liberi.

Sì vabbe’, mmi dite adesso, ma non ne sappiamo forse quanto prima? E cosa cambia per noi che sappiamo che non siamo liberi? Stasera al cinam ci andiamo o no? Ed è vero, ragazzi miei, avete ragione: non cambia assolutamente nulola, che siate liberi o meno non cambia assolutamente nulla, perché non è in questo sapere che ne va di voi stessi, e anche se questo sapere ce l’avete tutto e definitivamente, non sarete progrediti di un grammo sulla via della salvezza. Però scusate, ho detto, ora esagero, ma almeno mi riesce di infilarci dentro una parolina kantiana. Perché cosa è quel dovere che vate appena adesso sentito risuioonare? NOn è mica il dovere morale, è la necessità naturale, deterministica, e allora vedete che a Kant ci siamo arrivati?, e vedete per quale via ci siamo arrivati, da quale parte, da una parte che non vi aspettavate, perché voi vi aspettavate che io venivo qui a dirvi dei fenomeni e dei noumeni, delle intuizioni e dei concetti, e di tutta quella straordinaria macchina che è il soggetto trascendentale. Ma a me non me ne può fregare di meno del soggetto trascendentale, a me interessa rispondere alla domanda di chi pensa che sì, vabbe’, Kant l’ha apparecchiata così, la tavola, con il soggetto trascendentale, ma se io non ci credo, se non lo vedo, e c’è un filoosofo che dice che c’è questo benedetto soggetto? E a questo studente che io dico ragazzo mio, butta pure a mare tutto il soggetto trascendentale, ma vedi che non è per un trucco, quello di mettere braghe trascendentali al mondo, che rimane lo spazio per la questione della libertà e i problemi morali e religiosi. E no, non è solo un trucco di Kant, perché ci siamo arrivati pure noi, e ci siamo arrivati senza il soggetto trascendentale, abbiamo detto che se pure non siamo liberi e facciamo solo quello che non possiamo non fare, ci rimane sempre un: e mnmo’? un embé? che è il problema morale, che siamo noi che siamo noi stessi.ù

E allora giù a parlare dell’incomprensibile della libertà che noi siamo, e del fatto che qui non si cela nessun mistero, che npon è perché siamo finiti che la libertà è un mistero e non la possiamo comprendere. E allora giù a citare l’ultima pagina della Fondazione della metafisica dei costumi e la necessità soggettiva dell’incomprensibilità della libertà. E allora giù a spiegare che neppure Dio ci vede più chiaro con la questione della libertà, perché la distnza dalla comprensibilità della libertà oiin cui siamo non ha nulla di difettivo e ci ostituisce come quello che siamo.

Epperò non basta, ho detto poi, perché adesso vediamo che cosa sarebbe questa libertà. E allora mentre mancava il tempo e il professore fremeva sulla sedia e a me non importava assolutamente dei suoi fremiti e che fremesse pure, perché intanto fremevano pure i ragazzi, e si allungavano avanti, e appuntivano gli occhi, e ridevano se scherzavo con Dio in cattedra a far l’esame e le fiamme dell’inferno da un lato, e allora voglio vedere quanti siete liberi, però poi si facevano seri quando continuavo, quando riprendevo, e dicevo infine: sapete che c’è: mi sono sbagliato? Siamo liberi, e allora ho tracciato alla lavagna una linea e il bivio di Eracle, e loro hanno capito subito che quel disegno disegnava ben altro, che quella V significava ben altro., e quel puntino che doveva salire per la V era ben altro che un puntino, e allora se l’hanno capito hanno capito subito dove volevo andare a parare e per quale via arrivare pure a Hegel. Perché la scelta al bivio vuole un sapere, mi dovete dare un sapere, ho detto per riallacciarmi ancora a Kant, e ho spiegato loro che razza di sapere e di ragione mi dovessero dare, e perché quella ragione doveva essere assoluta e incondizionata e perché non bastano gli imperativi ipotetici e i consigli della prudenza e della tecnica, e loro hanno capito subito anche questo, e hanno capito che solo l’imperativo categorico mette a tacere l’embé?, lo e mo’? E appena hanno capito questo, io ho mostrato pure quale prepotenza e quale soperchieria ci sia in questo sapere e in questa legge morale, in questo imperativo categorico, che mette a tacere l’embè, solo perché ti dice che devi perché devi, e questo sarebbe il massimo della razionalità, questa sarebbe la ragion pura pratica? E loro hanno vacillato e più vacillavano e più io rincaravo la dose, e allora ho detto quale ginepraio è la libertà, quale ginepraio siamo noi, ma non è che ho detto solo questo, e non volevo mica farla così facile, perché c’era ancora da far vedere vermanete la Y, e mancava tempo, e c’era il professore che mi dava fretta, e allora ho dovuto far vedere che pure il’imperativo kantiano un contenuto ce l’ha, e dov’è quel contenuto, e come appena ci trovi un contenuto l’assolutezza vacilla, e come l’imperativo dica che devi se sei un uomo e se vuoi considerarti e porti uomo come tutti, ma allora ritornano in forza tutte le domande, e tutti gli embè, perché cos’è l’uomo dov’è l’uomo, com’è fatto l’uomo che domanda così come domanda, e allora ad Hegel ci siamo quasi, perbacco. Perché Hegel è questo, ho detto, e ho cominciato da un bicchiere per far vedere che dentro un bicchiere non c’è mica solo l’acqua, e dentro l’imperativo non c’è mica solo l’universalità della legge (ma la ricordate, la legge? Ah, ma mica ho detto che non dovete saperle queste cose, mica ho detto questo, ho detto anzi non mi prendete sul serio, non mi prendete alla lettera, e se vengo io a farvi l’esame voglio tutte e 12 le categorie, ho detto), e poi ho ripreso a mostrargli un mondo in un bicchiere, e un mondo pure nella legge.

Basta professore, mi ha detto il preside che è arrivato,saranno stanchi. Nooo! è stato il coro, e allora io ho deto che va bene smettevo, ancora cinque minuti, per dare una parvenza di conclusione a questo discorso e spiegare che Hegel te lo mostra come si costituisce l’umanità dell’uomo, il chi è della legge, e voi qualche figura la conoscete della Fenomenologia, non dico tutte, e loro sì, signoria e servitù, e sapete dove mettere la fenomenologia dello spirito, come incasellarla, da che parte prenderla, e loro non lo sapevano e io ho mostrato che non è eper caso che non lo sapevano. Però ora vi mostro questa cosa della lotta per la vita e per la morte e ho detto loro che quelle pagine parlano degli automobilisti che tengono la pistola nel cruscotto e che per un nulla si sparano, e quel nulla è il punto d’onore con cui l’uomo fa getto della propria vita e afferma la propria libertà, ed è quel punto d’onore che Kant dchiama il valore che non ha prezzo, e allora vedete: o la filosofia spiega perché gli automobilisti si incazzano come bestie oppure non serve a nulla, se proprio volete sapere, e Hegel altro che filosofia idealista: Hegel leggeva il giornale e dava il suo bravo sguardo in ciò che è. Ma il tempo stringeva e allora ho detto brevemente della vita e del desiderio (c’era la Y da spiegare), ma proprio di volo, e ora dobbiamo proprio andare, però torno tutte le volte che volete.

E sono uscito, e ho pensato sono sicuro che non ho incendiato il mondo ma qualche testa sì, e ho incendiato anzitutto la mia testa, e mi sono messo a cantare a squarciagola no però a mezza voce, mentre scendevo a prendere la macchina e pensavo che bellezza i ragazzi, e com’è brutta, com’è orrendo il mio corso, no, non il mio corso, e certi coleghi, e io questo lo faccio per portare a questi colleghi le anime di questi ragazzi, e io sono stufo di non dire a questi colleghi quanto mi intristiscono, quanto mi intristiscono, e mentre lo pensavo non ero più felice ed entusiasta ma quasi in lacrime, non entusiasta e felice ma quasi in lacrime per l’enormità dell’ingiustizia, per l’assurdità di questa mia università, che pare fatta apposta per togliermi ogni entusiasmo, per uccidere il demone della filosofia, per decretarne l’irrilevanza, l’insignificanza, perché tutti quanti se ne fregano di questa cosa che è la filosofia. E ho pensato che dovrei chiedere di andare io in tutti i licei della provincia a dire che cos’è la filosofia – però hai ragazzi l’ho detto, non crediate: vi annoierete anche, tutta la vita a pensare che cos’è una cosa, e poi i libri, e lì ritroverete anche i manuali.

Però qualche testa l’ho incendiata, e ho incendiato la mia, e mi sono messo a scrivere questa cosa invece di andare a mangiare, e pora è tardi per mangiare, però ora mangio un boccone, poi mi metto in macchina, e torno a casa, da quegli straordinari gioielli che sono i miei figli. E mia moglie, ma sì: ci metto pure mia moglie. Stasera sono a casa, giocherò come un pazzo come al solito coi miei figli, mentre dentro ancora brucia la voglia di consumare tutti i libri del mondo.

P. S. Ci saranno errori di battitura, eh sì.

Il nuovo corso del corso

Oggi sono a Frosinone, al Liceo Turriziani, ore 10.30, per una lezione sulla libertà in Kant e in Hegel. Il Corso di laurea prova così a raccattare studenti nei licei della zona, prima di rassegnarsi alla scomparsa della specie filosofica