Il primo capoverso contiene una polemica inutile contro l’ignoranza dei cittadini italiani chiamati a votare sui referendum, quando ignorano il significato di parole come ovocita e blastocisti. Argomento conservatore quant’altri mai, può essere utilizzato contro la democrazia parlamentare, perché è da dubitare che la maggioranza dei parlamentari abbia votato sapendo cosa significa ovocita. Come conseguenza: che votino solo gli scienziati su una materia come questa (il risultato? Scontato: vincerebbero i sì).
Ma il capoverso contiene anche una sciocca polemica su libertà e licenza. Ci vogliono i limiti. E chi dice il contrario? Ma chi e come i limiti si mettono è il problema. Io un candidato ce l’avrei: me stesso (visto che la Fallaci cita la Repubblica, dove i re-filosofi ci fanno la loro figura): è d’accordo l’intrepida giornalista?
Nel secondo paragrafo si comincia con una bugia: nessuno promette di guarire, molti vorrebbero promettere di cercare di guarire; si prosegue con un po’ di qualunquismo (il business dell’industria farmaceutica sta dietro parecchi rami della medicina, o riguarda solo la fecondazione? E che facciamo, vietiamo i farmaci e le ecografie perché l’industria se ne approfitta?), si insiste senza vergogna sul proposito di “sostituirsi alla Natura”: sacrilegio, sacrilegio! Io proporrei per scienziati e medici tutti (pure per chi applica protesi e fa trapianti: quale sostituzione è più sostituzione di queste?) di legarli tutti ad una rupe, e di mandare un’aquila a rodere il loro fegato. (L’hanno pensata già, vero?)
Il progetto, spiega comunque la Fallaci sempre nel corso di questo paragrafo, è “reinventare l’Uomo in laboratorio”, e la cosa le ricorda “l’eugenetica nazista”. Come no? La Fallaci è una che le cose te le dice chiare. E perché non ci siano dubbi, paragona gli Istituti di Ricerca ai campi di sterminio: “il discorso non cambia”. (Giovanardi è un agnellino, al confronto). Poiché però non so che obiettare a stupidaggini simili, la cui forza argomentativa poggia su un malinconico ‘mi tornano in mente’ (sicché, verrebbe voglia di dire, è un problema della tua mente, quel che le torna in), mi piace sottolineare la chiusura del paragrafo: “Non a caso, otto anni fa […] dissi”. Antivedente Fallaci, l’autocitazione come argomento è splendida.
Terzo capoverso. Gigantesco cleuasmo iniziale: mi si dirà che quando dico si torna al nazismo sono ecc. ecc. Non è che siccome te lo dici da te, cara Fallaci, lo sei di meno. Si nota peraltro, nel paragrafo, il vezzo di legare le parole con il trattino: si-torna-al-nazismo. Ora che la Fallaci scandisce con forza, l’argomento è di sicuro più forte! Però qui la Fallaci argomenta davvero: che ne sappiamo noi di cosa passa per la testa di un embrione? Ci vuole il cervello per pensare ed essere umani? Bene, e se l’embrione ce l’ha e noi non lo acchiappiamo con le nostre attuali conoscenze e strumentazioni? Già! Come non averci pensato: e se il computer ha un’anima, se l’albero pensa? Precauzione, precauzione! In dubio pro embrione (pro pianta, pro cavalluccio a legno, ecc. ecc.)
Quarto capoverso. L’embrione di un cane è un cane, signori miei. L’embrione di un elefante è un elefante: piccolino, ma elefante. Se mi curassero con cellule staminali embrionali mi parrebbe di essere medea che divora i suoi figli. Io ero partito con l’idea di fare le pulci, ma a questo non ci arrivavo! All’infanticidio non ci arrivavo. Oggi sento che una madre ha ucciso i suoi figli appena nati e li ha messi in frigo. Sarebbe un grande progresso morale, secondo il Fallaci-pensiero (mi i perdoni l’eufemismo), se provassimo lo stesso orrore per l’utilizzo di cellule staminali embrionali. Ma si può?
(Dimenticavo l’embrione di elefante, che stupidamente continuiamo a chiama embrione di elefante quando quello, spiega la Fallaci, è un elefante a tutti gli effetti. Solo che non ha le orecchie, non barrisce, non solleva tronchi e non beve e non mangia foglie. Diventerà un elefante?, e che vuol dire? Quel divenire è tutto implicato fin d’ora nell’embrione, dunque conta zero. Nell’embrione, ben implicati, ci sono storia linguaggio morale religione politica, ecc. ecc. (I quali dunque contano zero pure loro). Neanche i Pre-cog di Dick sono capaci di tanto.
Quinto capoverso. Non mi importa se mi insulteranno. Nuova prolessi. Questa donna campa con le prolessi e i cleuasmi e pensa che così possa dire qualunque cosa (sarò retrograda, ma…: ebbene sì, lo sei!). In questo capoverso, capita alla Fallaci di “sentirsi sola come un embrione”, come una particella di sodio nell’acqua Lete, verrebbe voglia di chiosare. Il progresso, ma quale progresso? Qui (sono sicura che basti) lascio la parola ad Agenore (Agenore, il padre di Wendy: non ricordate
la canzone di Bennato?).
Sesto capoverso. La scienza piace anche a me: oh sì (ma che gentile concessione, dopo che ha parlato di nazismo e orrori vari); il progresso piace anche a me: oh sì. Però “è come un fuoco”. Ma va? Viene il sospetto che abbia letto il Prometeo (lei è temporaneamente nella parte di Zeus).
La scienza? Delirio di onnipotenza senza scrupoli, volontà di sostituirsi alla Natura (questa madre generosa e buona, questo Paradiso terrestre). Del resto: “non fu un chirurgo a inventare la ghigliottina?” Ma tu guarda: che cattivone, questo Guillottin! Non fosse per lui, quante teste sarebbero rimaste al loro posto! (Magari strozzate per il collo, ma questo è un altro discorso). La scienza? “Per ogni Pasteur ci regala un Mengele”: fatevi un po’ i conti!!!
E allora, il capoverso conclude con dolcezza: la scienza non ha un ‘etica, calpesta i diritti umani, non ha scrupoli: ci vuole l’ETICA (Che ce l’abbiamo a fare il Papa?)
L’ETICA (settimo capoverso): il bene, il male! Pazienza che per secoli appelli all’etica e al bene degli uomini (degli altri uomini) han fatto i peggiori disastri, ma ora è la Fallaci che fa appello all’Etica, e e questo, signori miei, cambia tutto. L’Etica, oh l’etica! Non la bioetica che è sempre troppo disposta a compromessi (magari! magari!) e “si cala le braghe”.
E così finisce, l’articolo della Fallaci. Un torrente di parole per dire che dall’embrione nascerà l’uomo quindi, fa niente che nascerà, l’embrione è già un uomo. Per dire che la scienza non va divinizzata, e per demonizzarla nel frattempo. E per non dire nient’altro: per far credere che solo lei, la Fallaci (e il Papa, fortunatamente: ricordate Scognamiglio, e il signore vestito di bianco accanto a lui?) sa dire pane al pane e vino al vino. E se qualcuno le rivolge una critica, Lei ha già parato il colpo, perché ha scritto ottocentocinquanta volte che passerà pure per retrograda, reazionaria, anti-illuminista: e siccome l’ha scritto, e siccome lei è fiera e indipendente, può dire quel che vuole, è la bocca della verità, è Cassandra.
Andiamo al coltivare il giardino, che è meglio.