Archivi del giorno: giugno 7, 2005

Sette capoversi e un'aria limpida

Il primo capoverso è stato scritto pensando a E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale.
   Il secondo capoverso pensando a L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus.
   Il terzo capoverso pensando a M. Heidegger, Essere e tempo.
   Il quarto capoverso pensando a E. Levinas, Totalità e infinito.
   Il quinto capoverso pensando a J. L. Nancy, Hegel e l’inquietudine del negativo e a C. Sini, L’origine del significato.
   Il sesto capoverso contiene una contraffazione maccheronica della conclusione del Parmenide di Platone.
   Il settimo capoverso utilizza un pensiero di Wittgenstein, ma mi piacerebbe che qualcuno vi scorgesse al fondo le parole di un santo, e di uno scomunicato. Modus diligendi, sine modo diligere (il santo); Nemo potest Deo odio habere (lo scomunicato).

(I capoversi li trovate su sacripante! Ringrazio Herr Effe per avermi invitato a contribuire al quarto numero della rivista. Spero, in mezzo a cotanto senso, di non aver sfigurato)

Io e il Papa la pensiamo uguale

E’ bello, per una volta, essere d’accordo col Papa! Ratzinger ha detto che «nell’uomo e nella donna la paternità e la maternità, come il corpo e come l’amore, non si lasciano circoscrivere nel biologico: la vita viene data interamente solo quando con la nascita vengono dati anche l’amore e il senso che rendono possibile dire sì a questa vita» (vedi iI Corriere)
Con la nascita! La vita (la vita umana, suppongo; e poiché è difficile trovare il referente biologico per “l’amore” e per “il senso”, devo supporre che Ratzinger si riferisse alla vita che per essere umana non è vita meramente biologica) la vita viene data “interamente” solo con la nascita.
Con la nascita.
(Il discorso di Ratzinger spiega poi meglio cosa è uomo: è amore, è connessione indissolubile di spirito e corpo, è ben più di ciò che è solo biologico, è essere persona, e della persona è parte integrante la sessualità, e il tempo, perché la totalità dell’uomo "include la dimensione del tempo". Tutte cose che nell’embrione stanno un po’ strette, in effetti).
P. S. Ma Benedetto XVI è Benedetto XVI, e dunque non può non prendersela con la minaccia del relativismo, e qui riaffermare "l’intangibilità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale". Eh sì, mi devo accontentare)

Assoluti

Filippo La porta scrive sul Corriere del Mezzogiorno (ripreso da Nazione Indiana, questo bell’articolo sulla ‘bella giornata’ di La Capria per chiedersi che ne è nell’ultima leva di scrittori di Napoli e dintorni (io sto intorno, di qui il mio interesse). Piero Sorrentino raccoglie qualche parere (in mezzo a molti dinieghi), e io resto stupefatto. Perché l’articolo di La Porta può non piacere, ma le risposte di De Silva e Braucci semplicemente parlano d’altro (oltre ad essere piuttosto banali e liquidatorie). E pure quella di Franco Arminio, quando per esempio dice che si scrive "non per la bella giornata ma per salvare le brutte giornate…": ma che c’entra? La ‘bella giornata’ è il nome di un’esperienza assoluta che manca: – in essa si sente che "il passato è irrimediabilmente passato e nello stesso istante è irrimediabilmente presente, fa parte di un presente che non avrebbe senso senza quella mancanza…” -. La domanda è: c’è qualcosa del genere nell’ultima leva di scrittori? Che non vi sia qualcosa del genere, un "potente mito originario", "assoluto, struggente, esclusivo", anzi: che non si senta la mancanza di qualcosa del genere, significa qualcosa oppure no?

(Ovviamente, la mia considerazione non tiene conto delle suscettibilità di alcuno).

Heidegger e il nazismo

Dalla Francia un collega ha avuto la cortesia di recare ai colleghi heideggeriani o para-hideggeriani di Cassino questo libro qui. Il quale grosso libro per ora resta dove sta, cioè sulla scrivania, perché il tempo di leggerlo non c’è. Solo ora però mi accorgo di quale putiferio stia scatenando. In Italia, ne ha parlato il Corriere. In Francia, questo sito raccoglie qualche testo per rispondere alla diffamazione. Per ora, il tempo di leggerli non c’è. Sicché non mi resta che procedere all’ingrosso. Cioé, grosso modo, con un né…né: né la cosa è irrilevante, né è l’unica decisiva. Heidegger è (stato) nazista; Essere e tempo non è un libro nazista. Bisogna però dire di più, perché relegare il nazismo di Heidegger nella dimensione biografica è fare un torto alla (sua) filosofia, ed è – mi pare – un’operazione sbagliata quanto quella di considerare il nazismo un’anomalia, un malinteso, un incidente. Ha ragione invece Lévinas, la filosofia occidentale non s’era posta abbastanza al sicuro dalla possibilità che vi allignasse il Male. Dire di più significa riconoscere un legame più stretto fra la tradizione filosofica del pensiero (ma ovviamente non solo quella) e certi esiti dell’ideologia nazional-socialista (e ovviamente non solo quelli). Ciò però non significa che Essere e tempo  (ma anche il resto della produzione filosofica di Heidegger) perda o debba perdere quel rilievo filosofico eccezionale che ha. Significa invece che più grande è la responsabilità del pensiero e consegna alla filosofia il problema se e come essa possa davvero porsi al sicuro dalla possibilità del male.