Archivi del giorno: giugno 15, 2005

Quello che/5

Vedo che i vincitori (quelli che si sono astenuti domenica e lunedì, e soprattutto quelli che pensano e scrivono e dicono, sui giornali e nella blogosfera: abbiamo vinto) insistono su un punto: che i referendari non hanno solo perso (il che è fuori discussione): non hanno capito la realtà del Paese. A contorno: non hanno capito la realtà del paese perché intellettuali aristocratici, radical chic ecc. ecc.; non hanno capito la realtà del Paese e giudicano tutti gli altri retrivi-bigotti-clericali-ignoranti ecc. ecc.

Ora, io non ho capito la realtà del Paese (se ‘capire la realtà del Paese’ significa: prevedere una sconfitta di simili proporzioni). Poco grave: non sono un leader politico. Mi domando, però: se l’avessi capita, avrei cambiato idea su embrione, fecondazione, ricerca scientifica e quant’altro? No. (Chi ha vinto, aspettava forse il voto di domenica e lunedì per sapere se doveva cambiare idea?).

Quanto poi al contorno, prego tutti coloro che servono il piatto di riferire i loro argomenti agli altri paesi europei, nei quali non vige una legge paragonabile alla legge 40. (Non sarebbe preferibile usare, almeno per il merito delle questioni, argomenti che possano valere anche al di là delle Alpi?).

 

Quello che/4

Grazie a Filippo Facci, apprendo che il Paese reale, che i referendari non hanno capito, è "la mite e bella Italia cattolica di Radio Maria, dei pellegrinaggi a Loreto e dei rosari, quella cioè che ha vinto" (parole di Antonio Socci citato da Facci, non di Facci). Non discuto mitezza e bellezza, e neppure – men che meno – il cattolicesimo. Ma poiché quello che penso è che dopo il 12 e 13 giugno l’Italia è un po meno laica, mi limito a osservare che un Paese che può essere descritto come lo descrive Socci è un po’ meno laico del Paese che piace a me. (Non ho detto un Paese che è come lo descrive Socci, ma un Paese che all’indomani di un referendum può essere descritto come lo descrive Socci, un Paese in cui a torto o a ragione hanno corso queste descrizioni: non, chessò io, nella storia della religiosità in Italia – che ha il mio infinito rispetto – ma a commento di una consultazione elettorale).

Quello che/3 (a prescindere)

L’intervista di Cacciari già linkata sotto contiene anche altri giudizi interessanti, sul versante di quel che sarebbe da fare:
“Sulle questioni di frontiera, dove si mescolano le dimensioni politica, etica, religiosa e addirittura [perché addirittura?] la coscienza di ciascuno, usiamo, quorum ego, un linguaggio vecchio, datato”
D’accordo. Io, per me, faccio quello che posso. Ma comunque. Poi però Cacciari ne trae questa esemplificazione:
“Noi cerchiamo di far ragionare sulla lettera della legge. Loro fanno il contrario”.
E qui sono un po’ meno d’accordo. Ovvero: non mi dispiacerebbe che anche col ‘nuovo’ linguaggio si curasse la lettera, e che si fosse tutti il più lineari possibili.
Però, ripeto, d’accordo su ciò che Cacciari vuol dire in sostanza. E cioè: un po’ più di passione, un po’ più di convinzione:
“Le vecchie ideologie sono finte e noi abbiamo pensato che fosse suonata l’ora anche per le convinzioni politiche. Invece il problema è trovare nuove idealità […]. Guardiamo Zapatero. Non c’è dubbio, è riuscito a dare l’immagine di un uomo che ha alcune sue convinzioni politiche. A prescindere dai giudizi sulle sue scelte, è un leader nuovo che appare mosso da convinzioni profonde e va dritto”.
Dicevo infatti: linearità. E allora io non prescinderei. Ecco, caro Cacciari, se vogliamo andar dritti, cominciamo a non prescindere.

Quello che/2

“Il patriarca della mia città, Angelo Scola, non ha mai parlato del merito della norma sulla procreazione assistita. Mai”
Capisco. Sul Leftwing ho scritto: il rifiuto di distinguere.
“Io vedo un solo vincitore: Ruini”
Sono d’accordo con Cacciari. Su Leftwing ho scritto che l’Italia è un po’ meno laica.
Questa cosa ha suscitato perplessità. Allora io domando a quanti non pensano che sia così di non farmi ampi discorsi su laicità e laicismo, su astensione attiva o passiva, su maturità e immaturità, civismo e inciviltà, e di dirmi semplicemente in quali ipotetiche circostanze spenderebbero il giudizio che ho speso io su Leftwing per l’Italia dopo il 12 e 13 giugno. Il compito che vi assegno è dunque: l’Italia sarebbe un po’ meno laica se… (se ci fosse l’obbligo domenicale della messa? se ci fosse per legge il divieto di divorziare? se il cattolicesimo fosse religione di Stato? Ma io ho solo detto: un po’ meno laica). E nel vostro ideale Paese laico, ammesso che sia un ideale (lo è?), è augurabile che i vescovi invitino all’astensione: sì o no? Se l’unico vincitore di una consultazione referendaria è il Presidente della Cei, si può sospettare che non è la vittoria di un laico spirito pubblico? Nella mia non ideale frazione di Baronissi, si volantinava pure dentro la Chiesa: è un po’ meno laica la mia frazione, o no? Come deve diventare, la mia frazione (16 votanti alle ore 11.00 di domenica nella mia sezione, su oltre 680 aventi diritto) perché io possa dire un po’ meno laica? Vi deve essere l’obbligo del catechismo per i bimbi, il servizio civile obbligatorio in canonica??