Conosco molto poco Raimundo Panikkar, e me ne spiace. L’articolo apparso su Il manifesto (e letto grazie a articoli filosofici) fa venire voglia di conoscerlo un po’ di più. Vi si trova fra l’altro: un’idea del mistico purificata dall’idea dell’oltrepassamento di questo mondo in direzione di un altro mondo, e purificata anche (cosa più difficile) da un’idea ‘ascendente’ della realtà; un riorientamento verso il basso, l’attenzione al ‘modo materiale’ di essere delle cose; l’a-dualità come condizione della verità fuori dal regime delle dicotomie della metafisica; il tentativo di pensare oltre l’identità e la differenza, in una contingenza radicale, in una "gigantesca esitazione".
Pensiero ostico, in tempi in cui il pensiero religioso pensa di potersi accreditare di contro al mondo solo sotto il segno del tragico, delle insufficienze del finito. E invece qui si insegue il riflesso di "una vita priva di paura, lieta, che non fa tragedie (anche se esposta al dolore)". Meditatio vitae, non melete thanatou.
(P. S. prima che lo dica l’arguto e macerante dhalgren: sono pronto per Mirabilandia)