Archivi del giorno: giugno 28, 2005

Una democrazia liberale moderna

"Questa legge non toglie diritti a nessuno, ma finalmente riconosce dignità agli omosessuali. Questa legge, appoggiata dalla maggioranza dei cittadini, della politica e del parlamento, è il simbolo di ciò che deve essere una democrazia moderna". Così J. L. Zapatero. Per la prima affermazione, se vera, si direbbe che la legge sui matrimoni gay è una legge liberale. Per la seconda affermazione, se vera, si direbbe che la legge sui matrimoni gay è democratica. A rincalzo: "…aggiunge senza togliere. La nuova legge implicherà un allargamento del diritto che ha ogni essere umano di scegliere liberamente il cammino della sua vita e la ricerca della propria felicità". Certo, rimane profondamente (anzi: intrinsecamente) ingiusta e sbagliata, immorale e anticattolica. Ma bisogna pur scegliere.

Bartleby

Ho ripreso Melville, Bartleby lo scrivano (vedi qui). La ragione è la sequenza costituita da: 1. la richiesta dell’avvocato, il datore di lavoro di Bartleby (per esempio: “fate un salto all’ufficio postale e vedete se v’è qualcosa per me”); 2. la risposta di Bartleby: (“avrei preferenza di no”, nella traduzione di Celati, I would prefer not to); 3. l’interpretazione dell’avvocato della risposta di Bartleby nei termini di una negazione: (“non volete andarci?); 4. il rifiuto di questa interpretazione, che però non prende forma negativa (tipo: ‘non ho detto che non voglio andarci’). Bartleby si limita infatti a ripetere: “avrei preferenza di no”, come se ‘avrei preferenza di no’ non significasse che egli non vuole andare. Ma la differenza fra la preferenza di Bartleby e la pura e semplice negazione è del tutto priva di effetto: Bartleby non va effettivamente all’ufficio postale. Dunque l’interpretazione dell’avvocato è, sotto quest’aspetto, corretta. Epperò Bartleby non dice neppure: ‘è così: non voglio andarci’. Viene con ciò mantenuta una differenza tra ‘preferenza di non’ e negazione che rimane a tutti gli effetti indifferente.
(Che questo sia il punto è peraltro segnalato per me dal fatto che già qui l’avvocato trae la “conclusione dell’intera vicenda”, che cioè lo scrivano “si sarebbe rifiutato e basta”, o meglio: non già dal fatto di questa conclusione, ma dal fatto che essa non metta per nulla fine al racconto, che anzi si può dire abbia qui inizio. Il racconto inizia con la scoperta che la ‘preferenza di non’ di Bartleby non può essere trattata come un “rifiuto e basta”).
Che roba poi sia l’irragionevole differenza indifferente di Bartleby, se vi sia lì qualcosa, o piuttosto nulla, o se, come dice Agamben (Bartleby. La formula della creazione), non sia in gioco proprio questo ‘piuttosto’, è ben difficile a dirsi.

Ad sestam

Giuro che non mi ero accorto che c’è una sesta domanda. La quale dice: chi vorresti essere se dovessi rinascere. Francamente, non ho idea. Forse chiunque, purché mi si lascino alcune cose (certi affetti, certi libri, certi luoghi).