Archivi del giorno: giugno 30, 2005

Risposta a Enzo Reale (1972)

A proposito del matrimonio gay, e della legge oggi definitivamente approvata in Spagna.
 
In uno, tu scrivi di trovare condivisibile la rivendicazione del matrimonio gay. Benissimo! Partiamo nel migliore dei modi! Siamo dunque in due. Aggiungi che non per questo si deve ghettizzare chi è contrario. Perbacco: certo che no! Ma non credere che chi esce da un ghetto abbia come suo primo scopo quello di ficcarci dentro qualcun altro.
Dici pure che è un cambiamento assai rilevante. D’accordo, d’accordissimo. (Morale, sociale, simbolico: quello che vuoi: ma forse che i cambiamenti rilevanti non vanno effettuati perché sono rilevanti? Non mi pare, visto che sei d’accordo con la rivendicazione)
Il resto del tuo post c’entra con l’America di Bush, e posso lasciarlo perdere.
In due, a parte la riflessione sulla parola/simbolo matrimonio (e qui, nei commenti, tomgiartosio vi aggiungeva una piccola, istruttiva riflessione sulla parola patrimonio) c’è questa idea che il matrimonio non rientra fra i diritti civili individuali. Il matrimonio è un contratto sociale. Non so se condividi l’opinione di Sowell, che riporti, ma mi pare che dica meglio di altri che la società ha qualcosa da dire sul matrimonio perché è affidato ad essa il rinnovamento generazionale. Non mi è chiaro però cosa impedisci ad uomini e donne di sposarsi e fare figli, una volta che anche le coppie gay possano sposarsi. Neppure mi è chiaro, se il punto è il ripopolamento della società, perché non approvare entusiasticamente l’adozione gay. Il fatto poi che il matrimonio sia un contratto, i cui effetti vanno al di là degli individui che lo contraggono, è un buon argomento per legittimare un intervento dello Stato perché si sposino solo individui con Q.I. superiore: non è interesse della società che nascano figli belli e intelligenti?
Se il vero ostacolo è invece il fatto che non si darebbero ai figli padri e madri, e questo per i figli sarebbe un danno, bisognerebbe in primo luogo cominciare a discutere dopo essersi detti favorevoli a unioni gay a cui tutto si darebbe meno che l’adozione. In secondo luogo, bisognerebbe metterli tutti in fila questi bimbi di coppie gay che vivono male, che soffrono, e dimostrare che soffrono di più di quelli che hanno altre situazioni familiari difficili, o che vivono in un istituto per orfani, eccetera eccetera.
Ovviamente, rimane sempre da pensare: che paese è mai quello dove si sposano uomini e donne, uomini e uomini, donne e donne. E già: che paese è? Ma siamo di nuovo dalle parti dell’argomento del prelato spagnolo: Sodoma e Gomorra a Madrid (e a Bruxelles, e ad Amsterdam), che tu hai detto (qui, nei commenti) non essere il tuo.
In tre dici che “il fatto che gli omosessuali (o alcuni tra essi, o i loro rappresentanti) ritengano che il matrimonio sia un concetto del tutto indipendente dall’identità sessuale non implica automaticamente che così debba essere per chiunque”. Giusto. Ma rovesciabile: il fatto che x,y,z…n ritengono che il matrimonio non sia un concetto indipendente, ecc. non implica automaticamente che così debba essere per chiunque. E allora che si fa? Si sposa un punto di vista e peggio per i diritti individuali degli omosessuali? L’argomento è inoltre pericoloso, poiché è l’argomento con il quale si potrebbero negare a una minoranza diritti fondamentali (chi l’ha detto che gli ebrei possono accedere a cariche pubbliche? Chi l’ha detto che ne hanno la capacità? Il concetto di carica pubblica non è indipendente dalla razza: ecc.): meglio delimitare bene, l’uso di argomenti  come questi.
Poi aggiungi cose che ti dovrebbero impegnare a dimostrare che la piena disposizione della propria vita affettiva non rientra fra le prerogative fondamentali di una persona (al punto che si potrebbe vietare ai mori di sposare le bionde senza ledere i diritti civili dei mori: improbabile, mi pare). Infine ritieni che la legge spagnola annulla la diversità. Questa è bella: no, consente alle diversità di esprimersi liberamente dentro la legge: allo stesso titolo. L’argomento è puramente ideologico e lo si vede bene dal fatto che si potrebbe parimenti dire anzi che attualmente la legge (per esempio italiana) consente solo matrimoni tutti uguali. Che noiosa uniformità! Perdonami, ma quella dell’uniformazione indiferenziazione livellamento è una vecchia sciocchezza che accompagna la progressiva espansione di liberalismo e democrazia dal loro sorgere.
Infine, mi sono ricordato perché non avevo ripreso i tuoi post: perché sul tuo blog non c’è possibilità di commento. Ignoro la ragione. Non la discuto. Ma mi piacerebbe condurre un dialogo nelle stesse condizioni (specie, quando mi citi da te). Ad ogni modo, e sia pure in fretta, questo è quanto.

La ragione di Ferrara

Oggi Il Foglio spiega ai suoi lettori perché il suo Direttore si sente così vicino alle posizioni della Chiesa. Per quella che Ratzinger chiama etica della ragione. Se ora io chiedessi al Direttore di che ragione parla, so che mi attirerei una rispostaccia: lo vedi? Il relativista, lo scettico, il nichilista. Allora non glielo chiedo. Però leggendo tutto l’articolo mi cnvinco che non è affatto la ‘ragione’ quel che piace a Ferrara. Nell’articolo se la prende contro un’idea di cristianesimo che dice (con buona disinvoltura) ‘fideista in nome della storia’. E si capisce bene che non è mica il fideismo quel che gli fa più scandalo, ma la storia. Più precisamente: l’idea che attraverso la storia si proceda alla "relativizzazione temporale" del cristianesimo. Va bene la ragione, ma quel che piace a Ferara è proprio la Chiesa, l’istituzione, il "comando morale". Non la ragione e basta, dunque: il veleno della critica, della riflessione, della domanda, del dubbio, della discussione continuerebbe a inquinare la sana e robusta costituzione dell’Occidente, ma una bella ragione monologica, oggettiva, dogmatica, e soprattutto istituzionale. Non l’irresponsabile e velleitaria ragione illuministica, ma la ragione del razionalismo teologico, la ragione vera, quella metafisica old style. Tanto meglio se siede su un soglio, perché non è più tempo per inconcludenti chiacchiere di filosofi.

(vedete che io il post l’ho scritto seriamente. Non mi è mai scappato da ridere, mentre lo scrivevo).

Il dovere mi chiama

Domani seguirò la svolta di Salerno.