Archivi del giorno: luglio 14, 2005

Cose buone e giuste

Che l’ortodossia cattolica contempli il caso che financo un papa scriva minchiate è cosa buona e giusta. Se poi l’ortodossia (non cattolica ma un po’ più in generale) sia una minchiata è cosa che non si può chiedere sia contemplata nella stessa ortodossia cattolica: sarebbe una minchiata. Ma è cosa buona e giusta.

(Non saprei invece se mettere fra le minchiate o fra le cose buone e giuste che della cosa si occupino pure tizio, caio e sempronio). (Che me ne occupi io, che ve lo dico a fare).

Qualcosa di importante

Leggo solo ora un articolo di Vittorio Possenti (prima e seconda pagina) contro l’idea funzionalistica di persona, l’idea che cioè lega l’esser persona al possesso di determinati requisiti, proprietà o funzioni. Possenti dice: è molto pericolosa, perché a seconda del lotto di proprietà o funzioni considerate si amplia o si restringe la classe delle persone. Ha ragione (anche se la fa troppo facile, scegliendo come testa di turco Giovanni Sartori). Se la concezione funzionalistica non va bene, bisognerà rivolgersi a una concezione sostanzialistica dell’esser persona, non vi pare? Pare pure a Possenti. Ma voi siete giunti alla fine dell’articolo. Sul punto, Possenti fa solo a tempo a compiere (o almeno a alimentare) un pasticcio, scrivendo che in genere nella concezione funzionalistica "scarsa è l’attenzione per l’elemento corporeo" e aggiungendo che "l’identità genetica è qualcosa di importante per l’esser persona". Cosa infatti sta dicendo (o almeno suggerendo), in un cortocircuito di pochissime righe? Che il corpo conta, che il corpo si riduce all’elemento materiale, che l’elemento materiale si riduce al patrimonio genetico, che il patrimonio genetico è…è cosa? E’ la sostanza? E’ la persona? Possenti fa il furbetto, e scrive molto sofficemente "qualcosa di importante per l’esser persona".

Qualcosa di importante sarebbe non glissare. (E non pretendere di fondare concetti filosofici in sede scientifica)

Morte e democrazia

JimMomo su Notizie Radicali riassume molto utilmente il suo punto di vista sulla ‘guerra al terrorismo’.
Il primo punto (la sicurezza interna) chiede “misure adeguate e proporzionate alla minaccia”. Non riesco a dargli torto (la discussione di quali misure siano adeguate e proporzionate è cosa sulla quale però non ho che opinioni). JimMomo domanda: “Le garanzie che vigono in una democrazia possono essere utilizzate per la sua distruzione?”. Qui la faccenda è più difficile, poiché se le garanzie appartengono all’essenza della democrazia (sotto un certo livello, è così), ciò di cui si tratta è la sospensione della democrazia per salvare la democrazia (è il tema del non irresistibile libro di J. Derrida, Stati canaglia). E’ un double bind, una situazione senza apparente via d’uscita. Si può snaturare la democrazia, per difenderla? Se sì, non è più democrazia; se no, resta indifesa e viene spazzata via.
JimMomo può certo osservare che per lui non si tratta, con le “misure adeguate e proporzionate”, di snaturare un bel nulla, ma qui io discuto di quel punto – al quale può darsi che per fortuna non si sia ancora giunti – nel quale la sua domanda si pone così come l’ho posta. Posta in quel punto in cui la domanda di JimMomo suona così come l’ho interpretata, come dobbiamo rispondere?
Qui mi permetto di dire. Il nostro compito, adesso, non è rispondere sì, e rimproverare coloro i quali rispondono no che sono pavidi, deboli, ciechi. Ma non è neppure rispondere no, e rimproverare coloro i quali rispondono sì di essere guerrafondai, eversivi, autoritari. Il nostro compito, adesso, è fare di tutto per non giungere a quel punto. La democrazia è possibile solo a distanza da quel punto. La democrazia è quella distanza. Difende la democrazia non chi risponde sì, o chi risponde no, ma chi mantiene la distanza.
Quel punto è certo il punto decisivo – tutti i pensatori realisti, da Machiavelli a Hobbes a Schmitt a Giuliano Ferrara ce lo insegnano. Il punto decisivo: l’ora della verità.

Perciò io amo la democrazia: perché mi tiene il più lontano possibile dalla verità. (Quella con la verità, è una partita che mi gioco volentieri altrove. Ma è molto difficile contrastare l’idea che si è veramente, autenticamente se stessi solo nell’ora della nostra morte)

La spiaggia

Questo blog si adegua al clima estivo e vacanziero e rilancia il tema proposto da Davide Malesi: in spiaggia siamo tutti uguali o tutti diversi? In subordine, si potrebbe discutere anche l’incisiva considerazione microstorica sulle "indecorose ciabatte infradito, vero segno del tramonto dell’Occidente". Sul primo argomento di discussione un vero filosofo quale io sono si sente di rispondere così: siamo tutti diversi e perciò uguali – mentre bisognerebbe essere tutti uguali e perciò diversi. Sul secondo, posso solo testimoniare di non aver mai indossato una ciabatta siffatta.

(Sulla ciabatta come esperimento filosofico, tuttavia, non posso non rimandare a Che cosa si prova a essere una ciabatta, di Maurizio Ferraris).