Nel commento #19 ad anticristiani/4, a proposito della "diatriba fra chi – in astratto – è consapevole di conoscere la verità e chi pensa che la verità non sia conoscibile", Ezio scrive: "mi limito ad osservare che chi conosce la verità è per questa sua caratteristica malvisto, suscita antipatia, dispetto (il che è mi pare puerile). Ma come si deve comportare l’umile conoscitore della verità?".
Ezio mi concede l’attenuante del caldo. Così io, attenuato, rispondo, ma con parole non proprio mie: e se caratteristica della verità fosse quella di non contrastare l’opinione (il falso, l’errore)? Se la verità è l’incontrastabile, la verità non sta di contro a nulla. Nulla può costituirsi di contro ad essa, neppure l’opinione (il falso, l’errore) – il che non significa necessariamente che non c’è nulla ‘di contro’, ma che non c’è il ‘di contro’ (il che pone particolari problemi speculativi quanto alla natura di quest’ultima affermazione vera: "non c’è il di contro", poiché essa pare costituirsi di contro all’affermazione che il ‘di contro’ c’è).
(Se il caldo non è ancora troppo, aggiungo. Le parole sono una parafrasi di Vero Tarca. Il passo logico-dialettico appartiene alla discendenza di Severino. Se poi volete sapere se a me sta bene: non proprio. Ma ora il caldo è veramente troppo)