Archivi del giorno: luglio 22, 2005

Questa piccola chiacchierata si autodistruggerà fra dieci minuti

E’ il titolo (occulto) della complimentosa conversazione di stasera (chissà che domani non posti qualche appunto). Trasformato lo studio in spogliatoio, ho ovviamente fatto saltare un paio di bottoni della camicia. Uno non dovrebbe servire (…), l’altro sta sul polsino sinistro: mi sa che dovrò portare l’orologio alla Gianni Agnelli, mi sa.

Merlo Allam Ostellino (e pure Malvino)

Oggi ho persino il tempo per segnalare alcuni interessanti articoli. Due sul Corriere: Magdi Allam, a proposito della fatwa contro il terrorismo, e Piero Ostellino, circa il modo in cui una democrazia ha da difendersi, e quel che è in gioco in questa difesa. Uno su Repubblica, Francesco Merlo sulle simpatiche considerazioni del pluridecennale vescovo di Pistoia in materia di virilità.

Ad Allam. Io non ho capito dalle espressioni che Allam usa (Allam scrive infatti: "Blair tratta", il governo "incassa", oppure "sottopone al giudizio", oppure "istituisce il doppio binario giuridico" – ma anche: così "noi legittimiamo", noi plaudiamo")  non ho capito se il governo britannico si sia limitato a dare un certo significato politico-culturale al pronunciamento, per dimostrare che l’Islam non è solo terrorismo, oppure si è invece fattivamente adoperato in tal senso, come se da un tal pronunciamento dipendesse qualcosa che abbia significato anche per lo Stato laico In ogni caso, si capisce anche perché, fatte le debite proporzioni, non c’è alcuna necessità, nell’altro campo, di aspettare che il Papa dichiari anti-cristiani gli attentati.

Ad Ostellino: a parte questo mio non troppo vecchio post, aggiungo solo che l’articolo di Ostellino mi pare scritto per la preoccupazione di sostenere che il comportamento del governo britannico non è, sul punto, lesivo dei diritti fondamentali della democrazia. Non ne sono affatto sicuro. La penso oltretutto come Spinoza in tema di diritto di parola e di pensiero, e dunque anche a proposito di siffatti divieti, il cui rispetto peraltro è difficilmente esigibile (se un capofamiglia redarguisce in pubblico i suoi tre figli incitandoli all’odio va arrestato? Se gli islamici fanno parlare ad Hyde Park non una ma cento persone insieme, le arrestiamo tutte e cento?).

A Merlo: nulla da eccepire. Solamente, un feroce Malvino da affiancargli.

Scrivi, Azioneparallela ti risponde

Una lettrice mi chiede:

"Come si fa un’indagine filosofica?come porsi una domanda?e nel momento in cui si è posta come provare a rispondere? O meglio chi ci legittima a rispondere?come capire che un noi non è in realtà un io, o un io non sia un noi?come renderti conto che una tua domanda è valida?come non permettere alle domande di sovrapporsi e confondersi.su un quesito già frequentato è possibile comparare con altri ma,come comportarsi con una domanda “in corso”chiamiamola originale oppure che si confronta sfacciatamente con la vita che si vive.forse questo mio domandare su è ciò che mi impedisce di domandare oltre?forse un tentativo di una rispota ad una domanda qualsiasi è una pretesa di legittimare il mio povero io sotto mentite spoglie di carattere filosofico?forse è per questo che nessun filosofo rinuncia a firmare una propria opera?se sono quesiti degni ne seguiranno altri altrimenti si confonderanno con altre milioni di parole inutili perchè lei? mi sembra la persona adatta se non vuole perdere tempo non si preoccupi.un saluto e auguri".

Rispondo: "Cara […], rivolgendomi queste domande, in quante righe ha creduto che potessi risponderle? E in quanto tempo? Non trova che – come si dice -ci vorrebbe una vita intera?
Ci ho pensato un po’ su, prima di risponderLe, per le medesime ragioni che Lei mette innanzi con le sue domande: non crede che dovrei prima domandarmi a mia volta cosa ‘vuole’ da me chi così mi domanda? Perché domanda così come domanda? E perché così domandando le risposte sembrano allontanarsi sempre? Ma lei è sicura che le domande siano sempre fatte per aver risposta? Io chiedo a Lei: Lei pensa meglio o pensa peggio avendo tra i piedi simili domande? Subito Lei avrà da osservare che è troppo facile: non è questo il modo in cui ci si sbarazza delle domande in filosofia. Infatti. Non La invito affatto a sbarazzarsene. La invito piuttosto a considerare, in primo luogo, che anche non sbarazzandosene finirebbe con lo sbarazzarsene (o, se vuole, con lo sbarazzarsi di alcune domande, per mantenerne altre); in secondo luogo, che anche le domande hanno più lati, e vanno dunque prese per il verso giusto.
E qual è il verso giusto, mi domanda. Vede, però: abbiamo di nuovo una domanda, che in fondo ripete le altre, ripete cioè la domanda in cui consiste da capo a piedi la filosofia. La filosofia è una domanda. Tenersi nella domanda, senza aver l’aria di menar il can per l’aia – tenersi nella domanda, avendo riguardo al modo in cui nella domanda ci si tiene (la domanda ci tiene e noi teniamo alla domanda) ha forse davvero qualcosa a che fare con la filosofia. (Se con ciò sente ancora lontane le risposte, è perché non ha ancora trovato la domanda che la tiene).
(Un filosofo, poi, in quanto filosofo non rinuncia a firmare per la buona ragione che non può non firmare. Ma questo c’entra poco con il diritto d’autore. Noi diciamo infatti, lo notava Deleuze: le idee di Platone, la potenza di Aristotele, l’io penso di Cartesio, la sostanza di Spinoza, il trascendentale di Kant. I concetti filosofici sono firmati. Ma dipende ora dalla sua idea di verità se questo rappresenta un difetto o un pregio di quei concetti). Cari saluti, e auguri"

(Il titolo è di malviniana memoria)

E poi?

Ieri, mi sono sciroppato un doppio Severino. Su Stilos 3 (un sommario) è intervistato (e c’è chi ne gode); sul Corriere interviene in risposta al patriarca di Venezia, suo allievo alla Cattolica. Il tema è lo stesso: la tecnica. Che sradica tutti gli immutabili.  Severino manda così a dire al cardinale che ergersi a difensore del cristianesimo, oppure della tradizione teologica e metafisica dell’occidente (ma poi di qualunque tradizione) non vale a nulla contro il dominio nichilistico della tecnica; e chiedere un presupposto religioso per le laiche democrazie dell’Occidente, che sono figlie legittime dell’orizzonte nichilistico della tecnica dispiegata, è semplicemente ingenuo. Ciò detto, però, Severino si rivolge all’Occidente nichilista per chiedere dove si fondi il diritto che esso vanta di spazzare via tutti gli immutabili, ogni valore o ideale o verità della tradizione. La risposta non la dà, ma è nota: quel ‘diritto’ si fonda sul senso greco della cosa, l’oscillazione dell’ente fra l’essere e il niente, la fede nel divenire.
Sia pure. Poniamo che a questo punto Scola, in rappresenta della tradizione cristiana, e Habermas, in rappresentanza degli ultimi due secoli della filosofia moderna, laica, illuministica, nominalista e infine nichilista, gli dessero improvvisamente ragione ed esclamassero: ‘capperi! è proprio così”, beh: cosa accadrebbe? Qual è l’alternativa al Sentiero della Notte? Il Sentiero del Giorno: che gli enti sono eterni. Bene: lo penso io, Scola e Habermas lo pensano con me, lo affermano e lo sottoscrivono. Lo affiggono sui muri, lo gridano dai pulpiti e dai giornali. Ma ora: qual è la “reale alternativa all’originaria contaminazione tra essere e nulla” (domanda M. Donà, La negazione, p. 23)? Se Habermas accetta di discutere e revocare la propria fede nell’evidenza nel divenire – la revoca, anzi, senz’altro (io l’ho fatto già): bene, che succede? Severino dirà forse: alla buon’ora! E poi?

Cosa s’inoltra nell’apparire? Cosa sopraggiunge? Quanti accessi avrò oggi?