Archivi del giorno: luglio 25, 2005

Tutto fa brodo

Un laico non laicista ha scritto un bell’articolo, abbastanza stile "il riformista". (Su una cosa però sono in disaccordo: Popper è veramente un ‘brodo insipido’, in filosofia).

La cosa ed il suo concetto: la narrativa italiana/2

Ma poi: in che genere di crisi è la narrativa italiana? – domanda ancora Giulio Mozzi, in Vibrisse. Sembra a me che essere in crisi significhi: non essere all’altezza del proprio concetto (“La natura di ciò che è, è di essere, nel proprio essere, il proprio concetto”, Hegel, Fenomenologia dello Spirito – cioè, più precisamente, fenomenologia delle crisi: e di come si risolvono, se si risolvono). Sicché – pare – bisognerebbe sapere bene cosa ci si mette dentro il concetto di narrativa, per stabilire poi se la narrativa sia in crisi. Ma allora tornano a fioccare le domande di Giulio (e per esempio: cosa costituisce la narrativa? Libri belli? Libri veri? Libri che si vendono) Libri che si leggono? Libri che generano altri libri? Libri che provocano cose?).
Ora però: e se la crisi della narrativa fosse anzitutto non che non è all’altezza del proprio concetto, ma che proprio ha perduto l’altezza del concetto? Un concetto di cosa sia non ce l’ha, e perciò è in crisi?
E neppure qui mi fermerei, perché uno potrebbe sospettare che è nella natura della narrativa moderna elevare a proprio concetto il non avere bene in chiaro cosa sia, quale concetto debba cioè adeguare.
E uno potrebbe sospettare ancora che non è neppure detto che non l’abbia e basta, ma che non ce l’ha alle spalle, e perciò non ci sono oggi generazioni che se la portano sulle spalle e la tengono alta. Ce l’ha invece in avanti e cioè se ne accorge dopo (“Ma per ciò che solo il resultato si affaccia come l’assoluto fondamento, il progresso di questo conoscere non è già qualcosa di provvisorio, né un avanzamento problematico ed ipotetico; anzi, dev’essere determinato dalla natura della cosa e dal contenuto stesso” – Hegel, Scienza della logica).
(E così, siamo ‘sistemati’).

Soggetto e predicato: la narrativa italiana/1

Ecco lì, vicino al muro, una sedia di legno. E’ scheggiata. E sporca. E’ scheggiata la sedia, o è scheggiato il legno? E sporca la sedia, o è sporco il legno? Come fa ad esser sporco il legno, senza essere sporca la sedia, e come fa a essere sporca la sedia, senza essere sporco il legno?
Lì, vicino al muro, c’è lo scaffale di narrativa italiana. La narrativa italiana è in crisi? – domanda Giulio Mozzi, in Vibrisse. Che domanda anche: “Se la narrativa italiana è in crisi, è in crisi ciò che in lei è di narrativo o ciò che in lei è italiano? La crisi di cui si parla è una crisi della narrativa, individuata nel suo specifico italiano, o è una crisi dell’italianità, individuata nel suo specifico narrativo?”. Poi domanda di nuovo: “E’ in crisi l’idea stessa di narrativa italiana? E’ in crisi l’idea stessa di narrativa, in Italia? E’ in crisi l’idea stessa di italianità, nella narrativa?”

Vi sono cose italiane, che non sono narrativa, e narrative, che non sono italiane: ne viene da ciò che l’italianità e la narratività sono separabili, in modo che per esempio la narrativa italiana possa essere in crisi non in quanto è narrativa, ma in quanto è italiana, oppure che possa essere in crisi come narrativa, e non in quanto italiana? Certo, vi possono essere narrative non italiane che non sono in crisi, e si può pensare che ad essere in crisi sia invece proprio la narrativa italiana. Ma segue da ciò che la narrativa italiana è in crisi in quanto è italiana? L’Italia intera, per esempio, può essere in crisi; non così la Gran Bretagna. Ne viene da ciò che se la narrativa italiana è in crisi, è in crisi perché l’Italia è in crisi?

Solidarietà

Il fatto è che Pera è – si dice – filosofo. E così mi tocca di segnalare (con colpevole ritardo) lo scomposto attacco di Lino Jannuzzi alla seconda carca istituzionale dello Stato italiano. Nel caso ce ne fosse bisogno, è a lui che va tutta la mia solidarietà.

(A Jannuzzi)