Archivi del mese: settembre 2005

Il non inedito contributo di Ludwig Wittgenstein al convegno di Trieste

“Infatti, anche ammettendo che avessi trovato qualcosa che interviene in tutti quei casi del comprendere, – perché il comprendere dovrebbe essere questo qualcosa?”

L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, § 153. (Il convegno)

Prodi o Levinas: il volto d'altri

"Detto in modo molto succinto, il caso di V. Z., casalinga italiana di 66 anni, testata ripetutamente da Mondini e Semenza per anni, mostra che una lesione cerebrale specifica può gravemente compromettere la nostra capacità di riconoscere oggetti in genere e volti umani in genere, ma non la capacità di riconoscere Silvio Berlusconi. E’ come se il volto del premier fosse stato inciso nel cervello in un suo canale particolare, in un formato speciale, diverso da quello ordinario degli oggetti e da quello pure ordinario, ma separato, dei volti". "Si noti che l’episodio avveniva nel 2001, in piena campagna elettorale. Però sei mesi dopo V. Z. ancora riconosceva Berlusconi, a dispetto di un ulteriore peggioramento del suo stato neurologico". (Corriere online: l’articolo ha la firma illustre di M. Piattelli Palmarini: chissà se a Trieste se ne parlerà).

(Non so chi debba preoccuparsi di più: Prodi, la psico-fisiologia della percezione e le neuroscienze in genere, il marito della signora, la moglie di Berlusconi, gli italiani tutti, Bondi, Emmanuel Levinas).

Fra un sì e un no: boh.

Sul Corriere, Claudio Magris ha presentato il convegno che si terrà a Trieste sul tema "Neurofisiologia del cervello e libero arbitrio" (qui l’intervento di Magris). Sul tema, è molto interessante questa pagina di POL..IT dedicata a W. Freeman. Ecco, appunto: uno che si chiama Freeman forse saprà rendere accettabile e consistente la nozione di libero arbitrio. Che sarebbe l’unica domanda che io porrei al convegno triestino.

(Magris invece, non credo abbia di questi problemi, a Magris interessa "cosa avviene nel nostro cervello – e in quale parte e secondo quali processi – quando prendiamo una decisione, quando decidiamo fra un sì e un no. È necessario saperlo, per poter dar ragione a Lutero o a Erasmo nella loro drammatica disputa sul libero arbitrio. L’illustrazione di quei meccanismi non nega affatto la libertà ma anzi la mette in risalto, perché mostra come funziona").

Distruzioni, costruzioni, secrezioni, produzioni

Cacciari: una democrazia puramente procedurale, meramente individualistica non basta a noi, e non è proponibile all’Islam. Non abbiamo anche noi l’esigenza di costruire (certamente: "in modo pluralistico") un ethos comune, e di "combinare gli elementi procedurali della democrazia con il riconoscimento di valori comunitari?".

Ne abbiamo bisogno. E perché ne abbiamo bisogno? Perché sennò una forma politica non si regge. Ma se questo è vero, e se è vero che le democrazie occidentali, bene o male, reggono la baracca da una cinquantina d’anni (qui da noi, altrove anche qualche decennio in più), non significa questo, in termini di mera logica, che esse secernono un ethos comune, e dei valori comunitari? Non sarà che il problema è che a volte non piacciono i valori comunitari e l’ethos comune che una democrazia procedurale e individualistica secerne? (La Nazionale di calcio, la televisione, l’icona pop?). Come si costruiscono, invece, altri valori comunitari?

Cacciari: "Se dovessi metterla in termini geopolitici e filosofici generali dovrei dire che certamente  il processo di omogeneizzazione e globalizzazione andrà avanti con una sua ferrea logica e alla fine  sarà proprio il complesso tecnico-scientifico a imporre sempre più una way of life, e quindi anche una way of politics comune. Ma questo cosa comporta? Non comporta forse, questa prospettiva, la distruzione di ogni identità culturale? Nell’omogeneizzazione e uniformizzazione universale della globalizzazione le diversità, le distinzioni vengono soffocate, mentre la cultura è plralismo, molteplicità".

Se dovessi metterla in termini geopolitici e filosofici generali, non mi riesce di capire perché la globalizzazione, mentre distrugge sicuramente delle differenze, dovrebbe essere incapace di produrne altre.

 

Ora la sparo grossa, grossissima

Ma io questa storia che "senza passare attraverso la sua negazione – che è lo scandaloso spettacolo del male che copre la terra – nessuna verità potrà salvarsi e salvare" (B. Forte) la trova una sciocchezza sesquipedale. Proprio: sesquipedale. Non meno sciocchezza per il fatto che è sempre e costantemente ripetuta. Sì, lo so: la libertà dell’uomo. Sì, lo so: la libertà di Dio, Schelling e non Hegel. Ma comunque questo alto-basso-alto, questo schema creazione-incarnazione-redenzione non ha alcun senso. Oppure: ha lo stesso senso di qualunque esperienza umana: è il rocchetto di Freud, è un’altalena, è la trama di un racconto. E’ del tutto evidente che non spiega alcunché. Racconta, appunto. E’ proprio così: ha il ritmo di un racconto. E’ un (l’)ordine del tempo. Ma questo nel duplice senso del genitivo: non ordina solo il tempo, ma è ordinato al tempo.

Ma se è ordinato al tempo, tutta la trascendenza di cui è capace è quella di cui è capace il temporalizzarsi della temporalità. In parole povere: è l’elastico del tempo, che è fatto così; è il suo senso. Si capisce allora che ho detto che questa storia è una sciocchezza perché non è affatto all’altezza incatturabile della Verità che vorrebbe ‘servire’.

(A meno che quel paradossale salvar-si che c’è nella proposizione di Forte sia molto più che una concessione retorica, ed ecceda dallo schema)

Tanfo

"Percependo, perfettamente, il tanfo di morte e di fine che aleggia in ogni ‘dipartimento’ di filosofia, tre quarti d’accademia filosofica italiana si getta in un’avventura senza registro e senza tratti definiti": così scrive Millepiani, in una lunga disamina del significato filosofico e politico, economico e accademico dei nuovi master sulla consulenza filosofica, la flebo con cui tenere in vita i corsi di laurea in Filosofia. (Però alla Statale di Milano, a fronte di una media di poche decine, gli iscritti sono diverse centinaia). Millepiani continua: "Tre quarti d’accademia filosofica italiana, con il codazzo di ricercatori, assistenti, portaborse, e chi altro, mette la firma, con nome e cognome, sul ‘nulla’". Di nuovo: ha perfettamente ragione. E ha ragione anche qui (dove si conclude la disamina): Questi nomi, come i nomi che non sono presenti al convegno di Cagliari ma che condividono questa scelta, sono i nomi da ricordare, da tenere a mente. Così come sono da tenere a mente tutti i nomi degli assistenti, dei portaborse, dei ‘buffoni’ della filosofia che, prima o poi, per paura, per invidia, per ambizione, ‘presteranno servizio’ in questo orifizio della filosofia firmato e controfirmato da tre quarti dell’accademia filosofica italiana".

E ha ragione pure Marco Bascetta, sul Manifesto (segnalato sempre da Millepiani): "I filosofi per primi, presumibilmente avvezi alle asperità del rapporto tra teoria e prassi, dovrebbero sapere che il divario tra conoscenza, formazione e mercato del lavoro, oltre ad essere incolmabile, non è uno spreco, ma un principio di civiltà. Ma oggi, ahimè, le riforme dell’istruzione non le progetta Condorcet, che questo lo sapeva bene, ma Letizia Mmoratti, che oltre un meschino calcolo costi/benefici non è in grad di spingersi".

 

Sangue

So che stasera c’è la Champions League, ma c’è anche il settimo turno del torneo internazionale di Moratalaz, e qui si fa un tifo assai appassionato per il signor trentunesimo del ranking

Della natura intrinsecamente sofistica del blog (e dello scacco della filosofia)

"La filosofia e il ragionamento sofistico non si possono distinguere, se ci si rivolge soltanto a ciò che è detto in quanto tale. Solo nella vivente realtà del dialogo, che unisce tra loro ‘uomini che sono ben disposti e che nutrono un reale rapporto con la cosa’ può riuscire la conoscenza della verità".

H. G. Gadamer, La dialettica di Hegel

Per ventiquattro lettori

Heteronymos mi chiede (nei commenti) se la nuova edizione di Essere e tempo rivista da F. Volpi, presenta novità sostanziali rispetto a quella di Pietro Chiodi (in particolare, nel capitolo sulla Cura). Come spiega lo stesso curatore nell’Avvertenza alla nuova edizione, la “storica versione” di Chiodi (1953), terza al mondo (dopo Giappone e Spagna) è ormai intangibile dal punto di vista terminologico: “è entrata nel linguaggio filosofico italiano”. Così ad esempio Vorhandenheit resta “semplice presenza”, e non diventa una roba tipo “cose sotto mano”, o “a portata di mano”.
Per il resto, la nuova edizione appare più precisa e rigorosa di quella di Chiodi. Questo il merito che Volpi rivendica: “un profondo lavoro di restauro” ottenuto tramite adeguazione a “criteri di precisione e di rigore oggi indispensabili”. Due esempi (tratti dal capitolo che interessa Heteronymos, § 39):
Chiodi: “Lo sguardo gettato all’inizio sull’intero fenomeno ha perso ora la sua indeterminatezza rispetto al contenuto”.
Volpi: “Lo sguardo gettato all’inizio sull’intero fenomeno ha perso ora la sua indeterminatezza di primo schizzo generale rispetto al contenuto”.
Chiodi: “Una cosa è certa, negativamente: l’unità dell’insieme delle strutture non può essere raggiunta mediante una semplice riunione di elementi”
 Volpi:. “È fuori discussione cosa non si può: l’unità dell’insieme delle strutture non può essere raggiunta fenomenicamente mediante una semplice composizione di elementi”.
 
Questo, per la precisione. Aggiungo poi: il mio maestro (in queste cose, e non solo) pretendeva e pretende che chiunque legga Essere e tempo abbia presente che Seinkönnen (poter-essere) e Möglichsein (essere-possibile) vanno sempre accuratamente distinti. In un punto capitale (§ 31, sulla comprensione, velocemente ritrovato grazie a E. F.), Chiodi metteva ‘poter-essere’ invece di ‘esser-possibile’. Siccome Il nulla e la fondazione della storicità fa perno, si potrebbe dire, quasi esclusivamente su questa distinzione, per Vitiello essa gridava vendetta al cielo. Qualche svista dunque c’era, ed è stata vendicata. (Però Chiodi, a proposito di vendette, è questo qua: dunque andiamoci piano). (Caro H., il controllo a tappeto sul capitolo sesto non ho avuto tempo e modo di farlo).
 
Noterella finale. Ora che ho la nuova edizione, sono tentato dal disfarmi di quella vecchia. Horresco referens: fino ad oggi, avevo solo in fotocopie Essere e tempo, acquistato con gli scarsi fondi di quand’ero studente (insieme alle Idee di Husserl, di recente sostituite con la ripubblicazione a cura di V. Costa, e spedite senza tanti complimenti in mansarda, e all’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, che ancora resiste). Forse però me le tengo: mi fanno un po’ tenerezza. (Le note a margine, invece, fanno pena: quelledi Heidegger sulla sua copia sono per la prima volta tradotte da Volpi in questa nuova edizione).

Dal più facile al più difficile

Le domande di Renato Farina a Piero Fassino: "1. Può essere la fede cattolica qualcosa di ‘assolutamente privato’? D’accordo, è una faccenda intima, riguarda la coscienza, dove il sì o il no può essere pronunciato solo a tu per tu con il Mistero. Ma poi, finita lì, ce la giochiamo come ognuno crede? Questa idea mi pare molto somigliante a quella teista o deista, insomma a quella massonica. […] Ma questa segretezza della fede cosa c’entra con la confessione cattolica? […] Perché confondere le idee al prossimo sostenendo non di essere di cultura cattolica [sott. mia], ma proprio di fede apostolica e romana? […] Privatezza del cristianesimo? Peggio dell’ateismo. Lo dice Papa Benedetto. Nel suo ultimo libro egli sostiene che la tragedia dell’Europa consiste esattamente in ciò di cui Fassino fa vanto, ovvero la riduzione del cristianesimo a fatto privato […] Un Dio che serve come tappabuchi per i problemi spirituali e come propellente  etico, ma non c’entra mai con la forma del mondo [sott. mia], che Dio è? Un re fannullone appunto. Poi al resta pensa il Partito Comunista Italiano, anzi l’Unione… […] 2. E qui siamo all’altro punto. Si può essere cattolici e contemporaneamente aderire a un qualsiasi partito, purché piaccia? Anche a un partito comunista? […] Ad esempio, non ci si può definire politici cattolici e sostenere la legge sull’aborto o quelle sull’unione gay, la fecondazione artificiale e l’eutanasia […]".

Cominciamo dal facile. Se uno crede nell’esistenza di Dio, nel Figlio e nello Spirito Santo, nella resurrezione dei morti e nella vita che verrà è, credo, indubitabilmente cristiano. Se poi uno crede anche nell’Immacolata Concezione, nella Comunione dei Santi, nella Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica, è, credo, indubitabilmente cattolico. Se Fassino crede tutto questo è cattolico o no? Se poi non crede che la Chiesa la imbrocchi sul divorzio e sull’aborto, sull’unione gay e sull’eutanasia, che non la imbrocchi sul modo in cui regolare per legge queste faccende, è ancora di fede cattolica o no? Penserei di sì, e penserei anzi, al contrario di quel che dice Farina, che è proprio la cultura cattolica, e non la fede, il problema.

Passiamo al più complicato. E’ la religione, e la religione cattolica in particolare, un fatto privato? Direi di no, storicamente e, pure, antropologicamente. (Il protestantesimo vi si avvicina, ma proprio per ciò tende ad assottigliarsi il suo senso religioso). Ciò detto e riconosciuto, c’è ancora molto da fare: fede e religione sono la stessa cosa? No: sia detto chiaro e tondo. Possono le forme religiose di vita cambiare? Penso di sì. Vi è un solo modo di articolare la relazione pubblico/privato, vi è un solo modo in cui una cosa è privata, e un solo modo in cui è pubblica? Penso proprio di no. Bisogna tenere in qualche considerazione il pluralismo delle confessioni religiose? Credo, auspicabilmente, di sì. Sono le singole confessioni religiose capaci di tenere conto di un simile pluralismo? Di fatto e per fortuna: sì, ma in certi casi di più, in altri (molti altri) di meno. In linea di principio: sì, se la parola ecumenismo non è solo una bella parola. Sì, se ci si impegna seriamente, e non si comincia dall’idea che la verità è possesso di qualcuno. Quest’ultimo punto è un punto di fede cristiana? Non mi pare, è un punto teologico (ma questo è solo un mio parere). Il che significa che per un cattolico ha forse a che fare con l’obbedienza a certi pronunciamenti dottrinali, ma non so bene fino a qual punto (fin dove cioè chiama in causa la sua appartenenza alla Chiesa). Quel che so, è che non ha a che fare necessariamente con la fede cristiana. Che la verità della fede abbia un carattere esclusivo, questo non appartiene all’essenza di quella fede.

Concludiamo col più difficile. La verità è di questo mondo? Se non è di questo mondo – come qualcuno deve avere pur detto -, è indifferente al mondo e per il mondo? Temo che nessun cattolico e nessun cristiano risponderebbe che sì, è indifferente al mondo e per il mondo. Ne sarebbe anzi inorridito. Temo che non troverei molti cristiani disposti a farsi un giro intorno a questa scandalosa indifferenza al mondo e per il mondo, e forse quasi nessuno disposto a considerarla il vero modo di fare la differenza (il vero modo di aver cura del mondo). D’altronde: non riuscirebbe una simile differenza invisibile, proprio perché indifferente? Ahimè sì. E così non sarebbe indistinguibile dal propellente etico, dal fatto assolutamente privato? Ahimè, sì. Lo confesso: non si saprebbe far valere, una simile differenza. Finirebbe crocifissa.

 

Per stare sull'attualità: Dio

Avrei qualcosa da dire sulla prova ontologica. La si trova nei luoghi più insospettati: a proposito di Camillo Ruini, e a proposito di Moresco (commento 27.09.05 ore 8.42).
La prova ontologica è il fiore all’occhiello della filosofia moderna (più in generale: la prova dell’esistenza di Dio è l’architrave della metafisica): quando Kant la toglie di mezzo, la filosofia moderna finisce, e comincia un’altra cosa. Come Kant la tolga di mezzo, è abbastanza noto, ma in breve: altro il concetto, altro l’esistenza. L’esistenza non fa parte del concetto, e non la si può dedurre da questa.
Oggi tutti concordano con Kant, anche se pochi son consapevoli di quale razza di problema diventi allora l’esistenza pura e semplice (che peraltro nessuno ha mai visto come tale, visto che sfugge alla presa del concetto). (En passant: finché c’è la prova ontologica in giro, una cosa come l’esistenzialismo è letteralmente impensabile).
Tuttavia osservo: il tutto c’è, se non ci fosse, se gli mancasse l’esistenza, non sarebbe il tutto. Questo è un sofisma, lo si vede bene. Ma è un sofisma non perché l’esistenza non sia contenuta nel concetto, bensì perché è il tutto che non ce la fa a stare dentro un concetto. È il concetto che è ritagliato sulle cose, e dunque in esso non si può trovare il tutto. Così Dio: non è che l’esistenza non è contenuta nel concetto di Dio, è che Dio non è il contenuto di un concetto (e dunque non è nemmeno la “posizione assoluta” di un esistenza extra mentem).
Se ci sono solo cose e concetti di cose, e sappiamo già che se ne stanno le une di fronte agli altri, ti meravigli di non trovare tra di essi Dio (o il tutto, o l’essere, o il linguaggio, o la storia)?
 
P. S. Il presente post è stato redatto con la gentile consulenza di Giorgio Guglielmo Federico.

La filosofia: cos'è.

Le filosofie speciali sono sette: della scienza, della religione, del diritto, della politica, del linguaggio, della storia. E l’antropologia filosofica

Le scienze con cui la filosofia intrattiene rapporti sono: matematica, fisica, biologia, linguistica, informatica, scienze sociali, psicologia, teologia, storiografia, storia della filosofia, storia della scienza.

Le discipline filosofiche sono cinque: metafisica, teoria della conoscenza, logica, etica, estetica.

Gli stili e i modelli teorici della filosofia nel ‘900 sono stati sedici. Sono un po’ troppi, non ve li enumero tutti

(La filosofia, a cura di Paolo Rossi, UTET, Torino 1995)

Gige

Forse l’ho presa un po’ larga, ma sulla questione dei Pacs ho lasciato dire un paio di cose a Platone ed Erodoto (seconda pagina). La goccia è invece Borges (conosciuta grazie a Franco Buffoni).

Caro mio blog?

Caro mio blog, ad agosto hai patito un mese quasi ininterrotto di silenzio. Adesso, di fatto me ne sto zitto per altri cinque sei giorni. Caro mio blog, sai che in questo costoso internet point che chiude fra venticinque  minuti non ho mica il tempo di leggermi altri blog che molto amo? E non ho mica il tempo in questi giorni di leggere i giornali e parlare di quello che succede nel così vasto mondo. Caro mio blog, ti rendi conto che stai seriamente rischiando di essere chiuso? Caro mio blog, sai che se applicassi il criterio che un tempo applicavo alle conferenze (vale più un’ora di ascolto o un’ora di lettura? Un’ora di lettura!) non vi sarebbe dubbio alcuno che dovresti essere chiuso, cancellato, annichilito? Caro mio blog, ti rendi conto che a confronto con quel che mi viene da pensare in questi giorni sei solo un fastidioso e insistente parassita? Caro mio blog, ho fatto una discreta corsa per venire qui, all’internet point: è vero che c’era la posta da controllare, ma non ti pare che anche tu ti stia prendendo qualche minuto di troppo? Caro mio blog, qui a fianco c’è Walter che non mi riesce di convincere a scrivere sul blog, così che vengo convincendomi – sebbene lui dica il contrario – che non si capisce bene che ci scriva a fare io.

Caro mio blog, in campana, eh? Qui mi sa che ci rimetti la pelle.

Comunicazione di servizio/2

Il nuovo numero di Leftwing è uscito: democrazia senza verità? e Tocqueville.