Archivi del giorno: settembre 14, 2005

Chiarimenti

L’articolo apparso Leftwing è commentato ampiamente da Ffdes. Poiché il suo commento mi appare caratteristico di un certo modo di porre la questione, che non è il mio, lo segnalo qui. Ffdes sposta la discussione in questi termini: ma possibile che solo perché un’idea è religiosa non ha diritto di concorrere con le altre, ecc.? Lascio voi giudicare se questo si evinca dal mio pezzo, e riporto qui il rozzo e frettoloso commento che ho reso lì:

Caro ffdes, per capire cosa intendo [nell’articolo] per "parziale privatizzazione del fenomeno religioso" basta guardare al mondo com’era 6000 anni fa, al mondo com’era 2000 anni fa (meno cinque a. C.), al mondo com’era mille anni fa, e al mondo com’è adesso. Taglio all’ingrosso, ma credo che ci capiamo. Quanto poi all’opinione di Ruini o mia, qui non si discute di come Ruini o io ci formiamo la nostra opinione (e così hai ragione, se ciò intendi quando ti domandi cosa distingue un’idea religiosa da un’idea non religiosa, fermo restando che io e Ruini ce la formiamo diversamente), ma le condizioni alle quali un’idea o un’opinione può (potrebbe possa: di questi tempi ho difficoltà coi congiuntivi) diventare vincolante per me. Di questa condizione parlo. Aggiungo pure che nell’articolo io definisco la laicità anche rispetto a questioni non strettamente religiose (dove ad es. dico che lo stato non è laico rispetto alla lingua italiana). E cioè la questione è: a quali condizioni lo Stato può far propria una certa idea, quando sposare quell’idea confligge con i diritti dell’individuo (fermo restando, e credo siamo d’accordo, che questi diritti non si dovrebbero toccare a cuor leggero). Lo Stato può imporre la coscrizione obbligatoria? Sì. Lo Stato può imporre la messa la domenica? No. Perché? Perché nel primo caso ne va dello Stato stesso, nel secondo no. Non laico è in questo caso uno che pensa [-i] che anche nel secondo caso ne va dello stato stesso, o di una certa idea dell’uomo che lo stato deve difendere se vuol essere uno Stato degno (dico non laico, perché suppongo che invece lo Stato si regga benissimo anche senza la messa). Sicché, ripeto, non è in questione il diritto di nessuno di esprimere un’opinione, altrimenti aboliamo il Parlamento, ma a quali condizioni e in quale misura un’opinione può diventare vincolante per tutti. (Nota poi che ho scritto non laico invece di clericale, perché voglio togliere all’aggettivo il valore che porta automaticamente con sé, nella polemica pubblica. Lo Stato ad es. non è laico rispetto alla lingua italiana, e io ne sono contento. Quest’uso dell’aggettivo laico non coincide ovviamente con il significato storicamente acquisito, ma sul modo in cui lo uso mi sono spiegato). (P. S. Se infine l’opinione di Ruini è che tu debba divorziare, e io debba sposare la Raffa [scil.: tua moglie], accetti che si decida a maggioranza? Sei laico rispetto a questa questione?).

Spariglio

La considerazione seguente è perfettamente condivisibile: "La catastrofe nel Golfo del Messico mette paura a chiunque, fa vedere come la civiltà sia una pellicola esilissima, sotto la quale si spalancano strapiombi. La de-civilizzazione è qualcosa che può esplodere da un momento all’altro, e questo l’uomo europeo lo sa per averlo vissuto, provocato". La estraggo da un articolo di B. Spinelli (La Stampa, 11/09), a commento del duello televisivo Schroeder-Merkel, in Germania, articolo che così prosegue: "Schroeder fa entrare nella coscienza dei connazionali cataclismi apparentemente lontani, che gli ridanno forza nelle battaglie elettorali e gli permettono di difendere non solo un bilancio di governo ma un modello di convivenza sociale e di civiltà". Per la Spinelli, "L’uragano Katrina è una catastrofe in due tempi […]. È una catastrofe della natura (non si sa quanto suscitata dall’agire dell’uomo sul pianeta) ed è al tempo stesso catastrofe dello Stato, delle leggi che tengono insieme la società, delle regole che impongono la protezione dei più deboli e indifesi nell’ora dei flagelli".

Il fatto è che io condivido anche questa seconda considerazione, ma non condivido il cortocircuito, per il quale una verità generale (la civiltà è una pellicola esilissima) si piega secondo il verso di una verità particolare (questa sola è civiltà, quella di Schroeder). La civilizzazione ha formato abbastanza ampio da comprendere entrambe le porzioni, quella di destra e quella di sinistra.

E se gli attori sono tre – come nelle celeberrime pagine della Fenomenologia dello Spirito: le due autocoscienze in lotta e la natura -, non è mica vero, come riteneva Hegel, che l’autocoscienza si affranca insieme dalla servitù all’una e all’altra. Non è mica vero che la natura giochi solo il ruolo compiacente di mediatore. Qualche volta spariglia.