Le domande di Renato Farina a Piero Fassino: "1. Può essere la fede cattolica qualcosa di ‘assolutamente privato’? D’accordo, è una faccenda intima, riguarda la coscienza, dove il sì o il no può essere pronunciato solo a tu per tu con il Mistero. Ma poi, finita lì, ce la giochiamo come ognuno crede? Questa idea mi pare molto somigliante a quella teista o deista, insomma a quella massonica. […] Ma questa segretezza della fede cosa c’entra con la confessione cattolica? […] Perché confondere le idee al prossimo sostenendo non di essere di cultura cattolica [sott. mia], ma proprio di fede apostolica e romana? […] Privatezza del cristianesimo? Peggio dell’ateismo. Lo dice Papa Benedetto. Nel suo ultimo libro egli sostiene che la tragedia dell’Europa consiste esattamente in ciò di cui Fassino fa vanto, ovvero la riduzione del cristianesimo a fatto privato […] Un Dio che serve come tappabuchi per i problemi spirituali e come propellente etico, ma non c’entra mai con la forma del mondo [sott. mia], che Dio è? Un re fannullone appunto. Poi al resta pensa il Partito Comunista Italiano, anzi l’Unione… […] 2. E qui siamo all’altro punto. Si può essere cattolici e contemporaneamente aderire a un qualsiasi partito, purché piaccia? Anche a un partito comunista? […] Ad esempio, non ci si può definire politici cattolici e sostenere la legge sull’aborto o quelle sull’unione gay, la fecondazione artificiale e l’eutanasia […]".
Cominciamo dal facile. Se uno crede nell’esistenza di Dio, nel Figlio e nello Spirito Santo, nella resurrezione dei morti e nella vita che verrà è, credo, indubitabilmente cristiano. Se poi uno crede anche nell’Immacolata Concezione, nella Comunione dei Santi, nella Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica, è, credo, indubitabilmente cattolico. Se Fassino crede tutto questo è cattolico o no? Se poi non crede che la Chiesa la imbrocchi sul divorzio e sull’aborto, sull’unione gay e sull’eutanasia, che non la imbrocchi sul modo in cui regolare per legge queste faccende, è ancora di fede cattolica o no? Penserei di sì, e penserei anzi, al contrario di quel che dice Farina, che è proprio la cultura cattolica, e non la fede, il problema.
Passiamo al più complicato. E’ la religione, e la religione cattolica in particolare, un fatto privato? Direi di no, storicamente e, pure, antropologicamente. (Il protestantesimo vi si avvicina, ma proprio per ciò tende ad assottigliarsi il suo senso religioso). Ciò detto e riconosciuto, c’è ancora molto da fare: fede e religione sono la stessa cosa? No: sia detto chiaro e tondo. Possono le forme religiose di vita cambiare? Penso di sì. Vi è un solo modo di articolare la relazione pubblico/privato, vi è un solo modo in cui una cosa è privata, e un solo modo in cui è pubblica? Penso proprio di no. Bisogna tenere in qualche considerazione il pluralismo delle confessioni religiose? Credo, auspicabilmente, di sì. Sono le singole confessioni religiose capaci di tenere conto di un simile pluralismo? Di fatto e per fortuna: sì, ma in certi casi di più, in altri (molti altri) di meno. In linea di principio: sì, se la parola ecumenismo non è solo una bella parola. Sì, se ci si impegna seriamente, e non si comincia dall’idea che la verità è possesso di qualcuno. Quest’ultimo punto è un punto di fede cristiana? Non mi pare, è un punto teologico (ma questo è solo un mio parere). Il che significa che per un cattolico ha forse a che fare con l’obbedienza a certi pronunciamenti dottrinali, ma non so bene fino a qual punto (fin dove cioè chiama in causa la sua appartenenza alla Chiesa). Quel che so, è che non ha a che fare necessariamente con la fede cristiana. Che la verità della fede abbia un carattere esclusivo, questo non appartiene all’essenza di quella fede.
Concludiamo col più difficile. La verità è di questo mondo? Se non è di questo mondo – come qualcuno deve avere pur detto -, è indifferente al mondo e per il mondo? Temo che nessun cattolico e nessun cristiano risponderebbe che sì, è indifferente al mondo e per il mondo. Ne sarebbe anzi inorridito. Temo che non troverei molti cristiani disposti a farsi un giro intorno a questa scandalosa indifferenza al mondo e per il mondo, e forse quasi nessuno disposto a considerarla il vero modo di fare la differenza (il vero modo di aver cura del mondo). D’altronde: non riuscirebbe una simile differenza invisibile, proprio perché indifferente? Ahimè sì. E così non sarebbe indistinguibile dal propellente etico, dal fatto assolutamente privato? Ahimè, sì. Lo confesso: non si saprebbe far valere, una simile differenza. Finirebbe crocifissa.