Archivi del giorno: settembre 29, 2005

Distruzioni, costruzioni, secrezioni, produzioni

Cacciari: una democrazia puramente procedurale, meramente individualistica non basta a noi, e non è proponibile all’Islam. Non abbiamo anche noi l’esigenza di costruire (certamente: "in modo pluralistico") un ethos comune, e di "combinare gli elementi procedurali della democrazia con il riconoscimento di valori comunitari?".

Ne abbiamo bisogno. E perché ne abbiamo bisogno? Perché sennò una forma politica non si regge. Ma se questo è vero, e se è vero che le democrazie occidentali, bene o male, reggono la baracca da una cinquantina d’anni (qui da noi, altrove anche qualche decennio in più), non significa questo, in termini di mera logica, che esse secernono un ethos comune, e dei valori comunitari? Non sarà che il problema è che a volte non piacciono i valori comunitari e l’ethos comune che una democrazia procedurale e individualistica secerne? (La Nazionale di calcio, la televisione, l’icona pop?). Come si costruiscono, invece, altri valori comunitari?

Cacciari: "Se dovessi metterla in termini geopolitici e filosofici generali dovrei dire che certamente  il processo di omogeneizzazione e globalizzazione andrà avanti con una sua ferrea logica e alla fine  sarà proprio il complesso tecnico-scientifico a imporre sempre più una way of life, e quindi anche una way of politics comune. Ma questo cosa comporta? Non comporta forse, questa prospettiva, la distruzione di ogni identità culturale? Nell’omogeneizzazione e uniformizzazione universale della globalizzazione le diversità, le distinzioni vengono soffocate, mentre la cultura è plralismo, molteplicità".

Se dovessi metterla in termini geopolitici e filosofici generali, non mi riesce di capire perché la globalizzazione, mentre distrugge sicuramente delle differenze, dovrebbe essere incapace di produrne altre.

 

Ora la sparo grossa, grossissima

Ma io questa storia che "senza passare attraverso la sua negazione – che è lo scandaloso spettacolo del male che copre la terra – nessuna verità potrà salvarsi e salvare" (B. Forte) la trova una sciocchezza sesquipedale. Proprio: sesquipedale. Non meno sciocchezza per il fatto che è sempre e costantemente ripetuta. Sì, lo so: la libertà dell’uomo. Sì, lo so: la libertà di Dio, Schelling e non Hegel. Ma comunque questo alto-basso-alto, questo schema creazione-incarnazione-redenzione non ha alcun senso. Oppure: ha lo stesso senso di qualunque esperienza umana: è il rocchetto di Freud, è un’altalena, è la trama di un racconto. E’ del tutto evidente che non spiega alcunché. Racconta, appunto. E’ proprio così: ha il ritmo di un racconto. E’ un (l’)ordine del tempo. Ma questo nel duplice senso del genitivo: non ordina solo il tempo, ma è ordinato al tempo.

Ma se è ordinato al tempo, tutta la trascendenza di cui è capace è quella di cui è capace il temporalizzarsi della temporalità. In parole povere: è l’elastico del tempo, che è fatto così; è il suo senso. Si capisce allora che ho detto che questa storia è una sciocchezza perché non è affatto all’altezza incatturabile della Verità che vorrebbe ‘servire’.

(A meno che quel paradossale salvar-si che c’è nella proposizione di Forte sia molto più che una concessione retorica, ed ecceda dallo schema)

Tanfo

"Percependo, perfettamente, il tanfo di morte e di fine che aleggia in ogni ‘dipartimento’ di filosofia, tre quarti d’accademia filosofica italiana si getta in un’avventura senza registro e senza tratti definiti": così scrive Millepiani, in una lunga disamina del significato filosofico e politico, economico e accademico dei nuovi master sulla consulenza filosofica, la flebo con cui tenere in vita i corsi di laurea in Filosofia. (Però alla Statale di Milano, a fronte di una media di poche decine, gli iscritti sono diverse centinaia). Millepiani continua: "Tre quarti d’accademia filosofica italiana, con il codazzo di ricercatori, assistenti, portaborse, e chi altro, mette la firma, con nome e cognome, sul ‘nulla’". Di nuovo: ha perfettamente ragione. E ha ragione anche qui (dove si conclude la disamina): Questi nomi, come i nomi che non sono presenti al convegno di Cagliari ma che condividono questa scelta, sono i nomi da ricordare, da tenere a mente. Così come sono da tenere a mente tutti i nomi degli assistenti, dei portaborse, dei ‘buffoni’ della filosofia che, prima o poi, per paura, per invidia, per ambizione, ‘presteranno servizio’ in questo orifizio della filosofia firmato e controfirmato da tre quarti dell’accademia filosofica italiana".

E ha ragione pure Marco Bascetta, sul Manifesto (segnalato sempre da Millepiani): "I filosofi per primi, presumibilmente avvezi alle asperità del rapporto tra teoria e prassi, dovrebbero sapere che il divario tra conoscenza, formazione e mercato del lavoro, oltre ad essere incolmabile, non è uno spreco, ma un principio di civiltà. Ma oggi, ahimè, le riforme dell’istruzione non le progetta Condorcet, che questo lo sapeva bene, ma Letizia Mmoratti, che oltre un meschino calcolo costi/benefici non è in grad di spingersi".