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Archivi del giorno: ottobre 8, 2005
Ricorrenze
E chi se lo ricordava, che ieri, 7 ottobre, è stato l’anniversario della battaglia di Lepanto! Vedi che succede a non insegnar più la storia, che le date fondamentali uno se le dimentica. Finora, io a Lepanto associavo solo il Centro Culturale di difesa dei valori tradizionali e familiari, per la buona ragione che è presieduto dal prof. Roberto De Mattei, che, oltre a dare preziosi consigli a Gianfranco Fini, insegna a Cassino (e fino al dicembre 2004 stava nel mio stesso dipartimento: ma io, caro Kimota, non l’ho mai visto).
Ma c’è Tocqueville, mica no, a ricordarmelo, mettendo nella prima di scienza e cultura (scienza e cultura: mica solo l’una, o solo l’altra) un post veramente ben fatto, in cui la portata epocale dell’avvenimento è assai bene illustrata così:
"se le navi cristiane avessero perso a Lepanto adesso avremmo Pannella, Capezzone, Eugenio Scalfari e tanti altri ben pensanti della cultura liberal, libertaria e libertina con il culo all’insù e la fronte a terra rivolta verso la Mecca (altro che ingerenze vaticane)!!!!!!!"
Ed io, filosofo da strapazzo, per farmi i bagni a Palinuro il 19 agosto non ho ringraziato Leonida, quello alle Termopili! (Però mi tengo pronto per il 17, e son certo che Tocque-ville ci farà lo speciale).
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Papale papale
Volevo un aiuto dai maggiori conoscitori dei blog. Vorrei far sparire dai computer di tutta la cristianità ogni traccia di questo post (per giunta grandemente elogiato da Malvino, che non le manda a dire!). Bisogna ammettere che per queste cose ho un certo talento, basti vedere la tempestività con la quale mi occupai di Ratzinger, un secondo prima che lo elevassero al soglio pontificio. Questa volta, tuttavia, mi sono mosso con un certo anticipo.
(Kimota, non vorrei preoccuparti, ma io questo qui un po’ lo conosco)
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Biopolitica
Ecco a voi (e non ditemi che non vi penso) la presentazione della questione della biopolitica secondo Roberto Esposito.
Il linguaggio politico moderno è consunto: logori i concetti, ma anche le istituzioni. La situazione attuale è radicalmente nuova (con sguardo retrospettivo, anche il moderno oggi ci appare sotto un’altra luce).
Non solo il linguaggio politico moderno (diritto, sovranità, contratto, cittadinanza, ecc. ecc.), non solo è insufficiente, ma nasconde anche.
Biopolitica, dunque (ma più che bios, è zoé). La quale ha implicazioni ad amplissimo raggio, ed è riconoscibile dal fatto che le dinamiche politiche investono la vita, la vita umana biologica, e che la vita stessa è oggetto immediato di lotta politica.
Certo, la vita ha sempre costituito la cornice entro la quale si è inscritta la politica. Ma valeva la distinzione/distanza fra sfera economico-biologica e sfera propriamente politica.
Solo con Hobbes la questione della conservatio vitae si accampa nel cuore stesso della prassi politica. Tutta la filosofia politica di Hobbes ne dipende.
Oggi la modernità ci appare come la risposta alla richiesta di auto-tutela della vita biologica, richiesta fattasi pressante nel passaggio al moderno per il venir meno del guscio di protezione simbolica rappresentato dalla religione.
(…)
(mi distraggo per cinque minuti: penso alla mia bimba che ha la febbre, e a quel che ho da fare a casa: un post!)
Ma la riflessione biopolitica vera e propria data inizio ‘900. Nell’età moderna, il rapporto tra politica e conservatio vitae era ancora mediato, filtrato da paradigmi istituzionali e concettuali (rappresentanza, ordine, diritti individuali, sovranità): questo filtro oggi tende a scomparire.
Si assiste lungo tutto il ‘900 alla politicizzazione della vita, e alla biologizzazione della politica. E l’esito, ahimè, è tanatopolitico.
Altro che euforia per la biopolitica à la Negri. Il problema è che la politica della vita (in varie sue forme) produce esiti di morte.
Per spiegare la cosa, ho messo in campo un nuovo paradigma, il paradigma immunitario (cf. Immunitas): forma di protezione della vita che nega la vita (e alla lunga nega pure se stesso). L’intera vicenda politica moderna è leggibile in questa chiave.
Nietzsche (difficilmente incasellabile) è il primo a cogliere l’ineffettualità delle categorie politiche moderne, a scavare sotto gli assetti politico-giuridici per riconoscervi solo più l’esito di una scontro per il dominio sulla vita, anzi per la definizione stessa di bios. Con Nietzsche il soggetto moderno, libero e autonomo, è radicalmente decostruito.
D’allora in poi, tutti gli scontri hanno a che fare con la domanda: chi decide che cos’è vita?
La decisione non configura solo soglie esterne (tipo: uomo/animale) ma interne alla sfera stessa del vivere umano. Si tratta ora di distinguere la vera vita umana, la vita umana migliore (degna di essere vissuta) di contro a quella degenerata (per es., vedi il nazismo, dei pidocchi ebrei).
Io tendo a rifiutare la categoria di totalitarismo. Il nazismo non è infatti (come invece il comunismo pretende o ha preteso di essere), una filosofia realizzata, ma una biologia realizzata. E’ una differenza essenziale, che pone il nazismo fuori dal quadro categoriale moderno, di cui invece il comunismo rappresenta un esito, per quanto estremo, parosissitico.
(Il trascendentale del nazismo è il bios, il trascendentale del comunismo è la storia).
Il nazismo difende la vita allargando spaventosamente la sfera della morte. Siamo all’assoluta indistinzione fra difesa della vita e produzione della morte.
[il pezzo forte viene adesso]
Il punto è: la catastrofe del nazismo non chiude affatto i conti con la biopolitica. È l’orizzonte della biopolitica che ha prodotto il nazismo, non viceversa.
Questa è la ragione per la quale io sono convinto che il discorso liberal-democratico che ci viene continuamente propinato sia radicalmente insufficiente.
Aggiungo anzi che la democrazia liberale, come tale, non è mai esistita…
C’è incomponibilità fra il pensiero liberale (naturalistico, anti-egualitario e particolaristico), e il pensiero democratica, per sua natura egualitaristico e universalistico.
Dirò di più: io credo che la filosofia e la storia politica moderna vadano tagliati secondo un ordine diverso dalla mera successione cronologica.
Sul piano concettuale, da un alto stanno democrazia e comunismo, che della democrazia rappresenta l’esito parossistico, dall’altro liberalismo e nazismo, sotto il comune denominatore della biopolitica. Con la differenza che il nazismo pone il potere biopolitico in capo allo stato, il liberalismo in capo al singolo individuo.
Il nazismo non è stato sconfitto dall’alleanza delle democrazia occidentali con il comunismo sovietico. A vincere è stato il liberalismo. Il che significa che sul piano categoriale non è stato sconfitta la centralità del bios, imposta dal nazismo, anche se questa centralità è modificata in senso liberal-individuale.
[In lieve calando]
Ora io penso che non sia più possibile ritornare alla categorie politiche moderne. La biopolitica è la rottura dei confini che invece caratterizzano il moderno. Oggi non è più possibile distinguere privato e pubblico: il privato si pubblicizza, il pubblico si privatizza. E così saltano anche le altre distinzioni: fra guerra e pace, pubblico e privato, tecnica e vita, religione e politica. (Mi dispiace per i miei amici laicisti, che pensano sia sufficiente invitare la Chiesa a rientrare nei ranghi: non è più possibile).
È vero che viviamo nell’Occidente secolarizzato, ma a questo strato di secolarizzazione si sovrappone immediatamente il religioso. Sono indistricabili. Questo non significa che dobbiamo tornare al pre-moderno: non si tratta peraltro di una subordinazione della politica alla religione, ma casomai di un uso della religione a fini direttamente politici (come nel discorso sulla superiorità morale dell’Occidente).
I vecchi rituali demo-liberali non bastano più. Il nodo politica/religione (o tecnica/vita, o, ecc. ecc.) non è più solubile. Bisogna mettere in campo nuovi vettori di senso, per costruire una bio-politica affermativa.
Io penso (anche) a concetti di provenienza teologica che però non sono stati secolarizzati dalla modernità. Al concetto di incarnazione, ad es., al concetto di carne: nel corpo e contro il corpo. Contro l’unitarietà del corpo, la molteplicità, la differenza, l’alterazione della carne. Oppure al concetto di Trinità, utile per decostruire il concetto moderno di persona giuridica.
Non bisogna aver paura della teologia: per ricostruire un’ontologia dell’attualità, il cuore teoretico della teologia può aiutarci.
segue dibattito
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