Cosa c'è di meglio

Giuliano Ferrara sta agganciando il cristianesimo, anzi il cattolicesimo. Mettiamo allora da parte la questione se al cristianesimo convenga (ci sono dubbi?) e prendiamo seriamente in considerazione "i vantaggi che potrebbero derivare allo Stato dalla decisione di ragionare di politica e religione etsi Deus [cristiano, anzi cattolico] daretur".

Beh, prendiamo in considerazione tutto, perché non anche questo? Facciamo questa "ginnastica". Che ce ne viene, quali sono i vantaggi della theologia civilis di Windrosehotel (è da lui – dopo il Papa – che proviene il cortese invito)? Wind mi pare che indichi con Leo Strauss il seguente, cospicuo vantaggio: "stabilizzare il quadro politico ponendo un freno al relativismo immanentistico e ai democraticismi di matrice giacobina".

Cavolo! Non ci avevo pensato: conviene! Stabilizziamo il quadro! Poniamo un freno! Ma, mi perdoni Wind: precisamente, a cosa? Non credo allo shopping del sabato pomeriggio, da cui pure il post di Wind comincia. E allora: a cosa? Ai vizi e alle passioni di quegli inguaribili nichilisti che sono gli italiani? Ma in che misura però il relativismo immanentistico costituisca un pericolo per lo Stato dovrei capirlo un po’ meglio. Dovrei capire meglio come una bella dose di assolutismo trascendentista stabilizzi, e cosa si vuole stabilizzare e frenare. Domando: l’assolutismo trascendentista ha effetti miracolosi sul senso civico degli italiani? Oppure eleva la qualità degli spettacoli televisivi? O che altro? (Senza PACS, lo Stato è più saldo, nevvero? Senza procreazione assistita, lo Stato sta su che è una bellezza, non è così?)

Ma c’è pure il democraticismo di matrice giacobina! Beh, dove stia non è che mi sia chiaro. Io tutti questi giacobini che spingono Ferrara ad aganciare il cristianesimo, anzi il cattolicesimo, non è che li veda. Il pericolo sono Travaglio e Flores, o chi? Cioè: io ingurgito dell’assolutismo trascendista per scongiurare il Comitato di Salute Pubblica di Micromega? Indubbiamente, qui c’è qualcosa che mi sfugge. Ci sono trame che si svolgono nell’ombra, perché io non le vedo. Vedo un proporzionale che ai bei tempi molti trovavano un pochino democraticista-assemblearista, ma a Wind piace, per cui non è quello. E allora cosa? Dove sono i giacobini?

Infine, se Dio esiste e si tratta di renderlo attivamente operante sulla scena politica italiana, se io devo ragionare etsi Deus daretur, e se tra l’altro dispongo, come dispongo, del suo Vicario, non vedo nessuna ragione per non trarre la più lineare delle conclusioni: il cattolicesimo religione di Stato. Perché no? Cosa c’è di meglio, per stabilizzare e frenare?

15 risposte a “Cosa c'è di meglio

  1. credo che “di meglio” ci sia solo il papa re (o il re papa? mah)

  2. Sono fascisti, ma hanno timidezza a dirlo.

  3. Non mi meraviglierei che si tornasse al cattolicesimo come religione di stato.
    Non mi meraviglierei neppure se l’adulterio tornasse reato civile e/o penale.
    Non mi meraviglierei neppure se ci fosse una riduzione del 5% sull’imponibile portando un tagliandino con cui si dimostra che si va a messa almeno una volta ogni due settimane (i tagliandini te li darebbero insieme all’ostia, naturalmente).

  4. Un passo piu’ in la’: hanno fobia dell’Islam e, quindi vorrebbero cattolicizzare lo Stato per usare lo Stato in difesa della loro religione. Machiavellici.

  5. Stavolta devo darle ragione. Costoro non si rendono conto che un cristianesimo formale, inteso come mera conservazione di modelli sociali e/o culturali, non serve a nessuno e, soprattutto, serve malissimo la causa del cristianesimo.
    No, un cattolicesimo religione di stato proprio non lo voglio, proprio non lo desidero. Troppo facile, troppo comodo, sostanzialmente inerte e, quindi, inutile.

    Bernardo

  6. “Prendiamo in considerazione tutto, perché non anche questo?” Partirei da qui, con tua licenza, per un disperato tentativo di conversione—esclusivamente intellettuale, per carità, occorre dirlo?—di quel relativista che sei (ohibò!), perché trovo la concessione talmente generosa e disinteressata che ignorarla sarebbe sintomo di imperdonabile insensibilità. In effetti mi rendo conto soltanto ora che il relativismo è una malattia tremenda, che non risparmia quasi più nessuno, a cominciare, purtroppo, dagli ingegni più vivaci della blogosfera, e, a cascata, giù per li rami anche quelli che tendono a riposare un po’ sugli allori e riguardano qualsiasi provocazione intellettuale con sussiegoso disdegno. E non è certo il tuo caso, ché il paracadute dell’ironia rende la discesa lieve ed elegante come quella delle foglie nell’autunno ormai alle porte.

    E pensare che io stesso mi professavo relativista, ancorché in un senso che, a quanto pare, solo Dario Antiseri—e forse Richard Rorty, per salpare dai patri lidi e uscire in mare aperto—ha saputo armonizzare (mirabilmente) con la fede cristiana! Che imperdonabile errore, se quel “chiuso morbo” può indurre ai più orribili misfatti—tra i quali annoveriamo quell’ostinato negazionismo che consiste nel domandarsi a che cosa precisamente si dovrebbe porre un freno, non già, attenzione!, come e in forza di che cosa, ché questo sì mi metterebbe in imbarazzo, proprio perché, ahimé, sono tuttora intriso di quel relativismo di cui parlavo poco più su— improvvido e spudorato anch’esso, ma così lontano dal tuo, sia ben chiaro, ché mai vorrei in alcun modo ferire la tua intelliugenza—e che tanto mi scoraggia dai tentativi di fondare le fedi (tutte) sulla roccia della Ragione!

    E poco importa, a questo punto, che persino sui Pacs il mio relativismo m’abbia indotto in errore, anzi in orrore. Acqua passata, lontana. Ora ho compreso il subdolo inganno cui ero stato indotto. E tu stesso mi offri la spiegazione dell’arcano, quando ti spingi a dire: “Ci sono trame che si svolgono nell’ombra, perché io non le vedo.” Ebbene, ora io le vedo. Relativisti, addio, addio per sempre. Viva il Papa!

  7. “Prendiamo in considerazione tutto, perché non anche questo?” Partirei da qui, con tua licenza, per un disperato tentativo di conversione—esclusivamente intellettuale, per carità, occorre dirlo?—di quel relativista che sei (ohibò!), perché trovo la concessione talmente generosa e disinteressata che ignorarla sarebbe sintomo di imperdonabile insensibilità. In effetti mi rendo conto soltanto ora che il relativismo è una malattia tremenda, che non risparmia quasi più nessuno, a cominciare, purtroppo, dagli ingegni più vivaci della blogosfera, e, a cascata, giù per li rami anche quelli che tendono a riposare un po’ sugli allori e riguardano qualsiasi provocazione intellettuale con sussiegoso disdegno. E non è certo il tuo caso, ché il paracadute dell’ironia rende la discesa lieve ed elegante come quella delle foglie nell’autunno ormai alle porte.

    E pensare che io stesso mi professavo relativista, ancorché in un senso che, a quanto pare, solo Dario Antiseri—e forse Richard Rorty, per salpare dai patri lidi e uscire in mare aperto—ha saputo armonizzare (mirabilmente) con la fede cristiana! Che imperdonabile errore, se quel “chiuso morbo” può indurre ai più orribili misfatti—tra i quali annoveriamo quell’ostinato negazionismo che consiste nel domandarsi a che cosa precisamente si dovrebbe porre un freno, non già, attenzione!, come e in forza di che cosa, ché questo sì mi metterebbe in imbarazzo, proprio perché, ahimé, sono tuttora intriso di quel relativismo di cui parlavo poco più su— improvvido e spudorato anch’esso, ma così lontano dal tuo, sia ben chiaro, ché mai vorrei in alcun modo ferire la tua intelliugenza—e che tanto mi scoraggia dai tentativi di fondare le fedi (tutte) sulla roccia della Ragione!

    E poco importa, a questo punto, che persino sui Pacs il mio relativismo m’abbia indotto in errore, anzi in orrore. Acqua passata, lontana. Ora ho compreso il subdolo inganno cui ero stato indotto. E tu stesso mi offri la spiegazione dell’arcano, quando ti spingi a dire: “Ci sono trame che si svolgono nell’ombra, perché io non le vedo.” Ebbene, ora io le vedo. Relativisti, addio, addio per sempre. Viva il Papa!

  8. “Prendiamo in considerazione tutto, perché non anche questo?” Partirei da qui, con tua licenza, per un disperato tentativo di conversione—esclusivamente intellettuale, per carità, occorre dirlo?—di quel relativista che sei (ohibò!), perché trovo la concessione talmente generosa e disinteressata che ignorarla sarebbe sintomo di imperdonabile insensibilità. In effetti mi rendo conto soltanto ora che il relativismo è una malattia tremenda, che non risparmia quasi più nessuno, a cominciare, purtroppo, dagli ingegni più vivaci della blogosfera, e, a cascata, giù per li rami anche quelli che tendono a riposare un po’ sugli allori e riguardano qualsiasi provocazione intellettuale con sussiegoso disdegno. E non è certo il tuo caso, ché il paracadute dell’ironia rende la discesa lieve ed elegante come quella delle foglie nell’autunno ormai alle porte.

    E pensare che io stesso mi professavo relativista, ancorché in un senso che, a quanto pare, solo Dario Antiseri—e forse Richard Rorty, per salpare dai patri lidi e uscire in mare aperto—ha saputo armonizzare (mirabilmente) con la fede cristiana! Che imperdonabile errore, se quel “chiuso morbo” può indurre ai più orribili misfatti—tra i quali annoveriamo quell’ostinato negazionismo che consiste nel domandarsi a che cosa precisamente si dovrebbe porre un freno, non già, attenzione!, come e in forza di che cosa, ché questo sì mi metterebbe in imbarazzo, proprio perché, ahimé, sono tuttora intriso di quel relativismo di cui parlavo poco più su— improvvido e spudorato anch’esso, ma così lontano dal tuo, sia ben chiaro, ché mai vorrei in alcun modo ferire la tua intelliugenza—e che tanto mi scoraggia dai tentativi di fondare le fedi (tutte) sulla roccia della Ragione!

    E poco importa, a questo punto, che persino sui Pacs il mio relativismo m’abbia indotto in errore, anzi in orrore. Acqua passata, lontana. Ora ho compreso il subdolo inganno cui ero stato indotto. E tu stesso mi offri la spiegazione dell’arcano, quando ti spingi a dire: “Ci sono trame che si svolgono nell’ombra, perché io non le vedo.” Ebbene, ora io le vedo. Relativisti, addio, addio per sempre. Viva il Papa!

  9. non farti prendere dal panico. il cristianesimo è conservazione. esiste un aspetto ammirevole della conservazione.

  10. vi invito a fare un salto sul mio BLOG, sto conducendo un dialogo parallelo sul tema del fondamentalismo e dei suoi legami costitutivi con la forma mentis delle religioni abramitiche

  11. Caro Wind, non pretendo che tu legga quel che scrivo altrove, ma se in questi mesi hai seguito il blog, potrai ben dirmi dov’è che io faccio professione di relativismo. Ovviamente bisogna intendersi sulle parole, ma se relativista è uno il quale si riconosca nella proposizione: tutto è relativo, ebbene io non lo sono. Se relativista è uno il quale pensa che quello o questo per me pari sono, ebbene: io non sono relativista. Certo, se relativista è uno il quale pensi che la verità non sia appannaggio tuo o di Papa Benedetto XVI, beh: sono relativista.
    In secondo luogo, visto che non hai problema a dire a che cosa bisognerebbe por freno, allora mettilo per iscritto qui. e bada: qui si tratta di qualcosa non frenato il quale lo Stato (tu scrivi: lo Stato) è meno saldo che pria. Ebbene, che cosa? Domanda precisa: lo Stato (lo Stato) è più saldo, ora che abbiamo la legge sulla fecondazione assistita? La Gran Bretagna, che tu mi pare ammiri, è meno salda visto che sul punto è un po’ più sfrenata? Allora: cosa?

  12. (Ho omesso del tutto considerazione di carattere più strettamente filosofico, perché non è in questi commenti che mi tocca di spiegare che razza di sciocchezza sia questa polemica sul relativismo; e ho omesso pure considerazione di carattere storico-politico, visto che tu nel post chiedevi di tenere da parte il fatto che la religione instrumentum regni di Machiavelli era tutto meno che trascendentista. Era politeista, per la miseria!)

  13. Dimenticavo: quanto al “come” e all’ “in forza di che”, me l’ero presa già con Garelli, appena un post sotto. E mi pare che tu stia messo come lui.
    (E visto che ho aggiunto il terzo commento, credo che quella che tu chiami l’armonizzazione di Antiseri, pensata un po’ a fondo, appartenga alla famiglia dello scetticismo cristiano. Che un tempo alla Chiesa non andava affatto a genio, ma oggi, mancando l’ “in forza di che” vedo che finisce col bastare. Purché si sappia dove lo scetticismo (il fallibilismo) deve andare a parare).

  14. La critica al relativismo può farla chi abbia compreso il concetto di relatività. Pasquino sabato sul Riformista ha fatto un discorso anti-relativista ma senza mettere in discussione il principio di relatività.

    I discorsi sui freni, sui limiti, sui capricci invece dei diritti, sono da un lato di una banalità sconcertante (tutto si riduce a “libertà sì, purché non sia libertinaggio”, ma questo rimane un discorso da bar perché a volerlo tradurre per via politica e legislativa significherebbe autoritarismo); dall’altro inquietanti, perché il discorso sulla decadenza dei costumi è non a caso simile a quello del fondamentalismo islamico.

    E anche Bush ha a dire: “I tiranni e gli aspiranti tiranni hanno sempre dichiarato che gli uomini e le donne libere sono deboli e decadenti, fino al giorno in cui uomini e donne libere li hanno sconfitti”.

    ciao

  15. Ma certo che bisogna intendersi sulle parole: rispetto a bin Laden Benedetto XVI è un relativista, così come rispetto a Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin, e più ancora rispetto a Josif Vissarionovič Džugashvili, detto Stalin, il povero Lev Davidovič Trockij era un liberale di stampo classico, e così via …
    Alla richiesta relativa a ciò a cui bisognerebbe por freno, mi riprometto di rispondere, un giorno o l’altro, con una lista lunga qualche chilometro, cercando di superare i dubbi intorno a come ordinare in graduatoria le varie voci, in modo da non incorrere in troppe e troppo pesanti scomuniche scomuniche laicistiche! (D’accordo bisogna intendersi anche sul concetto di laicismo, come no?) Per ora, se mi concedi, mi limito a dire che lo Stato non è affatto più saldo ora che abbiamo la legge sulla fecondazione assistita—anche perché l’abbondanza di legiferazione è sintomo, semmai, più di debolezza che di forza, sia dello Stato sia della società (civile o incivile che sia)—ma che lo sarebbe senz’altro il giorno in cui alle sessantenni che vogliono mettere al mondo dei figli, o alle ragazze che vogliono diventare madri senza doversi sottoporre alla snervante fatica di avere rapporti sessuali con partners di sesso maschle, non fosse necessario opporre un divieto per legge, potendo risultare parimenti efficace un colloquio chiarificatore con uno psichiatra, o meglio con una psichiatra donna, e via così. Io preferirei parlare di idee, concetti, sensibilità, ecc., e lascerei in seconda battuta le restrizioni legislative (in cui credo molto poco in assoluto e ancor meno quando si tratta di questioni di coscienza). Certo, delle restrizioni sono necessarie—ne converrai anche tu—ma non sono ossessionato dalla necessità di vietare, almeno non quanto qualcun altro mi sembra ossessionato dalla necessità di abrogare, a un di presso, qualsiasi divieto. Non so se ho reso l’idea.

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