Qualche post fa, ci ho messo la faccia.
Non mia, ma di Parmenide. Titolo del post:
Cominciamenti. Ossia: la filosofia comincia con Parmenide. Meglio ancora: Parmenide è la soglia: di là il mito, di qua la filosofia. Soglia ideale: ho difficoltà a dire che sia stata per sempre oltrepassata, e preferisco pensare che filosofo non sia colui che varca la soglia, ma colui che la traccia.
Ma se tocchi i greci, muori. O se non muori finisci sotto le grinfie di
Porphirios, che non ti fa passare neanche un accento circonflesso fuori posto. E Porph. mi fa: e i presocratici? (Ffdes li ha pure
messi in squadra!). E io di rimando: i presocratici non ragionavano. E Porph.:
bella questa! Ed io: bada bene, non ragionavano
en philosophes. Allora lei, la più tignosa della blogosfera (è un complimento, e lei lo sa): prima cita l’autorità massima di J. Barnes (nei commenti), poi scrive il
post definitivo. Lascia la parola direttamente a Simplicio, che qualche secolo dopo i presocratici, e per nostra fortuna, ne riporta ancora le parole e commenta: questo qua (Anassimandro) si esprimeva in modo poetico, ma non sottovalutatelo: ci ragiona, sopra le cose. “Grazie a Diels, c’è Simplicio”, conclude perfida Porph., e ora io non so a che santo votarmi.
Però non mi rassegno: e non solo perché per il mio magister persino Parmenide non è affatto un filosofo, e la filosofia comincia con Socrate. Il mio magister dice: Parmenide fa parlare la Dea; Eraclito fa parlare il Logos con la maiuscola: questa è gente che ascolta, e ubbidisce. Poco importa se quel che ascolta è ben ragionato: loro se ne stanno lì, a ricevere il verbo. Socrate invece no: prima di ubbidire, discute, e accetta di seguire solo il logos che alla sua ragionante ragione appare il migliore. E’ un tipo tosto, Socrate.
Io non dico tanto. Io dico che Simplicio ha in mano una distinzione: forma ‘poetica’, contenuto ‘logico-filosofico’, del tutto inappropriata per Parmenide. Anacronistica. La distinzione si può applicare (anzi, lo si deve, perché non siamo presocratici: l’ho fatto anch’io, dicendo in breve che in Parmenide la cornice è ancora poetica, mentre il contenuto è filosofico). Ma si badi: siamo noi (a cominciare da Simplicio) a ragionare di Parmenide e con Parmenide indipendentemente dall’aspetto poetico, e così a leggere il poema sulla natura relegando nel mito il carro, i cavalli, le vergini, il Giorno e la Notte e tutto il resto: la rotonda verità di Parmenide sta per noi lì, ben salda, pure senza tutti questi orpelli poetici o retorici.
Ecco, Porph.: se tu pensi (con Simplicio, probabilmente) che Parmenide ‘sta storia del carro se l’è inventata per abbellire la rivelazione della Dea, allora ne fai un filosofo a tutto tondo. Se invece pensi (come io penso) che Parmenide si sarebbe incazzato di brutto, a togliergli il carro da sotto al sedere, allora no, non puoi gettarlo tutto dal lato della ragione ragionante, e lo devi tenere sulla soglia.