Archivi del giorno: ottobre 29, 2005

Marmellata

In due parti, Teodori e Craveri affrontano su Il Foglio la svolta anti-liberale di Pera. (Non è colpa mia se si dà tanto credito a Pera). La prima parte è politica; la seconda è filosofica (nientemeno). Nella prima parte, fosse per me, darei più sostegno alla critica della tesi di Marcello Pera, secondo la quale “il legislatore decide sulla base dei valori più accettati e condivisi nella società”. secondo la tesi di Pera, in un paese in cui la marmellata di pera è il valore fondamentale più accettato e condiviso sarebbe lecito fare marmellata di Pera. Non vorrei spaventare Pera, ma questo è relativismo! E Pera no, ma il liberalismo crede di potervi porre un argine.
Nella seconda parte, gli autori fanno un po’ di albero genealogico, e ricordano fra l’altro che il diritto naturale non l’ha inventato il cristianesimo, e che si può essere giusnaturalisti senza essere cristiani. Io aggiungo pure che si può ritenere che vi sia un limite al positivismo delle leggi senza scomodare il concetto, filosoficamente alquanto compromesso, di natura.
Ma siamo d’accordo. Teodori e Craveri fanno bene a chiedere a Pera perché spaccia per liberale questo suo tradizionalismo (e poi ci vengono a dire che il laicismo è ottocentesco). E fanno bene a ricordare che è falso che l’etica o è religiosa o non è. L’etica laica pubblica non ha bisogno di supplementi religiosi. Anche qui solo una piccola aggiunta: Pera non capirà mai, quel che un cristiano capisce invece benissimo: è proprio un gran bene, per la religione, che l’etica pubblica se ne distacchi un po’.

Quel che veramente muore, morrebbe: chissà

Sentivo ieri in televisione Marco Rizzo mettere i compagni sull’avviso: la costituzione di un partito democratico rischia di far morire in Italia la vera sinistra. Marco Rizzo è andato vicinissimo al vero. Quel che rischia di morire, è che è bene che muoia finalmente e che sia pure sepolto, è l’idea di Marco Rizzo che vi sia una vera sinistra (quella da lui rappresentata, suppongo).

Critiche e insolenze

Due cose interessanti su Il manifesto di questa settimana: un’anticipazione del saggio di Mario Tronti (Per la critica della democrazia) contenuto nel volume collettaneo Guerra e democrazia, e una presentazione della metafisica insolente di Gilles Deleuze a dieci anni dalla sua scomparsa, in occasione della ripubblicazione di Logica del senso

Il saggio di Mario Tronti non contiene grandi novità, per il lato per il quale è una critica del concetto di democrazia reale; per il lato per il quale invece prova a disegnare le condizioni di una possibile rottura storica è, mi si passi la parola, assolutamente inane. Veramente. C’è da chiedersi come su queste basi teoriche si possa pensare di costruire l’azione politica. Non c’è nessun cenno del genere nel testo, ma a me vien fatto di pensare che chi pensa su queste bsi, o imbraccia le armi, o è meglio che cambi le sue basi teoriche.

Deleuze. La grandezza di pensiero di Deleuze non si discute. Quello che io invece discuto, è un certo modo di presentare il suo pensiero (al quale peraltro indulge lo stesso Deleuze: non dico dunque che non sia fondato) in cui il meglio che se ne può ricavare è l’eterno duello fra la vita e le forme. In Deleuze c’è molto di più, anche perché il concetto di vita è, per dir così, despiritualizzato, e non promette nulla di ‘buono’. Così ci si trova dentro il corpo senza organi e la macchina desiderante. Ma rimane l’impressione di un vitalismo che s’inventa certi connotati solo per insofferenza verso le forme dominanti (il capitale, l’Edipo, Dio). Rmane l’impressione che ci siano i buoni e i cattivi, anche se i buoni sono cattivi e i cattivi buoni. Ciccarelli ha ragione quando dice che "una delle malevoli interpretazioni della filosofia deleuziana sostiene che questa sia l’apologia di una specie di anarchismo desiderante o delle virtù della schizofrenia che riscopre lo stato barbaro del desiderio contro le ristrettezze analitiche della ragione". Però è difficile considerare che sia solo un pregiudizio, ed è difficile pensare che se si recupera l’origine spinozista dell’etica deleuziana, come chiede giustamente Ciccarelli, tornino tutti i conti, e soprattutto tutte le pagine di Deleuze.