Sia il post. E il post fu.

Leszek Kolakowski sul Corriere di eri spiegava il nichilismo (l’approccio nichilista alla storia) così: dire che non esistono fatti ma solo interpretazioni [non l’avesse mai detta, questa cosa, Nietzsche!] può significare che qualunque descrizione di un fatto impegna l’intera storia culturale umana, e sin qui ci può stare; ma può significare anche che i fatti siano prodotti dalle interpretazioni, e questo è inaccettabile.
L’esempio di Kolakowski di questa versione nichilista troppo nichilista della frase di Nietzsche è il seguente: “dire ‘il signor K ha rubato una bottiglia di vino’ sarebbe un’interpretazione che genera il fatto; il fatto in sé non esiste. Di conseguenza, frasi come ‘il signor K è colpevole di aver rubato il vino […] non hanno significato in relazione a un fatto; sono solo parti dell’interpretazione”.
 
Due considerazioni.
1. L’esempio di Kolakowski funziona solo se lo leggete (come viene fatto di leggerlo) così: posto che K abbia rubato il vino, allora è inaccettabile che dirlo generi il fatto.
2. Il fatto in sé quale sarebbe?
 
Pausa
Prima di scandalizzarvi per questa inaccettabile deriva ermeneutica, chiedetevi se, anche ammettendo che i filosofi, da Nietzsche in giù, son tutti folli, chiedetevi se è mai possibile che un essere umano adulto vissuto negli ultimi duecento anni possa mai pensare che pronunziare le parole ‘il signor K…’ produca o generi il fatto, il signor K, la bottiglia e tutto il resto.
 
Altre due considerazioni (ripresa)
3. E allora? Non esistono ‘fatti in sé’, ma questo vuol dire avere una concezione magica (altro che nichilistica) della storia, per cui basta dire le cose a piacere perché gli eventi accadano?
4. Ma poi, se i fatti non esistono, come può un’interpretazione generarli? E’ incredibile come filosofi anche seri possano leggere la proposizione di Nietzsche così: secondo taluni ci sono X e ci sono Y, ma Y non ci sono, ci sono solo X; mentre è del tutto evidente che se ci sono solo X, il senso di X (ma anche quello di Y) non può essere lo stesso senso che riceveva quando stava dirimpetto a Y.
 
Finale
Sia il post. E il post fu.

6 risposte a “Sia il post. E il post fu.

  1. banalmente, posso solo pensare che Kolakowsky (“se non esiste Dio”, giusto?) consideri che di un fatto si può parlare solo avendone una descrizione a posteriori. cioè, un fatto di cui si afferma l’esistenza sarebbe avvenuto nel per forza nel passato (bah!). per cui l’esistenza del fatto si riduce all’affermazione della sua esistenza. in tal senso un’affermazione può “generare” un fatto (o meglio la credenza di un fatto) anche senza riferirsi ad un accaduto reale.

  2. L’affermazione di Nietzsche io l’ho sempre interpretata (e d’altra parte che cosa fare se non interpretarla?) così: paradossalmente.
    I fatti non esistono se IO non ci sono, perché l’interpretazioni di chiunque altro che non sia IO è di altri IO: quindi il fatto “eventa” ed è uno o più fatti per ogni IO che vi è coinvolto, ma per l’IO che sono IO quello non è un fatto, se non c’ero, e quindi non è accaduto.
    Dubito pertanto che sia mai esistito qualsiasi Big-Bang: IO non c’ero (e neanche alcun altro IO, se proprio vogliamo puntualizzare).
    Però è un’interpretazione volutamente paradossale, “artistica”, non filosofica.

  3. peraltro le interpretazioni sono fatti

  4. Sospetto che la frase di Kolakowski riguardi, più che Nietzsche, Kafka: quello del “Processo”.
    TommasoGiartosio

  5. Sospetto che la frase di Kolakowski riguardi, più che Nietzsche, Biscardi: quello del “Processo”.

    farfintadiesseresani

  6. utente anonimo

    Stessa cosa. Biscardi è Titorelli.
    TG

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