Pagina de Il Foglio (a firma di Giuseppe Scaraffia) dedicata a Denis Diderot. Per quanto sia ben scritta, non ho proprio capito perché Diderot sarebbe il padre illuminista dell’ateismo devoto, come dice il titolo della pagina. (Se lo fosse, sarebbe uno scoop!)
Comunque, devo supporre che sia perchè nell’Entretien d’un philosophe avec Mme la Maréchale de ***, "vertice del suo [= di Diderot] pensiero etico", La Marescialla chiede: "siete voi quello che non crede in niente?". E Diderot: "proprio io". La Marescialla: "Però la morale è quella di un credente"; Diderot: "Perché no, quando si è un uomo onesto?"[…]. "Insomma, cosa ci guadagnate a non credere?". Diderot: "Proprio niente, Signora: si crede forse perché c’è qualcosa da guadagnare?".
Ora, non so se Scaraffia abbia ben compreso la citazione di Diderot, ma se l’ha ben compresa, ha giocato davvero un brutto tiro al suo ateodevoto Direttore. Perché quel che Diderot dice è press’a poco: la religione non mi serve per essere un uomo onesto. La virtù trova premio in se stessa. La stessa cosa pensavano Socrate, Pomponazzi e Spinoza, e nessuno dei tre mi pare sia un campione dell’ateismo devoto (della devozione con o senza ateismo, direi). Se poi uno legge anche il resto della citazione – la Marescialla che confessa che sì, lei è credente, e "presta a Dio per ricavarne un utile", mentre Diderot "dà a fondo perso" – vi trova pure l’affermazione della superiorità della morale laica rispetto a quella cristiana (ovviamente, dal punto di vista del credente, vi trova magari l’orgoglio luciferino della ragiona autonoma).
Se l’ateo devoto deve fare come se Dio credesse perché conviene (è il senso immediato della scommessa di Pascal, richiamata a questo proposito da papa Ratzinger), il testo di Diderot dice esattamente il contrario, che, convenga o meno ("dò a fondo perso", dice), bisogna fare quel che bisogna fare. Il testo di Diderot dice: la religione non mi serve. Non ho bisogno della religione per essere quello che sono.
Ma Scaraffia (o Ferrara) hanno forse letto le parole di Diderot, parole come "senza credere ci si comporta quasi come se si credesse" e hanno preso il contenuto senza riflettere sul suo senso. Diderot sta casomai dalla parte di Bayle, dell’ateo virtuoso, non dell’ateo devoto. E se il contenuto della morale razionale coincide per lui, in termini di virtù, con quello della morale religiosa, è perché è razionale, non perché è religioso. L’ora in cui si dovessero separare (l’ora di Giordano Bruno), chi volesse avere Diderot per padre illuminista, seguirebbe senza difficoltà la ragione, non la religione. Convenga o meno