Archivi del giorno: novembre 14, 2005

Perla

Grazie a The wreck, scopro oggi questa perla. Visto che il pezzo su Left Wing riguarda la vicenda di Adelina Zarrillo, esclusa dalla cerimonia all’Altare della Patria, riporto i primi due capoversi della perla:

"In un Paese in cui i Papa-boys e gli Atei devoti non perdono occasione per scagliarsi contro "la deriva zapaterista" e si segnano quando sentono parlare dei Pacs tra conviventi, fa scalpore apprendere che i conviventi dei senatori e dei deputati possono fruire dell’assistenza sanitaria integrativa di cui beneficiano i loro compagni parlamentari. Sono sufficienti una dichiarazione del parlamentare e tre anni di convivenza. Requisito, quest’ultimo, che non viene però richiesto se sono nati dei figli.
Questo riconoscimento – peraltro giustissimo, e ammesso anche dalle regole sull’assistenza sanitaria di altre categorie come ad esempio i giornalisti – fa a pugni con la contrarietà espressa della maggioranza degli stessi parlamentari a riconoscere analoghi diritti ai cittadini qualunque".

Nussbaum e Nassirya

E’ il titolo della splendida, splendidissima seconda pagina di Leftwing: non mi vergogno di dirlo. La libertà di rubare è invece il titolo della goccia, e neanche di questo mi vergogno.

Consulenza filosofica del giovedì

– Professore, guardi qua! –
Dinanzi a me c’è un medico generico, genericamente vestito. Lo conoscevo di nome prima di incontrarlo nel mio studio di consulenza filosofica del giovedì. Le devo parlare, mi aveva detto, e io mi ero convinto che gli si fosse presentato qualche delicato caso al confine tra etica, deontologia e scienza medica. Quel che pero mi mostra non è una cartella clinica, ma un fascio di fogli spiegazzati che ha appena estratto da un borsello. Sopra, ci sono nomi, cognomi, numeri di telefono. E pallini, e freccette, e tratti di penna sui nomi
– Ebbene? –
– Si rende conto, professore? Questi che vede sono tutti miei clienti. Clienti da anni! Loro, i loro figli, le loro famiglie.
– Vedo, vedo. Vedo che ha una vasta clientela. Mi compiaccio con lei -.
– Clientela un corno! Non mi hanno votato! -.
. Non l’hanno votata? -.
– No. Ho preso solo centoventi voti di preferenza. E che me ne faccio, io, di centoventi voti? Dove vado, con centoventi voti? Il mio collega F. C., primo degli eletti, un dottore – mi perdoni, non dovrei parlare male dei colleghi, ma insomma -, un dottore che se lo chiami in orario non di studio non lo trovi mai, che i medicinali se li fa segnare direttamente dal rappresentante farmaceutico, e che non ti dà un’aspirina se prima non ti ha fatto fare le analisi, beh: questo qua ha preso cinquecentododici voti di preferenza. E abita qui, a B., da meno di dieci anni!
– Capisco. E mi dispiace, davvero, ma francamente non vedo come la consulenza filosofica possa aiutarla…
– Ma una spiegazione ci deve pur essere! Voglio dire: non è di questo che vi occupate voi filosofi? Voi non me la dovete, una spiegazione?
– Veramente, non so neppure se gliela debbano i suoi pazienti.
– Come sarebbe che non me la debbono? E chi me la deve, allora? Io sono sempre disponibile, sa? Rilascio tutti i certificati che mi chiedono, e loro non mi devono neanche una spiegazione? E lei, scusi, che ci sta a fare?
– Veramente non so, però la sua richiesta potrebbe forse essere meglio soddisfatta, se proprio vuole, da un sociologo, da uno studioso dei comportamenti elettorali, da un sondaggista, da uno storico locale, ma io…
– No, guardi: cosa mi può dire il sociologo che io non sappia già? Che questi hanno votato in base a questo o a quello, e non invece in base al fatto che il loro medico era candidato?
– Ecco, forse: una cosa del genere.
– Certo, ma io lo so già! Io questo lo so già. Io però voglio sapere perché tizio ho votato in base a questo o a quello, e non in base al fatto che il suo medico era candidato? Perché? Mi perdoni, professor Adinolfi, ma lei è un filosofo o no?
– Non saprei: dovrei esserlo.
– E allora mi risponda! Perché Carlo M., che mi delizia appena può con la sua impotenza, e io mai che lo mandi a cagare, perché quando poi gli chiedo per una volta io un favore a lui, mi dice non si preoccupi dottore e poi nemmeno mi vota: perché? Perché ha un cugino candidato?
– Ecco: magari.
– Ma perché preferisce votare il cugino anziché il suo dottore? E poi lei che ne sa, scusi? E anche se così fosse, voglio che lei mi spieghi questo: perché vota il cugino? forse perché per lui conta di più la famiglia, la parentela?
– Beh, credo di sì: forse. Sì, credo proprio di sì
– Ma caro il mio filosofo: lei crede, dice. Ma che filosofo è? Ma così son bravi tutti. E se poi lei non mi dice perché conta di più la parentela…
– Lei ha ragione, dottore, ma per me è difficile, così: su due piedi… E poi le ripeto: non è che io, in quanto consulente filosofico, possa esserle veramente d’aiuto.
– Lei non mi può essere d’aiuto? Allora le dico io una cosa: lei è di quei filosofi che s’inventano parole su parole, belle teorie, grandi scenari, e poi quando qualcuno le chiede di usarle, queste benedette teorie, non può essere d’aiuto. E quando può essere d’aiuto, lei? Quando pensa che mi potrebbe aiutare?
– Lei ha ragione, caro dottore, però vede…
– Io vedo che a una precisa domanda che le ho rivolto non sa rispondermi: non sa nemmeno da dove comincia, una risposta. Se lei fa il filosofo per cacar dubbi, beh: se li può tenere. Non voglio mica star qui a perder tempo. Io ai miei clienti non sto lì a dire che vede, che forse, che magari. Io scrivo ricette. Lei scrive ricette?
– Veramente no…
– Lo vede? E allora lasci perdere, va. Lasci proprio perdere. Guardi, professor Adinolfi (lei è professore, vero?), le dò un consiglio: lasci perdere. Che la gente non ha tempo per venire da lei a sentire che forse, che può darsi, che non saprebbe dire. La saluto, professore -.
E così dicendo, si riprende i fogli, gli dà un’ultima occhiata, li ripiega, li sistema e se ne va.
Senza pagare.
D’altronde.