Le vie della rete sono infinite, e così uno stralcio dell’abecedario di Deleuze sui diritti umani, apparso su Alias di sabato, giunge fino a me, grazie a pirobutirro (e a tomm, che me l’ha segnalato). Ora, cosa dice Deleuze? Questo:
"I diritti dell’uomo: invochi i diritti dell’uomo e che cosa significa? Significa dire ai turchi che non hanno il diritto di massacrare gli aremeni [Deleuze si riferisce in realtà al conflitto tra armeni ed azeri nel Nagorno-Karabahk: siamo nel 1993]. D’accordo, non ne hanno il diritto, e allora? Siamo forse andati avanti, così? Sono veramente degli ottusi. Oppure sono talmente ipocriti, questi teorici dei diritti dell’uomo, e filosoficamente sono il nulla. E’ la creazione del diritto, non sono le dichiarazioni dei diritti del’uomo, è la creazione della giurisprudenza. Ecco cosa esiste. Quindi, lottare per la giurisprudenza".
(il resto del ragionamento di Deleuze lo trovi qui, a commento della visita di Bush in Cina).
Perfetto. Lottiamo pure per la giurisprudenza. Cioè, mi pare di capire: perché si dia una situazione in cui gli armeni non siano più massacrati dai turchi, o perché i turchi non siano effettivamente in grado (o messi in condizione di) massacrare gli armeni. Quel che però non capisco, è perché i turchi non debbano più massacrare gli armeni.
La dottrina dei diritti dell’uomo immagino voglia fornire una risposta a questa domanda. Ma il punto è che qualunque sia questa risposta, quella dottrina o un’altra, uno potrebbe replicare come Deleuze: invochi questa dottrina e che cosa significa?. Dici che questa cosa non si può fare, d’accordo: e allora? E se la faccio (la fanno) lo stesso? Sarà mica perché i tuoi principi dicono no, che io (loro) mi sto (si stanno) fermo/i e buono/i.
Però ora devo aggiungere: in un certo senso Deleuze ha ragione. Ma solo in un certo senso. Deleuze dice una cosa che un tempo si diceva così: uno fa una cosa, e le ragioni (i diritti) vengono dopo. Figuriamoci se possono essere presi per un fondamento filosoficamente valido. Filosoficamente sono il nulla. E certo, ma politicamente no. Perché le società democratiche hanno nel loro funzionamento, nel loro ‘concatenamento’, questa finzione, che si debbano dare prima ragioni su cui fondare la giurisprudenza: persino i massacratori invocano da qualche parte il relativo diritto. E’ una finzione che ha la sua efficacia, e questa efficacia non mi dispiace. Non ci scommetto sopra una filosofia del diritto, ma scommetto che se strappo la finzione, i turchi massacrano gli armeni con qualche facilità in più.
Credo di poterti rassicurare sul fatto che i turchi continueranno a massacrare gli armeni comunque. Nessuna giurisprudenza ha mai fermato un massacro. Per dirla con Tucidide, i massacri fanno parte del tributo che Ananke pretende dall’uomo.
(una lettura utile: Franz Werfel, “I quaranta giorni del Mussa Dagh”; storia deillaresistenza opposta alle soverchianti forze turche, tra il luglio e il settembre 1915, da cinquemila armeni rifugiatisi sul massiccio del Mussa Dagh. All’epoca il libro fece scalpore e della tragedia degli armeni si parlò a lungo. Ovviamente la situazione concreta degli armeni non cambiò di una virgola ed anzi, quelli che sfuggirono alla persecuzione riparando in Europa furono trattati malissimo)
forse, azzardo, nel parlare di diritti dell’uomo deleuze ce l’aveva con uomo più che con diritti (nell’uomo da cui universalmente dovrebbero discendere diritti, i diritti dell’uomo, cosa che poi non accade, o accade ironicamente al contrario per cui l’humanitas provoca un raffinamento del terrore);
cioè forse diceva quello che dici tu alla fine, che i diritti si fanno, non discendono e in tal senso forse non sono nemmeno filosoficamente il nulla (a meno che anche la filosofia non debba discendere).
(a fondarci una filosofia del diritto, sempre se ho capito di cosa parliamo, ci prova negri in Potere costituente. Che ci riesca è altra faccenda 🙂 )
è anche vero che la società turca che massacrò gli armeni , glia ssiri e i greci di turchia non era la nostra società. era un’altra società. retta da altri principi e da altre leggi. il punto sta allora nel vedere in che modo sia possibile che un’altra società, e quindi un’altra cultura possa introiettare dei principi/leggi diversi dai suoi. su questo argomento, ovvero l’influenza di una cultura su un’altra si parla molto, vista l’accelerazione di “scambi”. vale per molti elementi: velo, escissione, fondamentalismo, pena di morte, rappresentanza politica ecc ecc..
mel