Archivi del giorno: novembre 30, 2005

Cavoli a merenda (c'entra come i)

Il fondo di oggi sul giuramento abortista de Il foglio se la prende con le prese di posizioni polemiche, ideologiche, pregiudiziali del fronte ‘laicista’. Ai vescovi si dà addosso per partito preso. Cosa hanno detto questa volta? Una cosa ragionevole: "vanno valorizzati quegli aspetti della stessa legge 194 che si pongono sul versante della tutela della maternità e dell’aiuto alle donne che si trovano in difficoltà di fronte a una gravidanza". Perché dunque essere pregiudizialmente ostili? E va bene: non sarò ostile, né a priori né a posteriori. Ma subito dopo Ferrara scrive:

"I laicisti invece agiscono come sciamani dell’abortismo ideologico, chiedono programmi e rigorose, eterne fedeltà a una cultura che uccide in pancia, relativizzando la persona, sia la donna cui viene negata la libertà di non abortire, sia l’essere maschile o femminile concepito e poi negato". Come si vede, Ferrara, lui, non ci mette nulla a interpretare abbondantemente in maniera pregiudizialmente ostile, ma passi. Il fatto è che s’inventa pure cose che c’entrano come i cavoli a merenda: relativizzando la persona? Ma che vuol dire?

Siccome deve fare la crociata contro il relativismo la parola dentro ce la deve mettere per forza?

Barzelletta

Una barzelletta che circola tra ecclesiastici narra che un giorno vengono ritrovati i resti di Cristo. Imbarazzo, poi si studiano le contromisure. I Francescani propongono di adoperarli per cavarne reliquie da vendersi nei giorni di festa; i Domenicani suggeriscono nuove ermeneutiche della scrittura volte a far quadrare i conti; e i Gesuiti, stupefatti, esclamano: «ma allora esisteva davvero!».

A raccontare la barzelletta è Maurizio Ferraris, che continua: "I tre ordini manifestano i tre ingredienti fondamentali del post-moderno: la Secolarizzazione (i Francescani), l’Ermeneutica (i Domenicani), il Nichilismo (i Gesuiti)".

(In questione è "il bello del relativismo. Quel che resta della filosofia nel XXI secolo". Acquisterò il libro).

Onore e vanto

Gran bel giornale, Il Giornale (trovato grazie a stamparassegnata)

Cerchi, quadrati, e spigoli arrotondati, ovvero: come Giorgio Israel non ha capito granché

"L’idea di definitività provvisoria, o stabilità variabile, questa sì è roba da cerchio quadrato". Ma no, ma no: è un’ottima idea (se ci si vuole intendere). Non mia, e nemmeno di Mori, al cui lungo articolo replica lungamente ma non altrettanto Giorgio Israel (ripescati grazie a Porphyrios), ma per esempio di Wittgenstein, Della certezza. Ora, io devo starmi attento a non scrivere post troppo lunghi, e perciò la spiegazione sarà un po’ lacunosa, ma insomma: è come l’acqua e il letto del fiume. L’acqua scorre via che è una bellezza, il letto del fiume si modifica invece lentamente, solo un po’ alla volta: cosa c’è qui di contraddittorio? I valori morali mutano, ma lentamente: per chi cercasse l’assoluto, facciamo che c’è apposta la religione. (Invece di cercare di fondare teologicamente e metafisicamente i valori morali, col rischio – visto che questi cambiano – di screditare tutto il resto, perché non imparare a tenere distinte le cose, ed evitare così brutte figure – tipo considerare peccato andare a teatro, salvo scoprire qualche annetto dopo che è cosa buona e giusta?).

Mori invece del fiume fa l’esempio del linguaggio, istituzione ‘oggettiva’  quanto basta perché ci si intenda – non la si cambia a piacere – ma non assolutamente oggettiva. Israel obietta argutamente: come circoscrivo l’intersoggettività ("un gruppo – scrive Israel – come definito, come delimitato?") che fonda l’oggettività del linguaggio? Bella obiezione! Bravo! Hai capito tutto! Oppure Mori ha scritto invano. Come stabilisco se mio figlio di due anni parla italiano, o se uno straniero che sta qui da cinque anni parla italiano, o se un veneto che mescola nella sua parlata un po’ di dialetto parla italiano, o se un genovese del 1420 parla italiano, o se Schumacher parla italiano? Cos’è l’italiano che tutti costoro parlano? Israel tira in ballo Aristotele. Bene, benissimo: mi dia allora l’essenza immutabile dell’italiano! E mi dica pure: dopo quanti errori si dirà che lo studente non sa scrivere in italiano? Io, per me, darò alla domanda una risposta sfrontata, sfrontatissima: dipende! (Però se son professore boccio e promuovo ugualmente, con tutto che dipende!).

Perché dipende, caro Israel, con buona pace di Aristotele che citi fuori tempo massimo. Dipende: non lo stabilisci una volta per tutte, ora e sempre e sotto tutti gli aspetti. Non sai, non puoi sapere che italiano si parlerà fra mille anni (se si parlerà), e non puoi sapere nemmeno se oggi tizio o caio parlano assolutamente italiano. Dipende da cosa vuoi fare con questa risposta: vuoi sapere se possono presentare Porta a Porta? vuoi sapere se tu li comprendi? vuoi sapere se possono stendere un vocabolario, vuoi sapere se possono scrivere su Il Foglio (penso proprio di sì)?

Dipende, caro Israel (Il relativismo: che orrore! Una Babele: non si capisce niente!).