Leggete fino al post scriptum, prego

Bella intervista de Il Foglio ad Alain Finkielkraut (= F.). C’è di tutto: vediamo.
 
In prima pagina, si annuncia il nuovo libro di F., “un viaggio controcorrente nelle idee dominanti del nostro tempo”. La colonna in prima si chiude sull’inquietante paradosso della “modernità tardiva”, in cui le promesse si sono trasformate in minacce. E qui comincia il problema: come mettere un freno all’autonomia del soggetto, “idea costitutiva della modernità”?
 
Cambiamo pagina, prima colonna: c’è la cultura greca e cristiana, che è una cultura del limite [in verità pensato in maniera un po’ diversa dall’una e dall’altra: vedi post scriptum], e poi ci sono i moderni, che di limiti non ne vogliono sapere. C’è lo sport antico, spazio di una realizzazione compiuta dell’umano, e c’è la parossistica caccia al record dello sport moderno. Marina Valensise a questo punto commenta: “sorprende l’affinità logica , gli stessi riferimenti intellettuali, la stessa preoccupazione per il ritorno a un’idea semplice e profonda come la verità [sott. mia], tra le tesi di un pensatore laico, ebreo senza Dio, come F., e le posizioni dell’ultimo Papa Wojtyla e del nuovo pontefice, Benedetto XVI”.
 
Sorprende, dice la Valensise. Poi cambiamo colonna, e leggiamo:
“Non dispongo di un concetto di natura”: Valensise, il Papa è d’accordo?
“Da qui a tornare a San Tommaso d’Aquino c’è un passo che non mi sento in grado di compiere”: il Papa è d’accordo? I riferimenti intellettuali sono gli stessi?
(Poi Valensise trova nuovo, postmoderno il modo in cui F. pensa la nascita della scienza, e quello le risponde: beh, nuovo, lo diceva Husserl giusto cent’anni fa).
 
Ma non finisce qua. Cambiamo colonna: “Il guaio è che noi moderni, adesso, stiamo vivendo un momento angosciante, in cui si eclissa il relativo della letteratura e dell’arte”. Valensise!!!, il Papa è d’accordo? Il Direttore è d’accordo? Si eclissa il relativo della letteratura e dell’arte! Il relativo! Una bestemmia sulle pagine de Il Foglio! Non poteva F. dire:
si eclissa un’idea semplice e profonda come la verità (assoluta)?
 
Poi F. prende la china che piace all’ateodevoto Direttore (china invero già preannunciata da quel ‘momento angosciante’). C’è il rap. Finkielkraut osserva: “Dicono [dicono chi?] che tutto è relativo, e poi dicono che il rap è bello”. È giusto: non puoi tenere i piedi in due scarpe. Non c’è né bello né brutto, se tutto è relativo. Ma non è vero affatto che per dire che il rap è brutto deve esserci il bello assoluto. Per questo, basta “il relativo della letteratura e dell’arte”, che non equivale affatto al tutto è relativo, benché non goda della verità assoluta.
 
Ultima colonna, la più impegnativa (forse l’unica che mette veramente conto di discutere). Valensise torna alla carica: il relativismo, non c’entra con l’uguaglianza, questa fissa dei moderni? E qui F. tira finalmente fuori il motivo per cui i francesi si incazzano con lui. Dice prima: “l’uguaglianza è il fondamento stesso della morale”, poi però: genera mostri (vedi comunismo), e soprattutto cose come la scuola democratica, in cui tutti possono discutere di tutto, permanentemente, e tutto è livellato. Uguaglianza sì, livellamento culturale no; fine delle differenze no, sane discriminazioni (cioè differenziazioni) sì. E l’incapacità di dire no, di discriminare e differenziare fa sì che non possiamo dire no (ad esempio) al matrimonio omosessuale senza passare per omofobi. Ha ragione F.? La risposta al prossimo post.
 
(Solo ora mi sono ricordato che non devo fare post troppo lunghi).
 
P.S. Tutto quello che F. dice è abbondantemente compatibile con il ritorno al paganesimo. Anzi: va meglio col paganesimo che non col cristianesimo.

3 risposte a “Leggete fino al post scriptum, prego

  1. ho letto solo il ps, è lo stesso?

  2. a me pare che abbia ragione finkielkraut, con questo bel nome, a dire che quello che dice non è nuovo. Anzi è vecchio, vecchissimo. Ma, filosofia a parte, non è dai primi anni ’70 che si paventano i rischi della scuola democratica, del furore egalitarismo, della discussione permanente? E la coscienza del limite non è da anni un leit-motiv, che manca solo eros ramazzotti e poi l’hanno cantato tutti? E non è una vita intera che preti, cappellani, pastori, officianti di vari culti ci devastano le palle spiegandoci che no, l’uomo non è sovrano, che non si può sostituire il concetto di natura con quello di libertà? Che la vita è di Dio e noi non dobbiamo metterci becco, limitarci (limitarci) a soffrirne in silenzio, adeguandoci alle virtù salvifiche dei tumori e a quelle ordinatrici delle gerarchie? E dunque? Che c’è di nuovo Alain, se non un ritorno al passato mascherato da presa di posizione coraggiosamente controcorrente? E sì, Alain, il rap fa schifo ed è anche razzista. E allora?

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