Ripristino

La serie dei post lunghi finirà, statene certi. Ma intanto ricapitolo: questo è l’articolo di Marco Beccaria, questa la mia (richiesta) replica, questa la risposta di Marco (oltre che a me, a Malvino e a Forma mentis), questa che segue la mia (non richiesta, ulteriore) replica (che trovate anche da Marco, nei commenti, dopo che gli ho minacciato querela. Voi mi direte ma perché la posti qui, con minimi aggiustamenti? Ma per ripristinare corsivi, neretti e virgolette):

Sul piano storico (sul quale peraltro accetto a priori di avere torto, tanto mi appassiona), che la scena moderna sia allestita con materiali che provengono anche da Tommaso, secondo me, non è affatto vero. Oppure: è vero nel senso banale che tutto ciò che viene dopo è allestito con quel che c’è prima, ma in questo senso non serve a nulla. Ricordo uno splendido, breve saggio di J. L. Marion (filosofo francese cattolico di notevolissimo spessore, attualmente vivente, e massimo conoscitore di Descartes, oltre che di Tin Tin) che in un volume celebrativo dedicato a E. Gilson dice più o meno: abbiamo imparato un sacco di cose da Gilson, il suo commentario del Discours cartesiano (pietra d’angolo della modernità) ci ha mostrato che Descartes è pieno di Tommaso, d’altronde studiava dai gesuiti, c’aveva pure un mezzo parente, però lo storico che vuole spiegare Descartes deve spiegare perché Descartes NON è Tommaso, per quanto possa prendere da lui. Deve mostrare la discontinuità, e qui la discontinuità è radicale: Tommaso, pensatore dell’analogia; Descartes pensatore del fondamento (problematica che s’impone solo quando cade l’analogia entis, e arriva fino a Heidegger). D’altronde tu presenti un Tommaso che s’inclina (nella storia degli effetti), ben oltre: verso l’ermeneutica. Ma ora tiro in ballo io quel che viene prima e quel che viene dopo: l’ermeneutica è una risposta all’impasse filosofica del metodologismo moderno (lo detto in termini che se hai studiato alla Cattolica ti vengono bene), non così Tommaso: l’ermeneutica viene dopo la modernità cartesiana, mentre Tommaso viene prima, e non ha di contro la filosofia e la scienza moderna. Può sembrare che il rapporto tra verità e soggettività si disegni dunque in egual modo, ma solo negativamente, in rapporto al ‘momento cartesiano’ – e può sembrare soltanto. (Anzi: direi che è proprio quel che viene dopo che retrospettivamente fa vedere un certo Tommaso: ma io non dò il minimo credito, nel pensiero storico, a precorrimenti e ritorni).

Ora: se tu domandi: “come c’è arrivata la filosofia occidentale alla concezione hegeliana (heideggeriana? adinolfiana?) della verità?” e rispondi: “Non, semplicemente, contro Tommaso, ma attraverso Tommaso, e attraverso quella "storia di un errore" che è la metafisica occidentale”, stai tralasciando l’essenziale. Il punto non è infatti se siamo passati attraverso Tommaso o Speusippo, perché siamo passati attraverso entrambi: attraverso tutti (ecco di nuovo il senso banale). Il punto è proprio al contrario: non semplicemente attraverso, ma contro! La modernità si schiera compatta contro l’analogia entis. A torto o a ragione, ma è così. Si possono ritrovare i molteplici sensi dell’essere solo nel ‘900, che però si prende lo sfizio, spesso, di togliergli proprio il senso teologico. Allora perché attraverso Tommaso?

Sul piano teoretico (sul quale accetto peraltro di avere solo ragione): tu mi pare ti limiti deliberatamente a un rigo (la questione si apre e non si chiude, dici). Che la tua fosse una considerazione storica, e la mia no l’hai scritto su Leftwing, e io l’ho riportato nel mio post: d’altra parte tu mi hai chiesto perché la mia allergia, non se mi convinceva la considerazione storica (su cui di fatto ho scritto solo ora). Ora se tu vuoi dire che in generale la questione è aperta, beh: come potrei non essere d’accordo? Se invece vuoi dire che è aperta nei termini in cui la pone Tommaso, hai il dovere di fare qualche sforzo in più. Io un po’ di sforzo per dire che quei termini sono problematici assai, e per far intendere che per me non è affatto aperta in quei termini l’ho fatto, anche se so benissimo che molti ‘ermeneuti’ la tengono aperta proprio come dici tu: proprio perciò ti dicevo che mi debbo guardar bene da, ecc.

Addenda1: nonostante la mia avversione (un po’ di maniera) per gli storici della filosofia, credo si comprenda dal contenuto del commento che riconosco alla sede storica dignità di pensiero Addenda2: io non considero il neotomismo un pensiero d’accatto, e pensatori d’accatto ce ne sono dappertutto.Addenda3: mi chiederai infine: perché sporgo querela. Ma quegli accostamenti: Hegel e Massimo, concezione heideggeriana o adinolfiana, sono da querela. In più, mi diffami con la storia che Leftwing mi paga lautamente, mentre è noto che sono i sofisti a richiedere un compenso.

P.S. Se mi richiedi un altro commento ti chiedo un compenso, sia chiaro.

6 risposte a “Ripristino

  1. ma nessuno si azzarda a chiedere le indicazioni bibliografiche sul saggio di Marion?? Potrei sapere per curiosità in che libro è??

  2. Non è un libro: è un saggio che io posseggo in fotocopie, accatastato in mansarda (di Descartes non mi occupo più). Se non ricordo male, il volume collettaneo si intitolava una cosa tipo Etienne Gilson et nous.

  3. Ho letto sul sito di “farfi”. Sono d’accordo su questo soprattutto:
    “Il punto non è infatti se siamo passati attraverso Tommaso o Speusippo, perché siamo passati attraverso entrambi: attraverso tutti (ecco di nuovo il senso banale).”

    Se poggiamo i giudizi sul loro valore ermeneutico, allora l’operazione, da filosofica, potrebbe farsi anche politica e potremmo, alla lunga, rivalutare tutti e il loro contrario. In effetti l’ermeneutica fa un po’ questo

  4. Su questo soprattutto: e sul resto?

  5. No no, sono d’accordo anche sul resto, sull’altro discorso del “contro” l’analogia entis e non necessariamente dell’ “attraverso”. Soprattutto perché la modernità non pensa e non da per scontato che esistano enti “altri” oltre a quelli mondani, quindi il discorso dell’analogia entis se non decade, resta un po’ senza argomenti.

    Però, visto che Beccaria stigmatizzava la lettura ermeneutica di Tommaso, mi sembra che la prima critica sia quella più diretta all’articolo.

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