“L’altra via […] si colloca sin dall’inizio a livello filosofico, interrogandosi sulle condizioni di possibilità dell’intero sviluppo della razionalità scientifica e individuandole, dal punto di vista dell’oggetto conosciuto, nell’intellegibilità dell’universo, a sua volta non ultimamente spiegabile se non riconducendolo a un’Intelligenza creatrice”. (Dalla prolusione di Ruini, di cui, verso quest’ora, mi sono occupato già qui e qui).
L’altra via, l’una via essendo quella abbastanza obbrobriosa di immischiarsi dell’evoluzionismo sul terreno stesso della scienza. Qui no. Qui siamo sin dall’inizio a livello filosofico. Il guaio è che da tal livello ce ne usciamo anche, quasi subito. Com’è che la mente conosca l’universo, com’è che l’universo ci faccia il favore di darsi a conoscere, è una domanda genuinamente filosofica. Ma come potrebbe un’Intelligenza creatrice ultimamente spiegare la cosa? Qui il problema non è se l’Intelligenza ci sia o non ci sia, se abbiamo abbastanza indizi o meno per supporla, e consimili amenità. Qui il problema genuinamente filosofico e cosa mai significhi che l’Intelligenza, cioè l’explicandum, spieghi. Non è che mettendo la maiuscola all’intelligenza abbiamo fatto il miracolo di tramutare l’explicandum in explicans.
L’altra via, ahimè, non risolve il problema: si limita a spostarlo.