Io non ne ho parlato per una sola ragione: che non avevo molti argomenti da offrire in più rispetto a quello che mi è capitato di leggere fra coloro che hanno stigmatizzato la decisione della
Congregazione per l’educazione cattolica. Per una rassegna delle reazioni (anche estere) in ambito ecclesiale e in ambito laicale, rimando a questa
nota di Adista (che ovviamente ha la sua opinione).
Però ora una domanda vorrei porla: poniamo che sia esistito o esista un prete omosessuale, con la tendenza radicata e oggettivamente disordinata di cui parla il documento. Di questo prete debbo pensare che necessariamente non è (o non è stato) un buon prete, oppure no? Se è o è stato un buon prete, perché la Chiesa decide di farne a meno? Che genere di ingiustizia viene compiuta nei riguardi di questo prete? Ce n’è una più grande?
Come si vede, non riprendo qui la questione dal lato della discriminazione e del pregiudizio, che per me è sin troppo scontata, compresa l’infamia (Drewermann) di lasciare intendere che l’omosessuale è un pedofilo, ma dal lato della comunità che, ancora una volta, pare avere bisogno del capretto espiatorio.
Certo, rimane da pensare che necessariamente non è un buon prete chi presenta “una tendenza omosessuale profondamente radicata o sostiene la cultura gay” (condizione, quest’ultima, che esclude anche me dal sacerdozio). Necessariamente. E anche per decreto divino, poiché la vocazione è un dono di Dio, e Dio sarebbe troppo crudele a donare la vocazione a chi la Chiesa non ammette agli ordini sacri. Sono sicuro però che Dio e la Chiesa, che si regola di conseguenza, avranno almeno la pietà di concedere che chi ha una tendenza omosessuale profondamente radicata o sostiene la cultura gay, benché non possa essere un buon prete, possa essere poi almeno un uomo buono. Mi domando però se non sia più coerente escludere pure questo, visto “l’ostacolo al corretto relazionarsi con uomini e donne” rappresentato dalla vergognosa tendenza, quando sia radicata, e le "conseguenze negative" che possono derivarne.
(E visto anche
l’autorevole parere del prof. Anatrella, prete dell’Arcidiocesi di Parigi, che "parla dell’omosessualità come di qualcosa che ‘non rappresenta un valore sociale’, è ‘destabilizzante per la società’, rappresenta ‘incompiutezza’ e ‘immaturità sessuale’, spinge ad atteggiamenti ‘narcisistici’, laddove al sacerdozio vanno ammessi soltanto ‘uomini ben fondati nella maturità della propria mascolinità’ […]. L’impegno di un prete gay ‘a vivere nella continenza’, infatti, spiega Anatrella, non è sufficiente a evitare ‘conseguenze negative’".
Non c’è niente da fare: non è questione di atti, è che la tendenza stessa va sradicata).