Archivi del giorno: dicembre 17, 2005

Gloria agli ippopotami

"Gloria è la più femmina" (by Enrico, che ha due anni)

Post prossimo venturo

Mi corre l’obbligo istituzionale di segnalare la replica, che in forma di uovo di giornata la Fondazione Magna Carta ha deposto in difesa del Presidente del Senato, alle critiche ("punzecchiamenti", "malevolenze", in verità anatemi)  mossegli da Giuliano Ferrara, come da una "zitella mal corteggiata". Se avessi la giusta penna, mi divertirei molto con queste gelosie tra perpetue. Ma siccome Malvino di certo ce l’ha, e ha già esercitato, e poi commentato, mi tengo il mio brio, e aspetto un post prossimo venturo.

Un uomo buono e non disordinato

Trasformo in post la segnalazione dei fantastici quattro (nei commenti a Un uomo buono), che ringrazio molto:

"For quite some time I have wrestled with conflicting teaching by the church — that gays and lesbians are to be respected, but that somehow we are not fit for work in the church". "For me, I have decided that I am not disordered, that I can be an effective celibate gay priest, that I can relate effectively with men and women," he said. "I have chosen not to be dishonest about my thoughts and feelings, and to resign".

Quando dice che non è ‘disordinato’, e che pensa di potersi relazionare correttamente con uomini e donne, Bob Pierson, il cappellano dimissionario, sta citando letteralmente  il documento vaticano. Padre Dietrich Reinhart, che guida il collegio universitario, ha espresso solidarietà, e assicurato che "Father Bob is a person of integrity, courage and wisdom".

Un uomo buono, insomma.

Vince il Campiello per due anni di seguito

“Se volete stare qui, in silenzio; altrimenti, fuori”.
Chi ha detto questa frase spazientita, ieri pomeriggio verso le sette di sera, a Salerno, mentre si presentava il libro di Antonio Scurati, Il sopravvissuto, vincitore ex-aequo della XLIII edizione del Premio Campiello?
L’ha forse detta chi, nel corso della serata, ha spiegato che la scuola sta soccombendo, che la società va da una parte e la scuola in direzione opposta, la società vuole essere veloce, rock, e la scuola ti tiene vent’anni dietro un banco, e più lenta non si può? L’ha forse detta chi, nel corso della serata, ha affermato che l’11 settembre ha significato (non solo ma anche) una crisi di linguaggio, che la scuola è Ground zero, il punto a terra dell’esplosione che l’11 settembre noi abbiamo veduto nella semiosfera, il punto in cui c’è ormai un deserto di parole e non riusciamo più a comunicare con i ragazzi? L’ha forse detta, quella frase spazientita, inacidendo un po’ il tono, chi ha sostenuto che la cultura umanistica della scuola è ormai tagliata fuori, perché vince l’esteriorità, mentre noi a scuola insegniamo ai ragazzi che l’interiorità, invece, che i valori, invece, che la verità invece – diceva Agostino – è dentro di noi? Chi ha detto quella frase che i professori ripetono, di solito, quando di insegnare non hanno più voglia, o quando si sono incazzati (e si incazzano con una facilità sorprendente, quando di insegnare non hanno più voglia)? L’ha forse detta chi ha riferito che quando insegnava negli istituti secondari entrava in classe e subito mostrava e diceva agli studenti ‘voi siete ignoranti’ (ah, così diceva?), e i ragazzi gli rispondevano ‘sì, e non ce ne importa niente di esserlo’?
L’ha forse detta l’autore del libro, e i ragazzi si sono guardati, e la professoressa di liceo che li aveva fatti venire li ha guardati, perché aveva dato loro da leggere il libro durante l’anno, perché voleva fargli capire com’è, come si sente un professore, la professoressa che, seduta al tavolo con l’Autore, ha stirato un sorriso un po’ imbarazzato e poi ha detto con un filo di voce: ‘è come a scuola…’?
Chi è che non sopporta qulche bisbiglio, dopo un’ora e mezza di considerazioni assai poco rock? (Chi approfitta del fato che alla presentazione sono andato disarmato?)
 
Ahimè, ho acquistato il libro di Scurati prima che iniziasse la presentazione (in omaggio alla lentezza, cominciata peraltro con oltre un’ora di ritardo). Magari è un bel libro. Dopotutto, Scurati ha sparato a Bruno Vespa. Chissà. Intanto, però, due osservazioni di contorno e una preghiera:
– di questa tiritera della crisi del linguaggio si è già festeggiato, da qualche anno, il centenario. Va bene la lentezza, però.
– questa cosa (detta da Diego De Silva, ripetuta da Scurati) che l’attentato alle torri gemelle è un modo di esprimersi (sia pure aberrante, sia pure orrendo, ecc. ecc.), è un linguaggio che però non capiamo, sono segni che non sappiamo leggere, eecc. ecc., questa è ermeneutica ridotta a vuota chiacchiera;
– che se devo apprezzare il libro di Scurati perché l’epicentro della crisi è la scuola; che se devo apprezzare il libro di Scurati perché c’è un ragazzo che ammazza i suoi professori ("vuole dirci qualcosa": Diego De Silva) e lo scrittore è così bravo che non ci mette un bel perché; che se devo apprezzare il libro di Scurati perché c’è la difficoltà di comunicare tra studenti e nsegnanti; che se devo apprezzare il libro di Scurati per la colpa metafisica, come dice la seconda di copertina; che se devo apprezzare il libro di Scurati per la ricerca linguistica, allora per tutti questi motivi devo apprezzare mille volte di più Il suicidio di Angela B., che ha avuto pure quello la buona ventura di venire dopo l’11 settembre (Scurati ha scritto il libro perché voleva parlare del mondo dopo l’11 settembre, ma non direttamente, frontalmente: troppo dozzinale, dice), ma sopratutto prima del libro di Scurati. Il libro Umberto Casadei l’ha scritto prima. E visto che io mi leggo Scurati, che almeno i lettori di Scurati si leggano Casadei. Se Scurati ha vinto il campiello ex-aequo, Casadei doveva vincerlo per un paio di anni consecutivi.
 
Però io Scurati me lo leggo davvero: grazie alla relazione di De Silva, sono già a pagina trentatre.