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Archivi del giorno: dicembre 20, 2005
2 + 2, 2 x 2, di qua, di là – e Steiner
Tolstoj: “Come è possibile che questi signori non capiscano che anche di fronte alla morte 2 + 2 fa ancora 4?”; Dostoevskij (L’uomo del sottosuolo): “Ma che me ne importa delle leggi naturali e dell’aritmetica, quando per qualche ragione queste leggi e il 2 x 2 non mi piacciono?”.
Come al solito, sono in disaccordo con entrambi, con l’addizione e con la moltiplicazione. Né ragione assoluta, né arbitrio assoluto. E poi: l’uomo del sottosuolo trova comunque qualche ragione per non farsi piacere il 2 x 2 (foss’anche il puro dispetto). Ed è evidente che a Tolstoj piace pensarsi al sicuro del 2 + 2. Ma se di fronte alla morte vuol dire in ogni mondo possibile, anche Tolstoj non ne può sapere molto.
Per non essere frainteso, perché cioè non si pensi che stia ritenendo che forse, dopo la morte, 2 più 2 non fa 4, mentre invece sto solo affermando che il mondo è ‘più grande’ della sua faccia matematica, aggiungo infine che sono totalmente d’accordo con Tolstoj, quando dice:
"Se fuggi dalle condizioni che ci sono qui, se ti uccidi, la stessa cosa ti sarà messa davanti un’altra volta di là”
(Le citazioni sono prese da G. Steiner, Tolstoj o Dostoevskij: questo libro non se ne va. Ne approfitto per aggiungere, avendolo finalmente riletto, che esso smentisce di fatto, argomentando a tutto spiano, quel che afferma in principio, che cioè i giudizi del critico non sono dimostrabili. O meglio: dimostrabili no, ma proprio perciò argomentabili. Il senso delle sue prime pagine è anzi proprio un invito a non arrendersi, a non rinunciare ad argomentare, e non certo ad incaponirsi in un giudizio immotivato. Sicché il post che tempo fa gli dedicai deve intendersi riferito all’uso sbrigativo e leggero che D’Orrico aveva fatto di Steiner).
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Pensiero
L’arte si trova a disagio a reagire a tutte le provocazioni della nostra epoca
(C’è un originale, ma non vi dico qual è)
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Idee
Leggo nel blog filosofico di Ivo Silvestro che un’idea è per sempre. Nei commenti leggo che Ivo definisce la sua posizione un "(anti)platonismo riformato e agnostico". E scrive: "Le idee sono eterne ed immutabili (contrariamente agli oggetti fisici e sociali) perché non sperimentiamo e non possiamo sperimentarne cambiamenti". Un’idea è per esempio il teorema di Pitagora, ed è in effetti dai tempi di Platone che si prendono ad esempio gli oggetti matematici per sostenere che un’idea è per sempre. Non riaprirò qui la disputa.
Solo mi domando: che cosa mai significa che non possiamo sperimentarne cambiamenti? Come sarebbe il cambiamento che vorremmo poter sperimentare e non possiamo sperimentare? Un oggetto fisico cambia: per esempio, scrive Ivo, brucia. Un’idea (e qui ovviamente non s’intende l’idea in senso psicologico) non brucia. Ma l’esempio non basta, l’esempio dimostra solo che l’idea non è un oggetto fisico, e dunque non è soggetta a cambiamenti fisici. Per capire cosa vuol dire che non è possibile sperimentare cambiamenti a riguardo di un’idea – per capirlo positivamente: per capire cioè che cos’è un’idea e non (solo) che cosa non è – occorrerebbe portare un esempio di cambiamento ‘ideale’ a cui l’idea tuttavia non andrebbe soggetta: una cosa imposibile per definizione. In altre parole, che l’idea non cambia non significa che ci sono i cambiamenti, e l’idea ne esce intatta, ma che non è possibile che cambi. Il guaio è che è la prima, e non la seconda, la condizione che ci permetterebbe di comprendere positivamente che cosa un’idea è. Dire che l’idea non cambia perché è impossibile che cambi non ci fa avanzare di molto sulla via della comprensione dell’essere ideale. O siamo ancora alle premesse, o abbiamo toccato un limite del pensiero.
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