Allegria! Allegria!
Per “i lavoratori dipendenti del settore privato che hanno maturato o matureranno il diritto alla pensione di anzianità fino al 31 dicembre 2007, ma decidono di continuare a lavorare” con la riforma delle pensioni il governo ha pensato al superbonus. Il superbonus! Qui ve lo spiega premuroso l’INPS (c’è "l’aumento esentasse in busta paga"!), in TV ve lo spiegano suadenti con gli spot, e qui sotto, in forma semplificata, ve lo spiego io. Cominciamo.
1. I soggetti coinvolti sono tre: Azienda, Lavoratore, Inps. Ve lo dico subito (è importante): uno dei tre frega uno dei tre.
2. Per l’Azienda la questione è assolutamente neutra. Infatti, se il dipendente decide di restare, per l’azienda il costo complessivo è il medesimo: quello che prima dava al dipendente più quello che prima versava all’Inps è esattamente pari a quello che dopo dà al dipendente (quando all’Inps non da più nulla). L’Azienda esce così di scena, e voi cominciate ad avere dei sospetti;
3. Per l’Inps è un gran bel guadagno, per la buona ragione che negli anni in cui il dipendente decide di prorogare il suo tempo di lavoro non eroga nessuna prestazione. In sostanza comincia ad erogare la pensione due o tre anni dopo, che dunque sono anni risparmiati. Si noti infatti: non si tratta solo di un vantaggio finanziario che si avrebbe qualora si trattasse semplicemente di posticipare un pagamento, l’Inps paga proprio due o tre anni in meno di pensione.
4 Già solo per differenza si capisce che, poiché nulla si crea e nulla si distrugge (siamo metafisici, eh), e poiché c’è chi ci guadagna, ci dev’essere in qualche angolo di mondo chi ci perde. I vostri sospetti aumentano. E in effetti ci avete preso! Chi ci perde è il Lavoratore. Vediamo perché.
4a. Raffrontiamo due situazioni.
Ipotesi A, il Lavoratore non resta a lavorare e va in pensione. Il Lavoratore non lavora e percepisce la sua pensione: attualmente, circa l’80/85% del suo ultimo stipendio (la percentuale non è precisissima, ma qui non rileva)
Ipotesi B il Lavoratore resta a lavorare. Lavora le solite x ore settimanali e percepisce circa il 130% del suo ultimo stipendio. (Anche qui: circa).
E’ evidente che il suo lavoro, che prima dell’opzione era pagato 100%, ora viene di fatto remunerato 45/50% (130-80/85).
(Le percentuali sono variabili da caso a caso, ma solo entro certi limiti. Il ragionamento non vuole essere matematicamente né statisticamente perfetto – non sono un consulente del lavoro –, ma solo indicativo. Maledettamente indicativo).
5. Ma non crediate che gli anni in cui avete continuato a lavorare vi hanno aumentato la pensione. Non sia mai. La pensione è stata ‘cristallizzata’, cioè calcolata al momento della decorrenza dell’incentivo. Ohè, belli, non fate i furbi! (i furbi sono altri): in quegli anni l’Azienda non sta mica versando i contributi all’Inps, come volete che vi aumenti la pensione?
6. Se avete dato un’occhiata, estasiati, alla tabella pubblicata dall’INPS, noterete che la tabella magnifica l’incremento della retribuzione con cifre da capogiro (ve lo sognate, di questi tempi, un aumento di almeno il 47%!) e omette tutto il resto. Omette cioè il punto 2, omette il punto 3, e omette il punto 4.
7. Ahimè, in tutta questa allegra faccenda c’è un dato che, per mera ignoranza, ometto pure io: il numero di lettori di azioneparallela in età pensionabile. Quelli che ci sono, sono avvisati.
(8. Io, per me, la penso così: l’età cresce, cresce l’età pensionabile. Con tutte le considerazioni e i riguardi del caso, ma senza trucchi, belletti e raggiri).
P.S. Qui aggiungo, per i più tecnici, la più dettagliata spiegazione del governo. Se vi pungesse vaghezza di approfondire la cosa (sono otto pagine in pdf), e la spiegazione del governo vi instillasse dubbi, è pronto un altro post.
PP.SS. A chi lo mando questo post: all’Inps, al governo, a beppegrillo.it?
(post scritto a quattro mani)