Archivi del giorno: febbraio 3, 2006

Trasimaco, Vauro e le vignette

Ieri sono riuscito a seguire qualche minuto di Otto e mezzo (mentre i formaggini cadevano e il secondogenito aveva la febbre e concludeva il lauto pasto vomitando). Mi pare che Ferrara chiedesse a Vauro in nome di cosa si consentiva ogni genere di sberleffo verso le religioni tutte. Vauro ha risposto: è un riflesso pavloviano. Più o meno: vedo una tonaca e mi scappa una pernacchia. Allora Ferrara si intestardiva: non vuole capire (e non s’accorgeva dell’en jeu, oppure faceva il furbo). Ferrara voleva una ragione, e Vauro non gliela dava. Proprio come Socrate e Trasimaco, nel primo libro della Repubblica. E sia chiaro: sto prestando per una volta a Ferrara i panni di Socrate. Trasimaco: giusto è l’interesse del più forte. Socrate: ok, ma il forte dovrà pur sapere qual è il suo interesse. Più forte della forza è dunque il sapere che deve dirigerla. E’ del sapere che si fa forte il forte, ed è in suo nome (cioè: in quanto sa quel che sa), che il forte persegue il suo interesse. Trasimaco è confutato?

Manco per niente. Poiché a tessere le fila del dialogo è Platone, e gli riesce allora di imbrigliare Trasimaco (addirittura di farlo arrossire: lui, il lupo Trasimaco!), facendogli dire che sì, il forte sa. Ma ieri mi pare che nessun Platone dettasse le risposte di Vauro, che giustamente negava a Ferrara ogni ragione (atenzione: non affermava di avere ragione, si rifiutava di fornire ragioni). Se è in nome di qualcosa che la satira fa i suoi sberleffi, ciò in nome di cui li fa non può mai essere toccato dallo sberleffo. Ma così il diritto alla satira conosce un limite, e la satira deve arrestarsi almeno dinanzi a questa tonaca. E dunque niente: riflesso di Pavlov.

(Vedete un poco: metto a Ferrara i panni di Socrate per poi dare ragione (ragione?) al sofista contro il filosofo! Però il filosofo qui è Socrate, sì, ma il Socrate di Platone. E forse la filosofia non è tutta platonica).

Sulla vicenda delle vignette in Danimarca, segnalo Jimmomo e Reporters: si è capito come la penso, credo)

Boicottiamo la Nestlè

Ho controllato anche sul sito, che si sofferma sul gusto, sugli ingredienti, sui valori nutrizionali, sulle modalità di conservazione, ma nulla dice del modo in cui va aperto. Vi assicuro che non sono prevenuto nei confronti della Multinazionale Nestlè, proprietaria del marchio. Non discuto la bontà del prodotto; e poi piace tanto ai bambini. Il mio problema (la mia croce) è: come si scartoccia. Come si scartoccia il formaggino Mio. E’ un problema che la sera devo moltiplicare per quattro, visto che i miei figli se ne mangiano due a testa. E quando arrivo al quarto formaggino, ho già le dita piene di flaccida crema, l’operazione si fa maledettamente complicata.
Perché è complicata. La soluzione consigliata sembra essere quella di sollevare la linguetta e procedere poi secondo il suo verso. Il formaggino ha la linguetta sotto la pancia, e finché si tratta di superare i due spigoli superiori, e di correre poi sul dorso giù verso il fondo, nessuna difficoltà. Ma arrivati che siete agli spigoli inferiori, quando già vi state chiedendo dove metterete le dita, visto che metà del formaggino è ormai scoperto, e a causa della sua consistenza cremosa i lati non assicurano un saldo punto d’appoggio, allora, proprio allora accade l’irreparabile: la corsa della linguetta finisce (è previsto che finisca: non avete sbagliato nulla), la carta sollevata si stacca e voi rimanete con l’angoscia degli angoli.
Il problema, infatti, la maledizione della cena sono gli angoli. Quelli superiori se ne vengono insieme alla linguetta, e va bene, ma quelli inferiori no. Quelli restano. Quelli restano incartati, e non c’è nessuna comoda linguetta per rimuoverli. Ormai il corpo principale del formaggino è lì, nudo e innocente, di un’innocenza quasi offensiva, e aspetta che voi togliate via i lati, ma i lati dipendono dagli angoli là bas, e negli angoli la carta è ripiegata su di sé, e voi dovete tenere diritto il cremoso formaggino (lui: l’ignaro, l’indifeso, il puro…) mentre provate a sollevare senza fortuna quegli stupidi origami di carta che difendono gli ultimi grammi di formaggino.
Non potete farcela: è inutile. Proverete invano a rivoltare gli angoli: parte della crema rimarrà attaccata alla carta, in quei minuscoli anfratti, parte finirà sfacciatamente tra le vostre dita. Non c’è delicatezza che possa riuscire nell’impresa, poiché è nella natura di quell’infima piramide di carta di non lasciarsi sbucciare come un cono qualunque, rotondo e disponibile.
Non potete farcela neppure se adottate la tattica opposta. Visto che ormai sapete che seguendo la linguetta avrete il problema degli angoli, potete provare a rimuovere prima la carta dagli angoli, per poi ripartire con la linguetta; ma adesso la carta, che prima aveva il difetto di venirsene via tutta insieme, non vi lascia fare: si spezza subito, e voi non avete più alcuna possibilità di perfezionare la scartocciatura. Attaccate pure l’altro angolo: il risultato non sarà migliore. E avrete perso la pazienza, e con il formaggino seguente ricorrerete alla bruta forza, e non c’è bisogno di scomodare la legge di Murphy per prevedere che almeno un formaggino vi scivolerà per terra.
Lo ripeto: non potete farcela, è inutile. E se vi rassegnate, se lasciate perdere gli angoli e servite il formaggino orrendamente mutilato ai vostri figli, sappiatelo: diranno ‘non lo voglio’. E mentre dalla bocca vi toglierete le dita che avete leccato con disgusto misto a disprezzo per far prima, e chiedere in uno stato di nervosismo crescente: ‘perché adesso non lo vuoi?’ (adesso: dopo che ho perso mezz’ora per scartocciarne quattro, e ho odiato con tutte le forze la mamma perché non c’è, la Nestlé perché produce questi formaggini imbecilli, e il mondo intero perché non è possibile che nel 2006, porcaccia la miseria), vostra figlia vi dirà:
‘Perché l’hai mangiato tu’. ‘Io?’ ‘Ti ho visto’.
Non c’è niente da fare: mi ha visto. ‘Papà, ti ha visto’ – dirà il secondo – ‘non lo voglio neanch’io’.