Archivi del giorno: febbraio 7, 2006

Pensare in tempi di domesticazione intellettuale

Nei commenti de LaLippa, a proposito di identità e appartenenze, Girolamo Di Michele constata che di Deleuze-Guattari – che qualcosa l’han detta – in Italia, "se ne parla poco, e spesso male".

Qui se ne parla un po’ (ma non è in Italia, bensì in Francia), e si parla anche di come si finisce col parlare:

"…dans la mesure où le philosophe Deleuze […] a posé des questions percutantes sur le journalisme, ‘a pointé du doigt le marketing philosophique et intellectuel et a parlé de la pensée-minute’. Le philosophe Deleuze décrivait cette "domestication de l’intellectuel" par la presse en ces termes: ‘A la limite, avait-il écrit en 1997, un livre vaut moins que l’article de journal qu’on fait sur lui ou l’interview à laquelle il donne lieu. Les intellectuels et les écrivains, même les artistes, sont donc conviés à devenir journalistes s’ils veulent se conformer aux normes. C’est un nouveau type de pensée, la pensée-interview, la pensée-entretien, la pensée-minute’. Deleuze estimait que le journaliste a "une part de responsabilité dans la crise de la littérature" et de ce fait, pour lui, "l’écrivain doit se faire journaliste de lui-même et de son oeuvre".

(Io penso al mio blog: è una cosa domestica, sicuramente, ed è anche abbastanza addomesticata, poiché se ci infilo un pensiero ce lo infilo quasi per scherzo. Non vedo proprio come potrei metterci una dissertazione, ed è chiaro che accetto – qui, sul blog – di rinunciare alla dissertazione. Se aggiungo che questo non mi impedisce di dissertare altrove, so bene che manco il punto, e cioè: se vi siano spazi pubblici dove io possa dissertare (dico: dissertare per qualunque genere di riflessione critica non prenda la forma di pensiero-interview, pensiero-entretien, pensiero-minute. Però può darsi che dia comunque, a volte, di sguincio, da pensare. Di certo impegna me in un luogo pubblico e mi dà – poiché mi prendo – qualche responsabilità. Non lascia il pensiero intatto, questo è vero, però per il pensiero può essere anche un bene – perché mai dovrebbe rimanere com’era prima? – ed è ben possibile che crisi significhi transizione).

(E non è detto che il transito comporti sempre diminuzione di potenza).

Un altro filosofo cattolico riflette per un momento

Adriano Fabris, stamane su Avvenire, formula domande che, "c’inducono, per un momento, a riflettere": "i simboli di una religione, i suoi principi, i testi sacri, possono essere messi alla berlina, senza pensarci due volte?". Chissà: forse Fabris intende che se ci si pensa due volte si può fare.

Però no, a giudicare da quel che segue. Segue un Europa "che tende a dimenticare le proprie radici religiose" in cui "sembra che ormai non ci si possa arrestare, con il necessario rispetto, di fronte a nulla", nemmeno dinanzi a "ciò che più è in grado di motivare e coinvolgere una persona. Se cresce l’indifferenza tutto è concesso"***.

Fabris si avvia la conclusione: "Con ciò non si vuole affatto giustificare la violenza, e tanto meno la violenza compiuta in nome di una religione. Ma certe reazioni violente e ingiustificate ci ricordano quanto c’è di violenza anche in un’indifferenza di questo tipo. Insopportabile per chi crede".

Domande che inducono a riflettere per un momentino: Fabris vuol dire che senza religione l’uomo è inarrestabile? Forse che la religione tiene in stato di arresto l’uomo? Tra le cose che più motivano e coinvolgono me, c’è la filosofia: vogliamo essere più rispettosi, nei commenti? (Ce l’ho con te, inconnu) Nessuna religione mi obbliga a tifare per una squadra di calcio: dal punto di vista religioso è indifferente. Cosa sta succedendo, nessuno tifa più? Fabris non sopporta l’indifferenza: quanta violenza c’è in essa! Appunto: quanta? Poiché poi chi non sopporta la violenza prende misure, quali misure intende suggerire Fabris che siano prese contro l’indifferenza?

Fabris invoca in ultimo "un’etica della responsabilità", ed è, ovviamente, giusto: bisogna pensarci due volte. Ma se qualcuno ci pensa due volte e pubblica le vignette?

***Si ricordi il mio pensiero abissale. Che ha un corollario: se tutto è concesso, cresce la differenza.

Spiritosaggini

Leftwing ha rinnovato la grafica, e inserito la rubrica delle lettere. Siamo un giornale serio, insomma. Anche i titoli delle pagine sono cambiate. Ora la seconda pagina, sulla quale scrivo, si chiama elzeviro. (Non sono stato consultato, al riguardo, o forse sì, ma me ne sono dimenticato, e comunque avrò detto, se ho detto, vedi tu). Questa volta ci trovate niente di meno che una analisi onto-linguistica del voto, che riprende, riadatta, amplia e migliora un vecchio post. Una spiritosaggine, insomma, in cui si scomoda Searle per Mastella, oppure Traski per Berlusconi e Quine per Bertinotti.

La goccia è invece, come ogni tanto è d’obbligo, puro Wittgenstein.