Nei commenti de LaLippa, a proposito di identità e appartenenze, Girolamo Di Michele constata che di Deleuze-Guattari – che qualcosa l’han detta – in Italia, "se ne parla poco, e spesso male".
Qui se ne parla un po’ (ma non è in Italia, bensì in Francia), e si parla anche di come si finisce col parlare:
"…dans la mesure où le philosophe Deleuze […] a posé des questions percutantes sur le journalisme, ‘a pointé du doigt le marketing philosophique et intellectuel et a parlé de la pensée-minute’. Le philosophe Deleuze décrivait cette "domestication de l’intellectuel" par la presse en ces termes: ‘A la limite, avait-il écrit en 1997, un livre vaut moins que l’article de journal qu’on fait sur lui ou l’interview à laquelle il donne lieu. Les intellectuels et les écrivains, même les artistes, sont donc conviés à devenir journalistes s’ils veulent se conformer aux normes. C’est un nouveau type de pensée, la pensée-interview, la pensée-entretien, la pensée-minute’. Deleuze estimait que le journaliste a "une part de responsabilité dans la crise de la littérature" et de ce fait, pour lui, "l’écrivain doit se faire journaliste de lui-même et de son oeuvre".
(Io penso al mio blog: è una cosa domestica, sicuramente, ed è anche abbastanza addomesticata, poiché se ci infilo un pensiero ce lo infilo quasi per scherzo. Non vedo proprio come potrei metterci una dissertazione, ed è chiaro che accetto – qui, sul blog – di rinunciare alla dissertazione. Se aggiungo che questo non mi impedisce di dissertare altrove, so bene che manco il punto, e cioè: se vi siano spazi pubblici dove io possa dissertare (dico: dissertare per qualunque genere di riflessione critica non prenda la forma di pensiero-interview, pensiero-entretien, pensiero-minute. Però può darsi che dia comunque, a volte, di sguincio, da pensare. Di certo impegna me in un luogo pubblico e mi dà – poiché mi prendo – qualche responsabilità. Non lascia il pensiero intatto, questo è vero, però per il pensiero può essere anche un bene – perché mai dovrebbe rimanere com’era prima? – ed è ben possibile che crisi significhi transizione).
(E non è detto che il transito comporti sempre diminuzione di potenza).
devi imparare la filosofia tachisintetica! quella dei nazzi! organizzazione tachisintetica! non bisogna sbrodolare! “nella misura in cui”, eh? ma le pagheranno tutte, queste sessantottine in ritardo!
Massimo, credo che Girolamo si riferisse certamente non al tuo blog o a blog affini. Ma, e in questo condivido il suo pensiero, a quanto frequentemente nelle discussioni letterarie si citino tutt’altri pensatori piuttosto che i Nostri.
La Lippa
ps. dhalgren, non so se era riferito alla sottoscritta, ma se così fosse hai toppato. Semmai “settantasettina” in ritardo 🙂
Ma io mica intendevo che si riferisse a me o a qualcuno in particolare, anzi. E soprattutto, io intendevo dargli ragione (e perciò anche, come capita ogni tanto, mi chiedevo che cosa si fa quando si fa un blog)
emoticon
In effetti, anch’io mi chiedo che cosa si fa quando si fa un blog. Quello che sto cercando di fare, nel mio piccolo, è riflettere, cercare nicchie di pensiero. Cerco di prendermi la responsabilità anche di imparare cose nuove, anche se questo comporta in qualche modo “addomesticarsi”…
il terzo commento presenta due “io” e un “me” su ben tre righe. noi ci mediteremmo su.
Medita pure, caro plurale majestatis
(A proposito: nel commento al post di sotto, caro inconnu, hai messo tre ‘noi’ e un ‘ci’ in quattro righe: medita pure su questo)
solo che noi, il nostro narcisismo di blogger, lo assumiamo pienamente. senza se e senza ma.
E lo so, è proprio che a voi mancano i se e i ma
e mica ti vogliamo rubare il mestiere, pisché!
ma non eravamo entrambi copywriter?
si’, ma con funzioni diverse: tu scrivi e noi copiamo.
Ora capisco il vostro narcisismo.
capisce tutto. un vero ragazzo prodigio.
capisco voi, ed è sufficiente
ma ci siete o ci fate?