Archivi del giorno: febbraio 9, 2006

E se Alain de Benoist si immolasse?

Ed ecco, fresca di stampa, una lettura non dominante, su il Giornale (quello della famiglia Berlusconi!). Alain de Benoist, l’illustre pensatore, si chiede: "chi trova normale caricature anti-musulmane [in un "Paese libero" [si notino le virgolette, spero non siano le stesse che presumo apponga Moresco], accetterebbe anche caricature antiebraiche? Direbbe che sono solo caricature, lasciando capire che è troppo suscettibile chi si offende? Certo no. Alcuni paesi europei puniscono l’antisemitismo, nessuno punisce l’islamofobia. Due pesi, due misure, obiettano i musulmani".

Ora, io posso giudicare suscettibile chi si offende, ma certo non posso negargli il diritto di offendersi. Se l’ho offeso, c’è la legge a stabilirlo. De Benoist dice che la legge non è giusta. Ma a parte il fatto che antisemitismo e islamofobia non sono la stessa cosa (basta il vocabolario), a parte il fatto che le caricature anti-ebraiche non sono sconosciute in questa parte di mondo (e soprattutto non in quella musulmana), a parte il fatto che si chiederebbe volentieri a Benoist una valutazione della legislazione dei paesi a maggioranza musulmana in materia di libertà di religione, a parte il fatto che – per dire – io a David Irving lo lascerei perdere, a parte tutto ciò, ma se la legge in alcuni paesi europei usa due pesi e due misure, si denuncia la cosa e si prova a cambiarla. Si può perfino disobbedire alla legge (non sono un legalista, io), salvo assumersene le conseguenze. Quel che non si può fare, è quel che si sta facendo.

Poi de Benoist continua. E ricorda che fino a poco tempo fa in alcuni paesi europei si puniva la blasfemia: "e oggi [quei paesi europei] definiscono fanatici atteggiamenti che furono loro". Fa il bell’esempio (bello nel senso che gela un po’ il sangue) della volontà di sacrificare la vita: oggi per noi è solo fanatismo. Ma cosa suggerisce de Benoist, di essere un po’ più fanatici anche noi? Essendo stati fanatici gli Europei devono oggi rallegrarsi che altri lo siano? Non capisco.

O forse Alain de Benoist si vuole immolare, lui personalmente, per dimostrare agli altri che, perbacco!, lui una fede ce l’ha, che lui in qualcosa ci crede ancora? Anche in quel caso, comunque, so di dargli un dolore, non crederei in Benoist. E un po’ mi offende – che ci vuol fare?, sono suscettibile, benché la legge non tuteli questa ia filosofica suscettibilità – che Benoist pensi che chi non è disposto a immolarsi in ciò in cui lui crede è indifferente e non crede più a nulla. E mi offende persino che pensi che chi non crede in nulla è indifferente a tutto.

Però, alla fin fine, se vuole immolarsi, si immoli pure. Purché non immoli nessun altro con lui.

Ortofrutta

Io proprio non capisco. In Italia abbiamo Pera e gli facciamo la guerra?

Il gigantesco: le sue letture e i suoi burattinai. E, infine, Spinoza

Antonio Moresco scrive: "le grandi macchine mediatiche", gli "interessi giganteschi". E prima ancora che la sua opinione, mi viene da discutere questa cosa qua: le grandi macchine mediatiche, oppure: le grosse multinazionali, o anche l’Impero, eccetera. Indubbiamente le macchine mediatiche sono grandi, le multinazionali grosse, e l’Impero non è di limitata estensione. Ho come il sospetto che il problema sia il gigantismo in quanto tale, come diceva Heidegger ne L’epoca delle immagini del mondo (una lettura didattica): "Un segno di questo processo è costituito dal fatto che ovunque, nelle forme e nei travestimenti più diversi, si fa innanzi il gigantesco" (In nota: l’americanismo "è una variante, tuttora incompresa, del gigantesco".

Questa considerazione di Heidegger sul gigantesco – che apparentemente calcolabile si tramuta nell’incalcolabile che come un’ombra "si distende su tutte le cose", giunge alla fine del saggio. Heidegger aggiunge solo che la sua comprensione "ci è oggi vietata" (poi, in verità, anche se il rifugio nella tradizione non ha da essere la semplice e cieca "negazione della proprio epoca", è lì che cerca quel che "può dar frutti").

Da ciò traggo le seguenti riflessioni:

1. a me il rifugio nella tradizione, cieco o occhiuto che sia, non mi piace. Non questa o quella, ma la tradizione stessa come rifugio;

2. Heidegger diceva: il gigantesco si sottrae alla comprensione. Non so se sia vero, però almeno non prende il ‘da spiegare’ per ‘la spiegazione’;

3. ma è poi vero? Per esempio: piuttosto che rimpicciolire, non si potrebbe mostrare che a volte il gigantesco non è affatto l’opposto di ciò che è piccolo, ma è ciò che consente al piccolo di respirare un po’ (senza che la tradizione mi stia troppo addosso);

4. ho preso l’espressione di Moresco solo a titolo di esempio. Però, leggendo il testo, trovo ora che per lui, nella vicenda delle vignette, "non vengono contemplate altre possibilità di lettura degli avvenimenti". Ma è poi così? Io ne ho contate diverse, di letture, e in ogni caso mi domando in quale epoca del mondo, diversa da questa in cui dominano le grandi macchine mediatiche, vi siano state più letture. (Si potrebbe domandare persino: in quale epoca si è letto di più?). Certo, in questa faccenda, l’opinione pubblica ha un’opinione prevalente: ma lo si deve impedire? Nessuna opinione deve essere prevalente? Dobbiamo prendercela in generale con il gigantesco in quanto tale?

5. Moresco (semplifico) sospetta che dietro la levata di scudi occidentale ci possa essere qualche burattinaio: non sarebbe la prima volta. Poniamo che ci sia: e dunque? Poniamo che ci sia di qua e di là: e dunque? Cambio opinione per il solo fatto che coincide con quella del burattinaio? Certo, Moresco può ben dire che la questione è come quell’opinione si è formata, e ha ragione. Si tratta dunque di de-formarla. Ma come, se non con la libertà d’espressione e di critica? E non è questa l’opinione che sto difendendo?

6. se poi il burattinaio c’è, l’incalcolabile gigantesco lo abbiamo ben compreso, e a me questa idea di pareggiare l’evento del gigantesco (la ‘sostanza’ del nostro tempo) e la sua comprensione, mi pare ideologica almeno quanto quella che il burattinaio mi mette in testa. (Poi, siccome a me la politica non interessa quanto la metafisica, aggiungo e ricordo, con Spinoza: la sostanza non pensa, benché ogni pensiero sia (nel)la sostanza).

P.S. In effetti, le grandi macchine mediatiche non hanno adottato questa lettura. E nemmeno Moresco.