Dalla sapienza dei primi coloni greci fino ai romani, ai normanni e agli aragonesi, la terra di Sicilia ha sempre saputo nobilitare la cultura della vite. Accostando all’ebbrezza del bere il potere misterico dei riti e delle divinazioni, ne ha intessuto la forza naturale con la voce del mito, col presagio del Sacro. È come se fin dalle origini quest’isola si fosse resa dimora privilegiata per render manifesta una vera simbiosi fra i due elementi primari della nutrizione, al fondo dei quali giacciono maschere di divinità: la secchezza della terra, la sostanza umida espressa dagli umori del vino. Nelle Baccanti di Euripide, per bocca di Tiresia, l’indovino cieco, se ne ascolta la lode: «Tra gli uomini…le cose fondamentali sono due: la dea Demetra, cioè la terra…costei nutre i mortali con l’elemento secco. Colui che venne dopo, il figlio di Semele, contrapposta a quello, inventò e diffuse tra i mortali l’umida linfa del grappolo d’uva. Questa libera gli uomini infelici dal dolore, quando si saziano del succo della vite, e dona loro il sonno, oblio dei mali di ogni giorno, né c’è altro rimedio alle fatiche». Dioniso diffonde la coltivazione della vite e la produzione del vino. Sarà suo figlio Oinopione ad educare gli abitanti dell’isola di Chio nell’arte della vigna. E proprio a Chio, per poi propagarsi in tutto il mediterraneo, prenderà vita il primo vino rosso. O a dir meglio: mélas, nero, in greco. Quale vino più indicato dunque, se non il siciliano Nero d’Avola, per evocare questa origine?
Ricca di materia zuccherina e di estratti, l’uva Nero d’Avola – che fu probabilmente impiantata nell’isola proprio dai greci – è capace di dar vita ad un vino di rara corposità, forte e potente. In passato, quando ancora se ne ignoravano le virtù ed era andato perduto il ricordo degli antichi, veniva per lo più utilizzata come uva da ‘taglio’, allo scopo di fornire vigore ad altri vini di corpo più debole. Per questa ragione se ne esportavano grandi quantità anche all’estero, col risultato che il Nero d’Avola finiva per impreziosire la stoffa anche degli acclamati vini francesi. Solo in tempi relativamente recenti si è iniziato a sperimentarne la vinificazione in purezza, ed oggi può essere senza dubbio indicato come il più celebre e pregiato prodotto dell’enologia siciliana, nonché come uno dei vini italiani di maggior pregio. La sua diffusione nell’isola supera oramai di gran lunga le altre uve, mostrando caratteristiche organolettiche differenti in base alle varie aree di coltivazione: più ‘spesso’ ed aggressivo il vino prodotto nelle zone occidentali dell’isola, più fine ed armonico quello delle aree orientali. Soprattutto nel suo territorio d’origine – entro l’area definita dalle località di Eloro, Pachino e Noto – fra paesaggi di rara bellezza ed antiche vestigia, dagli eleganti profili greci alle rigogliose forme barocche, questo vino giunge ad esprimere al meglio le sue qualità. Ha carattere possente, rara concentrazione e ricchezza di frutto, mentre l’affinamento in legni pregiati ne rende ancor più intenso ed elevato lo spessore aromatico.
Il colore è di un brillante rosso rubino, dai riflessi violacei se il vino è giovane, e d’acceso granato con il procedere dell’invecchiamento. Quanto mai ampio il ventaglio olfattivo, ove agli accenti floreali (si sente la viola, soprattutto) s’intrecciano sentori di frutti di bosco (ribes nero, lampone, mora) e spezie orientali, ma anche sfumature balsamiche, cuoio, tabacco e cioccolato fondente. In bocca questo vino si espande con rotonda corposità, denso e carnoso, ben strutturato e di lunga persistenza.
Lo si beva con sottofondo di musiche della Grecia antica, ma anche apprezzando sonorità barocche. Un giusto connubio di lettura potrebbero essere gli Inni Omerici, o i frammenti dedicati alle religioni dei misteri, ma anche i mirabili affreschi della terra di Sicilia offerti dalle pagine di Verga e De Roberto. Si torni poi alla voce dei primi sophoi, celata fra i frammenti dei presocratici, e ancora una volta a Platone, alla ‘divina manìa’ evocata nel Fedro.
(L’autore è il giovane e già tragico filosofo Walter)