D’Orrico dice, sul Magazine del Corriere:
"Nell’estate del 2004, ‘improvvisamente’, lo scrittore Sebastiano Vassalli si è reso conto ‘che i grandi autori del secolo precedente: i Kafka, i Joyce, i Musil, i Céline, i Gadda, pur continuando a dirci molte cose della condizione umana, avevano cessato di essere ‘moderni’. Benvenuto nel Club, caro Vassalli, di quelli che più o meno improvvisamente si sono accorti che qualcosa non va più, che quegli autori, grandissimi, appartengono a un’altra dimensione e, in un certo senso, non sono più nostri contemporanei"
Antonio Moresco su Il primo amore, cita e replica:
"E’ una cosa piccola piccola, ma significativa. Finalmente l’hanno detta fuori dai denti, hanno mostrato quello che li rode! Hanno fatto un passo avanti davvero chiaro, dopo un uso tanto grottesco delle pagine culturali e delle loro sinergie, che va avanti da tempo. E’ qui che si voleva arrivare, a far fuori l’ingombro della grande letteratura che ci precede, la sua incontrollabilità e la sua forza di precognizione e di spostamento".
Poi aggiunge:
"C’è anche chi difende "Kafka & Co", (come Claudio Magris […]) ma con una postura umanistica e testimoniale rivolta soprattutto al passato, senza mostrare a fondo cosa c’è oggi, cosa succede oggi, di cosa c’è bisogno oggi, senza vedere quanto il nostro ruolo non debba esaurirsi nella difesa di un patrimonio culturale del passato, ma come sia qualcosa che continua ad avere ancora e sempre la sua necessaria e disperata urgenza”.
Fin qui starei con Moresco. Che poi però ci mette pure questo:
"Qui [in D’Orrico] invece si parla chiaro: "in Kafka & Co c’è qualcosa che non va più, appartengono a un’altra dimensione." Ben detto! Con questa idea mediocre, lineare, riduttiva e autoconsolatoria dello spazio e del tempo. E invece non solo "Kafka & Co", ma anche "L’Iliade", Dante, Shakespeare, Dostoevskij, Melville, Balzac ecc… ci sono infinitamente vicini".
E qui non sono più d’accordo. Primo: non mi pare sia problema di grandezza di Tizio o di Caio, del passato o del presente. Polemizzare su questo è mancare l’oggetto. Secondo: il problema è che Kafka & Co. per D’Orrico non sono più nostri contemporanei proprio perché non sono Shakespeare o Dostoevskij, Melville o Balzac (i quali sono sicuro che a D’Orrico appaiono più contemporanei di Kafka o Musil). Terzo: mettere insieme, in quanto grandi, Melville e Balzac, e Kafka e Musil, significa essere molto vicini, volens nolens, alla postura umanistica di Magris. Se invece si deve riconoscere a Kafka & Co la loro forza di spostamento è anche perché si sono spostati da Melville e Balzac (credo).
Sicché mi trovo a non essere d’accordo con D’Orrico (e come potrei esserlo? Musil non è più nostro contemporaneo? Che faccio, ridenomino il blog?), ma nemmeno con Moresco, che secondo me, aspri toni polemici a parte, finisce col non far vedere dove stia la forza di spostamento della letteratura del ‘900.
(grazie anche a georgiamada, dove ho trovato il pezzo di Moresco)