Dalla prima lettera di Oreste Scalzone agli studenti parigini

"Quando diciamo “un altro mondo”, diciamo dunque non solo fuori dallo stato, ma dal moto, dall’insieme di dinamiche, tendenze, controtendenze, risultanti… del modo di produzione e riproduzione della vita. Diciamo perciò prima di tutto una vita diversa, radicalmente. Diciamo fuoriuscire, ma questo esodo comincia dalla testa, dal desiderio, dai sogni e dalle lotte, dalle scommesse, ed è la base della possibilità di de/costruire, esorbitare, come un fiume che comincia col tracimare, poi esce dagli argini e finalmente li dissolve, per prendere un altro corso… Alla domanda se questo rivolgimento radicale è necessario, mi sembra si debba rispondere sì, è necessario".

In breve (la lettera è molto lunga) il mondo non è insopportabile, e ce ne vuole un altro. La sua possibilità viene articolata in maniera duale: 1. L’istanza immanente, il comunismo critico, prende figura di esodo da… 2. "Poi c’è la vita materiale, le condizioni dell’esistere, le ‘infrastrutture contestuali del vivere’. Ecco, lì si dovrebbe essere aperti al coro – plurale, come la biodiversità… – delle forme, dei modi d’azione, delle resistenze e delle offensive e controffensive, degli obiettivi, delle sperimentazioni, e anche inevitabilmente attenti al non eludibile rapporto di forza. L’articolazione di questa ‘dualità’ non è quella fra uovo oggi e gallina domani. Quella tra cosiddetto “pragmatismo”, terreno difensivo, “sindacalistico” e piano cosiddetto nobile, e al contempo sempre differito, sfuggente, inafferrabile, della “rivoluzionarietà possibile.

"E giusto che ci siamo, ci piacerebbe – ma siamo costretti a rinviarlo ad una prossima volta – dire due parole su quello che nel frattempo (mentre gli studenti francesi, cacciati ormai dalla Sorbona, si scontravano con lo Stato di polizia di Sarkozy e di De Villepin per le strade di Parigi) accadeva per quelle di Milano…" 

Ma questo è materia di una seconda lettera di Oreste Scalzone ai giovinotti di MIlano.

(Io so, non oso commentare, non vorrei sminuire, e poi il movimento si starà già interrogando)

3 risposte a “Dalla prima lettera di Oreste Scalzone agli studenti parigini

  1. Questo qui qualsiasi Mussolini se lo saprebbe comprare con una cattedra e una feluca. Non credetegli, è tempo di serietà e di impopolarità.

  2. Visto che sono Ministro degli Interni, posso usare il manganello (una volta sola, prometto)?

  3. utente anonimo

    scalzone non è mai cambiato di un millimetro fino ad ora , nè mai cambierà .
    uguale a se stesso.. però con qualche complesso di colpa in più.

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