Magiste riporta un bell’articolo di Lucetta Scarafia, che è andata a vedere Antonello da Mesina e ne scrive:
"questo imparegiabile maestro del ritratto ci fa quasi toccare con mano – nei sogetti sacri ma anche in quelli profani – come i suoi volti umani così intensi e speciali nascano dall’umanità dei suoi Ecce Homo e delle sue Madonne. Per interpretare il volto specifico e farci cogliere la sua personalità unica e irripetibile al di fuori di ogni tipizzazzione data da ruolo sociale ed età – operazione riuscita ad Antonello con una intensità forse ineguagliata – bisogna prima avere meditatto sul volto di Dio incarnato".
La tesi non è nuova (e Scarafia infatti comincia da Hegel): solo col cristianesimo, con il Dio che si fa uomo, con l’uomo ad immagine di Dio, "ogni essere umano nella sua unicità è anche infinitamente interessante e la sua vita, anche banale, assume un senso, e perciò Antonello e l’arte occidentale lo ritrae.
La domanda però è: quanti secolo ci vogliono perché dal Dio che si fa uomo si arrivi al ritratto (al ritratto dell’uomo "unico e irripetibbile" non del tipo del santo o dell’eroe), a "questa forma d’arte così poco diffusa al di fuori dell’Occidente, cioè dei paesi di matrice culturale cristiana – [che] nasce proprio da una tradizione religiosa che si fonda sull’Incarnazione, su un Dio che ha preso fattezze e debolezze umane"? Se ci vuole il cristianesimo per l’arte del ritratto, cos’altro ci vuole, visto che passano diversi secoli prima che quell’arte si affermi?
Si capisce allora che questa non è "un’altra prova, se ce ne fosse bisogno, che la cultura europea è impensabile senza l’apporto del cristianesimo e del suo Dio fatto uomo", ma è una prova, se ce ne fosse bisogno, che la cultura europea è impensabile senza molte cose, mica solo senza l’apporto del cristianesimo. Diciamo anzi: l’apporto del cristianesimo e un millennio e rotti anni di altra robba, perché si arrivi a ritrarre al naturale un uomo specifico e a cogliere la sua personalità unica e irripetibile.