Prosegue l’esplorazione della lingua italiana, dopo i saggi di traduzione forniti qui e qui. Il testo che presentiamo oggi (grazie anche all’indefessa ricerca di walter) ha valore di archetipo. Non è una traduzione, è l’intervento di Nunzo Incardona all’incontro promosso nel 1991 dal Giornale di Metafisica sul tema Metafisica e arché. Intervento che così inizia:
"Sussiste enigmatica nel recesso sempre futuribile della divisione da tutti i tempi del tempo e della differenza sempre incoata da questo stesso e dalla sua intrinsecazione a tutto quanto sta: ultimamente e fin da principio; immota nella contrazione identitaria del non essere posta a sé, ma in sé posta ad altro e così non incontraddittoriamente ma contraddifferendo; sé movente dell’involgimento delle sue segmentazioni che fissa la dynamis a se stessa e libera ogni internamento pur sempre dialektikòteron ma, appunto, per flessione discorsiva e non per atto separata da un suo estremo all’altro suo non opposto estremo e dunque come inanemente rastremata all’infinito nella durata imperscrutata e non percettibile dell’uscita perenne alla finitezza: e pure, così, assoggettata alla proposizione costitutiva del disfacimento dell’intero e alla pretesa del differimento come distanza ricostituita di ogni parte come totalità dell’intero diviso; e ancora prosènanchos impedita a se stesso e, così, come divaricata e sbalzata archèten fino agli inferi aorgici del principio ancora più oscuro e radicale perché contemporaneo alla solare vertigine delle radici spiantate, pure non bruciate, dall’horror mentis; e però impedita a se stessa e divaricata fino al primordio in ogni modo: che è questo così indeterminatamente determinato e determinatamente determinativo, segno sempre incoato della complessione prosènanchos archèten".