Premessa. (Che i tempi siano quelli che sono, lo dimostra il fatto che si rendono necessarie simili premesse). Per me, piazza Verdi è meglio sia pulita.
Ora, la domanda: c’è un punto di vista giudicando dal quale è un bene che piazza Verdi sia zozza? Può Michele Serra obiettare che i blogger sono alquanto ombelicali, che cambiano pochino oltre se stessi, che non sono ambiziosi ma pigri, ecc. e poi escludere che vi sia un punto di vista giudicando dal quale, eccetera? Secondo me, no. Secondo me, il primo riflesso di chi pensa (Michele Serra) che almeno prima a 19 anni si usciva di casa, si andava per il mondo, si provava a cambiarlo, si fondavano giornali, deve essere: e pazienza se si sporcavano i muri delle città (per non dire di peggio). Deve cioè essere: quel punto di vista ci può essere, era il nostro sogno e può continuare ad esserlo, ed è un peccato che oggi non sia nemmeno alle viste (anche se quel punto di vista comportava e comporta qualche muro sporco e qualcos’altro di peggio). Sicché, quanto a piazza Verdi, voglio prima sentire i ragazzi (e non: voglio prima la piazza pulita, e poi parliamo).
Però attenzione! ricordate la premessa! Io non dico affatto che a piazza Verdi ci sono le nuove leve della rivoluzione, o le nuove energie creative del domani. Dico che, se uno di piazza Verdi sa solo che si bivacca, non deve pensare per prima cosa a chi non può dormire causa bivacco, ma se il bivacco c’è per il sogno di qualcosa di più grande delle case tutt’attorno dove si vuol solo dormire.
Prima si bivaccava alla grande, e si sognava alla grande. Ora non si sogna, e si vogliono togliere i bivacchi. Siamo messi peggio? O credete di poter sognare senza bivaccare? Oppure a piazza Verdi e nei blog (ecco il punto) si bivacca senza sogni?
(Ma: e se non ci fosse più bisogno di sognare di prendere il potere per cambiare il mondo? E visto che poi non è andata così: se il mondo lo si cambiasse davvero – per quella parte che lo si può cambiare – solo se e quando si smettesse di sognare di cambiarlo? Si vuole prendere il potere e cambiare il mondo o si vuole solo sognare di cambiarlo? In effetti, quelli che volevano prendere il potere per cambiare il mondo, sono riusciti a fare in alcuni casi la prima cosa, ma mica la seconda. E se si giudica che almeno avevano il sogno, bisognerà chiedergli se in fin dei conti questo non sia se non il mondo che hanno sognato, forse quello che c’è ed è venuto fuori poiché – o mentre – essi hanno sognato ).
Mi sembra il solito discorso: ogni generazione dice di quella successiva che non ha ideali oppure, se proprio è manifesto che questi ideali ci sono, che non li esprime oppure, se proprio è manifesta che questa espressione c’è, che li esprime nel modo sbagliato.
Posso usare una espressione abusata? Lo so che è brutta e che non significa nulla, ma io la dico ugualmente. Gap generazionale.
Ma poi, quando si parla di blog, a cosa ci si riferisce?
Voglio dire, il Blog non esiste, non è un fenomeno unitario: una galassia di molte realtà diverse. Beppe Grillo ha un blog, e così anche Azione Parallela e Malvino, ma anche Marcello Pera ha avuto un blog. E anche Roundhouse Kicks è un blog, che raccoglie le magnifiche gesta di Chuck Norris. E poi c’è il blog del ragazzino che scrive dei mondiali, e quello della ragazza che parla della scuola, dei ragazzi, dei genitore. E così via.
Una definizione unica non c’è, e a questo punto dubito pure delle somiglianze di familia à la Wittgenstein…
Io sono quello che dorme sull’amaca per solidarietà; Michele Serra non ha detto che le giovani generazioni non hanno ideali; ha detto che non le conosce, e che gli piacerebbe leggere un giornale scritto da trentenni, ma purtroppo i cinquantenni, i sessantenni, i settantenni non glielo consentono; ergo, se il mondo prima era più bello (ammesso e non concesso) lo era anche perchè tanti trentenni potevano iniziare l’avventura di un nuovo giornale, “la Repubblica”, il cui direttore era cinquantenne, cosa che oggi, in Italia (chissà in Cekia), non è possibile;
ora, è anche così che si crea e si rafforza il cosiddetto “gap generazionale”. Il cinquantenne non ha modo di conoscere il mondo dei trentenni, perché ai trentenni non è dato modo di esprimersi.
A me, che ai cinquanta mi avvicino, dei trentenni non me ne frega nulla: già hanno la fortuna di avere solo trent’anni, cos’altro vorrebbero ancora? E che, tutto a loro? Che almeno soffrano di precarietà, di emorroidi giovanili, così la mia invidia s’acquieta. Poi dicono, piangono: “così non posso farmi una famiglia” (non nel senso di Troisi), e dicendolo ridono tra sé perché di “farsi una famiglia” non hanno proprio alcuna voglia, solo che c’hanno pure la giustificazione sociale, li dobbiamo pure compatire.
L’invidia mi strugge, mi rode… la prostata ulula… vado a prendere la pillola per la pressione.
Ivo, hai ragione. Ma mettici anche un po’ di semplificazione, mia e di Michele Serra. Il punto su cui ha insistito è: finché non vedo costituirsi identità e appartenenze, fisiche ed effettive, determinate dalla fruizione della rete.
Uomo dell’amaca, però Michele Serra non diceva solo che i 50enni non consentono ai 30enni, ma che i 30enni non si sbattono abbastanza: (forse perché non hanno più gli ideali? forse perché hanno un genitore 50enne perissivo e di sinistra che gli rende la vita comoda?, si chiedeva)
cioè, una volta le identità e le appartenenze fisiche ecc erano determinate dal fatto che non ci fosse la rete? o che ci fosse la stampa? e vogliamo parlare del ruolo del ciclostile, che io me lo ricordo da ragazzino??
a precisare si capisce ancora meno 🙂
(e il telefono? è il tram? avanti, in che modo il tram ci ha resi sinceri democratici? non l’ha fatto, ecco la verità! i tram non servono, sono un’illusione! ah, coi calessi sì, allora si parlava ai cavalli…)
bg
Leggetevi “Il passato davanti a noi” di Bruno Arpaia: nostalgia canaglia.
Rocco Pierri