Archivi del mese: novembre 2006

Carinerie

Come può un filosofo dire di un collega che è un fottuto idiota? Così: "E’ curioso [oppure: "E’ interessante] che il mio collega X pensi che io affermi p quando chiunque può vedere che io affermo in realtà q". Ancora meglio sarebbe premettere qualcosa come "Adoro X quando pensa che…".

Di insulti tra filosofi si occupa tal Joe Salerno. Il suo post è segnalato in coda al Philosophers’ Carnival # 39.

Gauche e Gauchet

Ségolène Royal: la decomposizione del mitterandismo. Uno si aspettava che dal mitterandismo i socialisti sarebbero usciti sul piano della dottrina, e invece… e invece tutto si è giocato sul terreno dell’immagine e del simbolo. La vera forza della Royal sta nell’aver colto la profonda crisi d’autorità che attraversa la società francese, e nell’incarnare la giusta misura di scetticismo nei confronti della classe dirigente del paese. Poi dice cose che è difficile tenere tutte insieme, però forse, proprio perciò (perché parla ogni volta a pezzi diversi della società, senza inventarsi una sintesi politica) questa cosa può funzionare (a condizione, ovviamente, di non metterla per iscritto!). Può andare bene o male, può sgonfiarsi oppure no, ma di certo Ségolène è espressione di un  rigetto della politica tradizionale che è palpabile.

(Libera sintesi di alcune opinioni espresse su Libération dal filosofo Marcel Gauchet, che ha pure un blog dedicato)

Ginocchioni

Derrida. per esempio. Uno dei più grandi filosofi del ‘900. L’unica critica che gli si può muovere, è che a volte diceva certe cose in ginocchio: ecco, non è bello.
aggiornamento. Visto che nei commenti si segnalano altri video (Heidegger e Zizek), non vorrei che vi perdeste il filosofo sloveno, Zizek appunto, che spiega cos’è la filosofia. A letto.

Ho una strategia

Alle prossime Olimpiadi di Pechino (2008: abbiamo un paio di anni scarsi per prepararci), un’ondata di attentati terroristici. Bombe, kamikaze, spari sulla folla, assalto al villaggio olimpico: cose così (non sono un tecnico, non saprei calibrare rigorosamente gli interventi). Poi: rivendicazioni di democrazia sufficientemente attendibili, un po’ di indipendentismo tibetano, la riesplosione del problema Taiwan (se c’è dell’altro, ben venga). Segue orchestrata (ma non poi tanto: la cosa verrebbe da sé) campagna di stampa contro i pericoli di investimento in un paese con forti problemi politici.

Che ve ne pare: destabilizza l’ordine mondiale o invece funziona? Funziona, dico, per frenare un po’ la corsa economica del gigante cinese, e non sentire noi occidentali sul collo il fiato del dragone? (Con l’India, la stessa strategia andrebbe a nozze, con tutti i problemi che hanno).

Una precisazione: non accetto obiezioni moralistiche basate su cose tipo i costi umani. Se poi mi si dice che la concorrenza economica è pacifica, rispondo: certo, per ora. Ma dico: non vorrà l’Occidente svegliarsi troppo tardi? Non vogliamo far credere al mondo che siamo imbelli? (E poi non sto proponendo una guerra, solo di dare qualche primo segnale).

Beh, funziona? La so fare la guerra, o no? (E’ che mentre Giuliano Ferrara si accalora, io mi sono stufato di cincischiare con i musulmani, e punto al bersaglio grosso: la Cina, intendo. E comunque, magari, qualcuno ci sta già pensando).

Most cited

Lista dei prominent books on ethics a far data dal 1960, sulla base della Stanford Encyclopedia of Philosophy. John Rawls piazza il primo e il terzo libro. Sul podio con lui Robert Nozick. Non ci sono molte sorprese, nel senso che i libri che mi aspettavo di trovare ci sono tutti. Ovviamente, ciascuno se la canta e se la suona: anche la Stanford. Non è che sia un filosofo che ami molto,ma un posticino a J. Habermas per esempio l’avrei trovato. e invece il posticino ce l’ha, ma solo nella lista degli ethicists. Score: 28. Primo è ancora Rawls, e lo score è 93. Non c’è partita.

Passiamo alla lista dei filosofi del linguaggio/della mente. Svetta solitario Jerry Fodor (score: 148), il che per me è abbastanza inaccettabile (Kripke, per dire, ha uno score di 33, e lo stesso autore della lista se ne meraviglia un po’). Secondo Dennett, terzo Block. Per i libri, di nuovo qui, il terzetto di testa è formato da Chalmers, Kripke (che si prende la sua rivincita), Dennett. Fodor scivola al quarto posto, e per me poteva scivolare anche di più.

In nome di Dio

Nuovo numero di Left Wing. Il sottoscritto è stato esonerato. Se avessi scritto, mi sarei occupato del pregevole articolo di Gianni Baget Bozzo, apparso su Il Foglio di venerdì 24 novembre, dal titolo La libertà degli atei devoti. Non sto a dire perché lo trovi pregevole (il che ovviamente non significa che lo condivida). Dico solo che, se ne avessi scritto, avrei cercato di sostenere (un po’ provocatoriamente, lo confesso) la seguente tesi: solo in nome di Dio uomini possono muovere guerra a altri uomini. In caso contrario, la guerra non può avere che un significato esclusivamente nichilistico. E dunque, a meno che non siate utopici (cioè stolidi) pacifisti, o peggio nichilisti confessi, vi occorre Dio.

(Ma non dico altro, perché magari per lunedì prossimo non mi viene in mente niente e il pezzo lo scrivo lo stesso). 

Piacere e dispiacere

Il bel programma (pdf, pesantuccio) dell’incontro, organizzato dalla Biblioteca Nazionale d’Algeria, Sur les traces de Jacques Derrida, tenutosi ieri e l’altroieri ad Algeri, a due anni dalla morte. L’eco sulla stampa internazionale, finora, non mi pare sia stato granché. E mi dispiace.

(Però il coordinatore scientifico del colloquio, Mustapha Chérif, riferisce per esteso  nel suo blog – che piacere!: questo islamologo e filosofo algerino ha anche un blog -, sul contenuto di un altro colloquio, quello con Benedetto XVI in udienza privata! Tra le altre cose, Mustapha Chérif si intrattiene sulla differenza fra guerra giusta – di difesa – e guerra santa, che non sarebbe contemplata dal Profeta. Benedetto XVI pone invece l’accento sui pericolo della secolarizzazione galoppante. Sul blog è riportata anche l’eco che l’incontro col Papa ha avuto sulla stampa).

My Lord

L’articolo di Ralf Dahrendorf che segnalo non è granché. Però il passaggio seguente è interessante:

"Why has religion returned to secular and democratic politics? The main reason is probably that the enlightened countries of the world have become unsure of their values, even of the Enlightenment itself. A moral relativism has spread, leading many to accept the taboos of all religious groups in the name of tolerance and multiculturalism" (seguono esempi).

Perché è interessante? Ma perché i religious groups sono in prima fila a combattere quel moral relativism che sta consentendo il ritorno religioso. (In verità, non c’è bisogno di essere Lord per notare la cosa: mi pare che Vue sostenesse in neretto qualcosa di analogo, qui)

Trotterellando

Ho dato un’occhiata al documento preparatorio della tavola rotonda sul tema: que peut la philosophie dans le monde arabo-méditerranéen, organizzata dall’UNESCO che tiene da qualche anno una giornata mondiale della filosofia. Non è che non veda l’importanza politico-culturale di portare un centinaio di filosofi in Marocco, a Rabat, a discutere di multiculturalismo, condizione umana, condizione femminile, cittadinanza, diritti umani, società aperta, cultural studies, revival religiosi, e via di questo passo. Però mi torna in mente quel che Cavazzoni diceva, a Sora, dello scrittore: che è un animale che non può vivere in un branco, in un gruppo. Non vi fa ridere la frase: "sette scrittori andarono a cena nel ristorante sul lago"? Lo stesso dicasi dei filosofi: "trentatre filosofi andarono al cinema tutti e trentatre trotterellando".

Messa da parte questa sciocca riserva, le domande preparatorie fanno un po’ tenerezza. Che deve fare la filosofia, si chiede? Ci son troppe cose che alla filosofia non andrebbero giù, nella tradizione del mondo arabo che ancora dura e perdura: si tratta di far piazza pulita o di tenerne conto, di mediare? Deve la filosofia tenersi a distanza dalla realtà o contribuire al suo cambiamento effettivo? E via di questo passo. Io la metterei così: evitiamo di considerare filosofi coloro i quali non solo accettano la domanda, non solo accettano il dilemma, ma provano pure a rispondere.

Invenzioni e domanda

"Il fatto è che gli animali ci insegnano se non altro il carattere irriducibilmente esteriore della morte, benché si diano la morte necessariamente gli uni con gli altri: la morte in quanto cattivo incontro inevitabile nell’ordine delle esistenze naturali. Ma essi non hanno mai inventato questa morte interiore, questo sadomasochismo universale dello schiavo-tiranno" (Deleuze, Spinoza. Filosofia pratica, Guerini, 1998, p. 22).

(Domanda: un pensiero come questo rientra nella political correctness, si ode in tv, si legge sui giornali?)

Proposta indecente

"Vi propongo nulla di meno che una generale e massiccia partizione dell’esistente in due grandi gruppi o classi: da una parte gli esseri viventi (o le sostanze) e dall’altra i dispositivi in cui essi vengono incessantemente catturati" (Giorgio Agamben ripreso da Tiziano Scarpa ne Il primo amore).

Rifiuto la proposta: è troppo ingenua.

Fassino non c'entra

Armando Torno dà conto delle polemiche suscitate da Giovanni Reale, sui presocratici e l’imperante (un tempo) marxismo. Reale precisa la sua accusa: il modo in cui Giannantoni ha riprodotto Diels-Kranz, con tagli e omissioni, "ha l’effetto di svuotare le idee forti di codesti autori [i presocratici]". Straordinario Reale: è riuscito a scovare la "vecchia tattica". I presocratici avevano le "idee forti", e il superficiale Giannantoni gliele svuotava. Carogna. Ma Togliatti? Ma i comunisti? Uno vorrebbe chiedere a Reale: e quali sono le forti idee presocratiche che davano fastidio a Togliatti, che non sono presentate a tutto tondo nell’edizione Giannantoni? Ma a intervistare quel colosso della filosofia antica che è Giovanni Reale (così lo presenta Torno), è quel colosso del giornalismo culturale che è appunto Armando Torno, e così la domanda a Reale non viene posta. Però Torno chiede a Mario Vegetti (di cui si cita la monumentale edizione della Repubblica in corso di pubblicazione, ma presentandolo come un professore di Pavia sembra che il suo formato sia dieci volte inferiore a quello del grande Reale, ed è invece cento volte maggiore) – Torno chiede a Vegetti, e Vegetti (immagino sorridendo) dice che è assurdo. Poi Torno chiede pure a Roberto Radice e Roberto Radice aggiunge: nulla so del ruolo dei comunisti, però anche il più piccolo frammento può essere rivelatore, anche il capro omesso da Giannantoni. Radice ha ovviamente ragione, ma altrettanto ovviamente non si preoccupa minimamente del capo d’accusa ideologica, poiché non ne sa nulla e non c’entra nulla. Ma Torno di nuovo non domanda. Aggiungiamo pure che: non ogni libro è per ogni uso. Avendo tradotto una ‘selezione’ dell’epistolario cartesiano, ed essendo iscritto ai DS, vorrei mettere le mani avanti: nessuno accusi fra 40 anni Fassino per le incredibili omissioni della mia traduzione!

(Poi Torno conclude con un paio di porcherie: prima, la citazione dell’ateo Onfray – infilata lì solo per dimostrare che tutto si può discutere e vedete come sono aperto, ma senza un cenno al fatto che Onfray non è un antichista e dunque non c’entra un bel nulla; poi, l’affermazione che gli è aumentata enormemente la stima per Togliatti, nonostante l’atteggiamento di chi lo difende. Che è una porcheria perché non c’è un rigo nel suo articolo che giustifichi questo incremento di stima, il che significa che la cosa è di nuovo messa lì per far vedere che lui sì che è veramente aperto di mente. Che pena). 

I comunisti non mangiano più i bambini, ma i vecchietti

Molto si discute di eutanasia. Ma nessuno era ancora arrivato a sospettare che, anche lì (non solo coi prescratici), il problema fosse il comunismo. Ora mando una mail a Serra per segnalargli la cosa, ma l’illustre senatore Gaetano Quagliariello, tra le tante cose che avrebbe potuto dire, sceglie di dedicare la sua verve intellettuale prima ai tempi di discussione (perché diavolo stanno tutti lì a parlarne, perché questa urgenza di legiferare? Meglio sopire, meglio tacere) poi a quel "residuo culturale" di "mentalità comunista", "che vorrebbe imporci oggi felicità per altra via: se non possiamo esser felici perché tutti uguali, quanto meno cerchiamo di esserlo mettendo nelle mani dell’individuo [lo vedete il comunismo?] il diritto di agire senza limiti sull’origine e sulla fine della vita, di condurre un’esistenza che non tenga conto di alcun fondamento [è noto che i fondamenti disponibili sono tre o quattro]: né dove andiamo né cosa lasciamo".

Perché in fondo cosa vogliono questi comunisti infiltrati nei laboratori? "L’abolizione della morte come fenomeno naturale" – che è tutto quello che i "costruttori di utopie" possono chiedere oggi, non potendo per decreto abolire la caduta dei capelli.

(Quagliariello dice: che follia, fare una legge in faccende di finesse, in cui tutto deve risolversi nel rapporto medico/paziente. Il che mi fa pensare che potrebbe essere d’accordo con una legge che dica che tutto si risolve nel rapporto medico/paziente, di modo che quando questo rapporto porti a scegliere l’eutanasia, nessuno finisca in carcere)

Una buona notizia

Ieri si è svolta la prova orale del dottorato di ricerca. Come ho segnalato le mie perplessità sullo scritto, così segnalo la mia soddisfazione per lo svolgimento dell’esame orale. Esame vero, al termine del quale hanno vinto la borsa i due studenti che hanno effetivamente dimostrato una maggiore propensione alla ricerca, e una più solida preparazione. Incredibilmente, nessuno si era scomodato per segnalarceli, e credo che i due vincitori siano abbastanza sorpresi pure loro.

Per rinfrancar lo spirito tra un enigma e l'altro

Michele Serra su Togliatti e i presocratici.