" […] Non è casuale che le due reinterpretazioni più creative della categoria di biopolitica – quelle di Giorgio Agamben e di Roberto Esposito – tendano entrambe a dare al nazismo proprio quel rango di fenomeno esemplare che Foucault, come abbiamo visto, non si sente di dare. Nel caso di Agamben, che intende esplicitamente mettere a confronto la riflessione politica di Foucault con quella di Hannah Arendt, l’elemento politicamente centrale per definire la biopolitica è l’affermarsi (o piuttosto il riemergere) all’interno della politica di una zona di indistinzione tra i poli dell’eccezione e della norma, secondo una logica il cui modello paradigmatico è il “campo” (di concentramento, di internamento, di smistamento dei flussi migratori…), cioè una struttura di potere che produce la “nuda vita” ridotta ai suoi aspetti puramente biologici. Nell’epoca di Guantanamo e dei campi di soggiorno per i “clandestini”, quest’interpretazione ha senz’altro elementi di suggestività, ma mi sembra semplificare fortemente il tipo di problematica che emergeva dal discorso di Foucault. Per contro, Esposito rilegge l’intera problematica della bio-politica a partire da una categoria al tempo stesso medico-biologica e giuridica, quella di immunità. La “biopolitica” è quella politica che si fa carico dei processi biologici in quanto i corpi viventi vengono considerati come esposti alla malattia, al contagio, al richio della contaminazione, e perciò bisognosi di una protezione e di un controllo che è l’unica possibilità per garantirne l’identità e il benessere. Da questo punto di vista, diviene abbastanza facile attribuire un’esemplarità al nazismo la cui “tanatopolitica” sarebbe l’esempio di un uso assolutamente rigoroso del paradigma immunitario, l’analogo politico di una malattia auto-immune. È chiaro però che questa declinazione del tema della biopolitica assolve rispetto al presente compiti di natura prescrittiva più che di natura diagnostica: essa individua i meccanismi teorici generali che conducono a una deriva “tanatopolitica” e suggerisce le linee per una loro critica bio-filosofica, più che individuarne la continuità storica o l’eventuale presenza attuale […]".
L’autore di queste righe, Francesco Piro, mi ha autorizzato a darvi a spizzichi e bocconi il suo saggio sulla biopolitica in corso di pubblicazione su Filosofia e Teologia. Capisco che faccia gola a molti pubblicare su Azioneparallela, ma io finora mi ero praticamente astenuto dal proporre testi, miei o altrui (un tempo c’era il capodivisione, per questo, ma non ne vuole più sapere). Domanda, questa svolta scientifica interessa a qualcuno?
(E interessa a qualcuno questa riflessione sulla biopolitica? A me sì, ovviamente)