Spiego,dopo la replica di Malvino, il senso della mia contestazione, che non m’importa molto di dettagliare qui storiograficamente (per quello, basti qui precisare che è Aristotele, per certe sue ragioni, che chiama i primi sapienti theologoi, non io). Quando tu dici teologia, ti riferisci per lo più alla teologia cristiana, e te la prendi, mi pare, con la riserva di filosofemi alla quale la teologia ha attinto per costituirsi così come si è costituita. A me preme invece che si veda che quei filosofemi non sono nati per servire la teologia, che prima della filosofia c’era la te(i)ologia, c’erano gli dei e i semidei, i miti e gli eroi, e che i cosiddetti teologoi non erano precisamente dei filosofi (e ovviamente nemmeno degli scienziati). Aggiungici pure che i filosofi per certe loro impertinenze han pure rischiato brutto, inseguiti dal sospetto di empietà (ancor prima di Socrate, il che lascia pensare che essa sia costituzionalmente sospetta, e ambigua, e inaffidabile), e converrai che per me la contestazione era dovuta.
Poi, certo, la filosofia è considerazione pensante dell’origine, dell’arché. Tu insisti nel ritenere che così lascia un atout in mano alla teologia. Può darsi. Forse questo dipende dal fatto che la teologia quell’atout se la prende comunque (fa il suo mestiere) – se la prende anche dalle mani degli scienziati, se è per questo; ma il filosofo, lui, pensa comunque che dare l’atout alla teologia (trovar lì la risposta) è ostruire il pensiero, anziché dargli buon corso.
La storia dell’analista. Certo che l’ho tirato in ballo io, so bene che non c’era nel tuo post. Ma mi serviva come esempio (e l’esempio doveva essere prelevato da un campo che tu non disdegni) di una pratica (terapeutica) che non lascia (i pazienti) con delle risposte – senza che per questo si possa dire – per come almeno la vedo io – che per questo li lascia senza nulla fra le mani. Tu per esempio stai lì a chiederti perché, vuoi una risposta che sia una risposta, e quelli invece tacciono, e alla fine riesci solo a capire che di quella risposta non c’era affatto bisogno. Che si può fare senza. (Che c’è un’arte del fare senza). Allora vedi pure perché mi sono chiesto se la non risposta filosofica (la non risposta, certo: o preferivi che dicessi apertamente il falso, e ti vendessi risposte filosofiche che, come tali, sono solo chiacchiere o addirittura scemenze, e tu hai ragione a trovare che siano solo chiacchiere e scemenze e modi per menare il can per l’aia) – mi sono chiesto se la non risposta filosofica non sia dalla risposta teologica più lontana ancora della risposta scientifica (ovviamente, è un po’ retorica dire ‘più lontana’: mi basta che si veda la lontananza).
La filosofia pensa l’origine, ma questo non significa che pensa l’origine per determinarla come tale (per dargli un nome, per fargli fare un po’ di cose che non sappiamo fare o non sappiamo come si siano fatte o per fargli fare cose che vorremmo che qualcuno avesse fatto o facesse per noi). La filosofia è una faccenda più seria. Per me, pensa l’origine proprio per cancellare tutta questa roba che ho messo tra parentesi – che son tutte risposte che la filosofia non dà, che non deve dare, che deve non voler dare.
Poi, ci si può stracciare le vesti e gridare che pure questa è teologia, anche se negativa. Raffinatissima (o dozzinale) teologia negativa.
Al che non ho da rispondere altro se non questo: guardate, se vi piace chiamatela teologia, fatela alleata di chi volete, non è che io ci perda il sonno. Ma una cosa so: è una roba assolutamente, infinitamente positiva. (E di nuovo: proprio per questo ‘infinito positivo’ certe alleanze riescono in linea di principio – storicamente è un’altra roba – complicate assai).
(Un’ultima cosa, che altrove abbiamo già sfiorata: tu chiami invincibile un esercizio su cui non ha presa la logica da mercatino dell’usato. Me la tengo, questa cosa, con tutta la tua ironia. A patto però che s’intenda che invicibile è qui non chi vince sempre, ma solo chi non è vinto – e non è vinto proprio perché nemmeno intende vincere).
A ffdes: in tutta questa discussione, in cui cerco di complicare le cose con la filosofia, mi perdonerai se me le semplifico (e molto) con la teologia.
Una domanda della serva, partendo dal presupposto che di filosofia non capisco un’ostrega: ma per i Greci dell’età arcaica, vale a dire Omero ed Esiodo, si può compiutamente parlare di teologia? Voglio dire: Esiodo ed Omero parlano di dei, e questo è certo, ma raccontano, nella maggioranza dei casi, miti. Ora, il mito non è una teologia, è un racconto tradizionale e prerazionale, per certi aspetti, una interpretazione alternativa della realtà sensibile attraverso stilemi che non sono quelli del logos. Sia in Omero che in Esiodo ci sono sì accenni di riflessione sui concetti di giustizia/ingiustizia, colpa/punizione legati al destino ed all’esistenza degli dei (esempio: Odissea 1, 32 ss “Ma incolperanno sempre gli uomini gli dei delle loro disgrazie?”). Ma basta questo a farne dei teologi? O dei filosofi?